Capitolo dodicesimo

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A parte la digressione su Valentina, mio caro buon uomo, non vi ho raccontato dei miei solori fisici. La parte che avevo strofinato lungo la colonna - così come l'interno delle cosce  con cui l'avevo abbracciata - mi faceva un male terrificante. Non riuscivo a portarvi la mano sul mio tempio di Venere per un certo periodo. 

Mia madre mi invitava spesso verso il pomeriggio per una cioccolata e dei biscotti. Osservavo il giardino e quel contadino tanto rozzo che mi piaceva assai. Frate Riccardo cercò un approccio con i piedi ma fu bellamente rifiutato. Mia madre ignara di tale proposta da parte del frate cercò, persuadendolo, di prendermi come sua allieva. 

- Conosce Clarissa, Valentina, perché non prendere Jacopla? Donna squisita, intelligente e rispettabile, facilmente preda nei vostri affari. Ha una contemplazione passiva. Provate a fare una camminata e quindi a conoscervi. - consigliò mia madre al Frate. 

Camminammo verso il giardino. Le mie gambe erano tremanti, il dolore così vivo che a malapena potevo stare in piedi. Avevo tanti spasimi terribili. 

- Ma voi state male Jacopla. 

- Non è nulla... - tagliai corto perché i frati come certi tipi di ragazzi hanno una curiosità da donniciuole di campagna. 

- Siete per caso voi tra le stigmatizzate di Milano? E le gambe non vi reggono. 

A quel punto colse l'occasione per svenire. Il contadino mi stava osservando. Lasciò in fretta il suo lavoro e corse verso di me. 

Jacopla Filosofa - Storia di un erotismoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora