∼ Nives ∼
Correvo senza sapere nemmeno più da quanto tempo mentre i rami mi graffiavano la pelle e le fronde degli alberi mi schiaffeggiavano in viso, eppure non sentivo dolore, non percepivo la fatica. Pensavo solamente a correre, no, a fuggire. Era questo che stavo facendo, ma mentre le gambe cercavano di portarmi il più lontano possibile, la mia mente era rimasta ancora lì, ad assistere a quella scena inerme, col terrore nelle ossa e la rabbia nelle vene. Ad assistere allo sguardo implorante di mio fratello che mi pregava di scappare, mentre sullo sfondo quelle fiamme violente stavano divorando la mia casa, la mia famiglia, la mia vita.
Così non potei far altro che voltarmi e cominciare a correre. Qualcuno avrebbe potuto chiamarla codardia, qualcun altro l'avrebbe chiamata paura, io quel giorno non potei far altro che chiamarla sopravvivenza. Non avrei mai abbandonato mio fratello, né gli altri, non c'era purtroppo però assolutamente niente che potessi fare, solo la fuga.
Qualcosa mi fece inciampare e caddi a terra, una radice, mi rialzai e ripresi a correre e nella corsa rividi l'incendio, risentii le urla e le grida di terrore della gente del mio villaggio, persone che conoscevo da sempre che si dimenavano e scalpitavano mentre quelle fiamme maledette crepitavano e bruciavano loro la carne.
E questo non sarebbe potuto essere possibile.
Caddi a terra per la seconda volta, nessuna radice sporgente dal terreno però era stata a bloccare la mia marcia. No, questa volta, la spossatezza e lo sfinimento erano arrivati a fare la loro parte. Mi alzai e ricaddi a terra. Mi rialzai di nuovo.
Né mio fratello, né i miei genitori, né tutta quella gente sarebbe dovuta morire quella notte se quel fuoco non avesse avuto in sé qualcosa di sbagliato, in quel momento in cui il terrore cominciava a lasciare spazio alla stanchezza mi apparve tutto tremendamente chiaro. Fu così che mentre correvo nel silenzio della notte maturò in me un'idea, un'idea che si fece lentamente largo attraverso i pensieri fino quasi a diventare una certezza e cioè che quel fuoco fosse stato indotto da qualcuno, che ci fosse qualcuno là fuori a conoscenza della nostra natura e la quale questa non fosse gradita. Qualcuno che ci voleva morti. Ripensai alle parole di mio fratello.
Caddi a terra senza più avere le forze per rialzarmi, ma mentre le membra intorbidite rimanevano immobili e le palpebre cominciavano a chiudersi promisi a me stessa che se quella notte non avevo potuto far nulla per impedire tutto questo avrei almeno reso giustizia alla mia famiglia. Avrei avuto vendetta per loro e per quella povera gente e reso quel che spettava a coloro che col fuoco si erano fatti beffe dei padroni stessi della sua essenza: la razza dei draghi.
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Luna di Alabastro
FantasyLa storia tratta di una giovane ragazza di nome Nives e del suo desiderio di vendetta e di rivalsa verso la sua famiglia e il suo popolo che dai tempi antichi è stato quasi condannato all'estinzione, ed oggi considerato da alcuni solo una leggenda...