Doppio gioco

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Finalmente raggiunsi la taverna sulla strada per Tegea.

Il giorno volgeva al termine imporporando il cielo. Anche le cicale pareva godessero di quel momento, restando in silenzio. La campagna, adesso, sprigionava più intensamente i suoi profumi.

Pochi passi mi separavano dal piano; le montagne, superate a fatica, incombevano a levante, dietro le mie spalle. L'ultimo sole segnava i miei passi.

Raggiunsi lo spiazzo antistante l'osteria. La taverna vera e propria era un grosso edificio di forma quadrangolare, coperto a terrazza. Numerose tavole erano poste all'ombra di piante di fico. Pochi posti erano ancora vuoti. Al centro un enorme focolare accoglieva gli spiedi per le carni; due uomini attendevano alla cottura. Dalla porta principale entravano e uscivano diverse persone portando ceste e stoviglie.

Volsi lo sguarda fra gli avventori per cercare il mio uomo.

Presto lo trovai. La fierezza del portamento e le vesti ne tradivano la provenienza.

Lo spartano se ne stava in un posto leggermente defilato, seduto su di un cippo di pietra posto dietro un banco di legno. Altri due sedili del medesimo tipo completavano quella rustica mensa.

Mi diressi verso di lui alzando la mano in segno di saluto. Rispose con un cenno quasi impercettibile.

"Agide?"

Annuì.

"Hai un nome importante, di un antico re del tuo popolo".

"Molti della mia famiglia l'hanno portato".

La sua voce era ferma. Continuò:

"Perché mi cerchi?"

"Perché voglio conoscere la verità".

"La verità? A che pro. E' una vecchia storia e la verità è ormai ciò che la gente pensa, non ciò che è realmente accaduto."

"Sbagli", risposi "O, perlomeno, nel mio caso. I voglio conoscere, non voglio sentir dire".

"Ma anche da me sentirai".

"Si, ma tu c'eri, tu hai visto."

"E sia, ma ad una condizione, ciò che ti dirò non dovrà essere divulgato".

"Ma..." provai ad obbiettare. Con un cenno di mano mi interruppe:

"Ho promesso al nostro comune amico che ti avrei incontrato, ho promesso che ti avrei rivelato alcune cose per tua conoscenza, ma questa è la mia condizione. Avevo un debito d'onore con lui e questo favore lo estinguerà. Tuttavia non posso permettere che altri possano venire a conoscenza di fatti che sono ritenuti strettamente riservati e coperti da segreto di stato. Devi promettere. Qualora accettassi sappi che, se tradirai la parola data, io ti troverò e allora il tuo cammino su questo mondo finirà in quell'esatto istante."

Esitai, ma infine sospirai un "Prometto".

"Bene, ordiniamo da bere a da mangiare per non dare nell'occhio e poi inizierò il mio racconto."

Dopo qualche tempo ci furono serviti carne, pane e olive e del vino resinoso.

Affamato, cominciai a mangiare, il mio interlocutore esitava, poi prese a parlare, fissando dritto i miei occhi. Riuscii a sostenere il suo sguardo solo per pochi istanti.

"Ricordo il giorno che tutto iniziò. Nella mia citta si stavano festeggiando le Carnee. Come ben sai, per nostra usanza, durante il periodo della festa nove tende vengono piantate fuori dalle mura e nove uomini per ciascuna tenda vivono agli ordini di un Araldo per nove giorni, come in un campo militare.

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