Capitolo undicesimo

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Mia madre aveva una serva che non era il massimo dell'intelligenza. Pensava di diventare una scrittrice ma i suoi resoconti erano così scadenti che usavamo le sue lettere per confezionare la frutta da portare via. Non era alta. Se va bene raggiungeva il metro e trenta. Piuttosto in carne e con un volto deformato che faceva rabbrividire persino i gatti selvatici. Si chiamava Valentina. Ovviamente per ridere ascoltavamo i suoi racconti puerili e privi di sostanza. Ma quando andava a letto, mia madre senza peli sulla lingua, commentava con le sue amiche e frate Riccardo. 

- Ma pensa te. Vuole diventare scrittrice...

- Ma non ha nemmeno la grazia di una donna e l'intelligenza di un uomo. 

- Ma chi vorrebbe uno scherzo della natura simile? 

- Bisognerebbe farle passare certi pensieri. 

Frate Riccardo che era presente decise di porre una soluzione più che valida. 

- Potrei occuparmene io. Ma avrei bisogno di denaro. Dovrei far leggere a tale creatura il Tom Jones di Fielding. Bisogna saper educare queste persone con la lettura di buoni libri. Ovviamente ne sarei grato. 

Mia madre senza fare troppe riflessioni acconsentì. E diede una cinquantina di monete d'oro. 

Valentina quindi prese il posto di Clarissa ignara del trattamento che avrebbe subito. 

Alla mattina il frate si presentava dalla ragazza. In camicia da notte era mezza addormentata. Il frate obbligava la lettura di un capitolo del libro di Fielding. Poi con un tono minaccioso trovò la scusa che l'anima era perduta. 

- Vi sembra una lettura che una donna debba fare? 

- Ma Frate Riccardo mi avete obbligato...

- Non osa contraddirmi! Inginocchiatevi! Subito! 

Valentina s'inginocchio. 

- Sapete slacciare i pantaloni? Slacciatemi i pantaloni e toglietemi le mutande. Prendente in mano il castigo divino di noi uomini ossia il mio serpente rugoso. Dopo gustatelo per espellere il male dell'Universo. Non dovrete preoccuparvi se lo sentirete come un marmo di Venezia. 

La ragazza ubbidì. Quando il serpente diventò grosso e liscio, il frate compiacente lo infilò dietro a Valentina. La ragazza sentì un dolore nei fianchi. Ma Frate Riccardo la obbligò a mettere come una pecora in un campo pieno di foraggio. Poi spinse il più possibile. 

- Libera in lei il male o mio Dio, che il suo corpo è preso dall'ira di Satana. Liberala da certi pensieri malsani come la scrittura e la sua fantasia mentale. Liberala dall'arroganza e dalla presunzione essendo una passabile. Liberala dal male assoluto della sua ricerca del piacere. 

Valentina ogni giorno subiva tale trattamento. Poi quando veniva a lavorare a casa mia, come servetta,  faceva i mestieri senza proferire parole. La cosa assurda che accadde è che Valentina tolse il piacere a Clarissa che si sentì perduta. 

- Clarissa ma cosa dite...

- Quella sgualdrina me la deve pagare. Oh sì me la deve pagare! Ma so io come risolvere il tutto. Conosco una vecchia barbuta fattucchiera astuta e sagace, esperta in ogni sorta di arte. Ho idea che siano più di cinquemila le verginità che si siano ricomposte per opera sua in questa città. Sa spingere ed istigare alla lussuria le dure pietre, se vuole. Si chiama Parmenia. Noi donne sopportiamo tutto ma che Frate Riccardo mi tradisca questo lo rende indifendibile. Se l' uomo succube del piacere va contro la virtù, almeno non faccia offesa all' onestà pubblica.Mi rivolgerò a lei. Devono finir male. E per me questo è quello che conta. 

Jacopla Filosofa - Storia di un erotismoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora