«Vorrei fumare un po' d'erba»
L'infermiera la guardò scioccata. Nila scoppiò a ridere: davvero si era scandalizzata per una semplice affermazione? Aveva perso il conto dei giorni, venire ospedalizzata si stava - con suo disappunto - rivelando davvero noioso. Le sedute con la psicoterapeuta erano vuote, del tutto prive di senso, Nila non comprendeva il motivo per cui dovesse farle dato che già la riempivano di medicine. La sua compagna di stanza era stata spostata, poiché Nila aveva portato la sua nevrosi ad un grado superiore con il suo comportamento sprezzante e fuori da qualsiasi schema. L'unica nota positiva in quella merda era Kim Namjoon, il ragazzo era sicuramente più ottimista di lei, sebbene i suoi problemi dovessero avere una natura profonda e che a Nila era rimasta ignota. Quella zecca di Park Jimin invece le aveva donato dei libri per passare il tempo, Nila aveva apprezzato la sua perspicacia ed anche la sua perseveranza nel continuare a farle visita.
«Sai dov'è Namjoon-ah?» Chiese la corvina, toccando la punta di una ciocca di capelli. Se prima la sua vita dipendeva dalla sua passione trasformata ossessione, ora invece dipendeva dalla presenza genuina e colorata di Namjoon. Era un ragazzo straordinario, conosceva una miriade di cose e forse era complice il fatto che la sua camera fosse colma di libri, oppure era semplicemente nato con un'intelligenza fuori dalla norma. Nila non aveva mai potuto conoscere qualcuno così affascinante, Kim Namjoon non aveva il carisma di Taehyung, né la solarità di Jimin e la premura di Jeongguk, ma era dotato di una qualità che trascende ogni cosa. Namjoon era empatico. Sapeva rispettare ogni suo silenzio, ogni sua parola, ogni suo respiro rendendola immensamente felice.
«Avete legato molto voi due eh?»
«Non sono affari suoi — il suo tono freddo fece sbuffare la donna — le ho fatto una domanda e lei non ha risposto»
«Sono venuti i suoi genitori a trovarlo, per questo non è venuto da te» Genitori. I suoi se ne stavano fregando altamente, si erano limitati a pagare l'ospedale ed avrebbero perseguito per quella strada. Nila era convinta inoltre che sua madre stesse proibendo a suo fratello di visitarla. Volevano allontanarla dagli occhi giudicanti dell'alta società. Non erano umani, sua madre particolarmente. La corvina si domandò dunque che cosa mai avesse portato Namjoon ad annullare sé stesso. La sua famiglia doveva avergli dato affetto, era intelligente e molto carino, quindi la sua vita non avrebbe dovuto essere così complicata.
«Voglio i capelli rossi. Me li puoi fare?»
La sua richiesta lasciò perplessa la donna, la quale annuì semplicemente per poi lasciare la sua camera. Nila posò lo sguardo sul cielo. Se non cambiava nemmeno la volta celeste per quale ragione lei avrebbe dovuto uscire dal suo incubo? Nessuna, questa era la verità. Dal momento che il suo nuovo amico era occupato e lei non era interessata alla lettura, decise di uscire dalla sua camera. Girovagare per l'ospedale era diventato un hobby, ormai si era fatta conoscere pure negli altri reparti, dato che era una pazza non aveva nemmeno ricevuto delle sgridate.
Nila non comprendeva per quale motivo i suoi piedi la portavano sempre nel solito posto: il salone in cui avveniva la chemioterapia. La prima volta che era entrata, Nila si era seduta e con occhi vacui aveva osservato il tutto, mentre il suo cuore batteva furiosamente senza un valido motivo. Le sue visite si erano intensificare rapidamente, ormai conosceva i nomi delle infermiere, e loro sapevano il suo. A dispetto di quello che si poteva immaginare, in quella sala le persone non piangevano, e se lo facevano cercavano di nasconderlo. In quel luogo Nila respirava cose a lei sconosciute come l'amore e la speranza. Avrebbe davvero voluto comprendere che cosa animasse la psiche umana nello sconforto più totale, allo stesso tempo era nato in lei il desiderio di conoscere il motivo per cui non c'era nelle sue vene speranza, voleva conoscere la causa della sua anomalia. Erano quelle le ragioni per cui metteva piede in quella sala. Ogni volta era un fottuto pugno allo stomaco, ma si alzava a testa alta. Nemmeno Namjoon lo sapeva.
«Ciao Nila-ah» La salutò Eun-jung, l'infermiera con cui aveva scambiato qualche parola. Non comprendeva perché fosse sempre gentile con lei, sebbene fosse un'intrusa. La fece sedere e le diede un giornale, che Nila usò per appoggiare i gomiti delle sue braccia.
I suoi occhi si fermavano sempre sulla stessa coppia di persone. Il suo capo coperto da una cuffia era indice della sua malattia, nonostante i cerchi neri intorno ai suoi occhi continuava a sorridere in modo accecante. La sua mano era sempre ferma su quella del suo ragazzo. Nila sapeva persino i loro nomi: Choi Myung-hee e Nam Do-woon. Non li aveva mai visti piangere, nei loro occhi vi era solo amore, quel collante che Nila non conosceva in alcun modo. Solo una volta aveva visto la giovane ragazza fare la chemioterapia in solitudine, ma pure in quel frangente si era mostrata solare ed aveva parlato con la signora affianco a lei. Non aveva idea perché quella coppia fissa fosse diventata la prova concreta dell'esistenza dell'amore più puro.
«È bello vederli anche per me. Lei è davvero una combattente, soprattutto perché il suo tumore è uno stadio avanzato, ma non si è mai persa d'animo. Anche lui»
«Il paradiso esiste per queste persone suppongo»
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«Sono in ansia»
Jimin comprendeva lo stato d'animo di Guk. Aveva paura di incontrare Nila nelle stesse condizioni in cui l'aveva lasciata al pronto soccorso. Nonostante tutte le rassicurazioni che aveva fatto a Jeongguk, quest'ultimo non aveva fatto altro che inventarsi ipotetici discorsi da pronunciare a Nila. Appoggiò una mano sulla schiena del suo migliore amico, non desiderando altro che rassicurarlo. Non si scompose granché quando vide nella camera di Nila Namjoon, il ragazzo anoressico che era diventato fulcro della vita della ballerina.
«Nila, Jimin-ah ha portato qualcuno di nuovo» Jimin osservò Jeongguk, poi la ragazza dai capelli fulvi seduta sul letto. Accadde poi una cosa inspiegabile ai suoi occhi: Nila sorrise con fare sereno a Jeongguk, sebbene i suoi occhi velati da lacrime salate dicessero altro. Non si aspettava una reazione così emotiva da parte della ragazza, la stessa che durante le sue visite si lamentava del fatto che non fosse in grado di fumare marijuana e fare sesso. Era tutta una facciata. Jimin l'aveva capito, quelle erano sensazioni a dir poco superficiali, la vera Nila era la ragazza che guardava Namjoon con sincero affetto e che ora abbracciava un Jeongguk in preda ad un pianto liberatorio.
«Stai bene amico?» Gli chiese Namjoon, Jimin annuì. Stava bene, era solamente stupito. Per quale motivo non mostrava pienamente sé stessa con lui che era l'unico a venirla a trovare? Non appena Jeongguk si fu calmato, Nila riprese a sorridere, la sua mano stringeva quella del ragazzo con forza. Perché?
«Ora so che non ti dimenticherai mai di me. Ho raggiunto il mio obiettivo» Era ironica, ma Jimin aveva dei dubbi al riguardo. Dopotutto non aveva sempre desiderato rimanere nelle menti di tutti? Ma poi, in quel caso, chi era? Sebbene la vedesse più tranquilla, meno in preda ad insensati scatti di folle ira, Jimin si continuava a chiedere se stesse guarendo dal suo male interiore o no. Con lei aveva sempre parlato di altro, forse perché non voleva risultare troppo invadente, peccato che lui ormai fosse realmente interessato al suo stato di salute mentale. A forza di andare a trovare quella ragazza sola, abbandonata dal mondo, si era trovato a considerarla una sua amica.
«Quindi tu sei Jeon Jeongguk? Nila mi ha parlato di te, è sempre stata preoccupata per la tua salute»
«Davvero? Scusami se non sono venuto prima, ma avevo paura» Nila gli sorrise di nuovo. Jimin provò di nuovo quella sensazione bruciante. Era ingiusto. Si sedette, ignorando l'occhiata intensa di Kim Namjoon.
«Se non fosse stato per me, non sarebbe venuto» La rossa roteò gli occhi. Così era con lui, estremamente arrogante ed irritante. Che diavolo aveva? Poteva evitare di nascondersi in quel modo con lui. Che senso aveva ora? Non aveva intenzione di ritornare a ballare a quanto pareva, tanto meno di frequentare la loro accademia. Quindi per quale motivo si ostinava a mantenere alte le sue difese?
«Jeonggukie ti avrei aspettato. Sono io che dovrei chiedere il tuo perdono. Quella che ti ha causato un trauma profondo sono io, se fossi morta avresti potuto voltare pagina, ma dato che non è accaduto sappi che mi prenderò le mie responsabilità per ciò che è accaduto. Le mie ferite sono guarite, per fare lo stesso con la mia mente ci vorrà tanto tempo dicono i medici. Per il momento sono davvero contenta che tu abbia avuto il coraggio di venire, deve essere stato difficile e questo ti fa onore. Sappi che non dimenticherò il tuo gesto, né quello di quel coglione lì»
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𝐃𝐀𝐍𝐙𝐀𝐌𝐈 𝐋'𝐀𝐌𝐎𝐑𝐄 || 𝑃𝑎𝑟𝑘 𝐽𝑖𝑚𝑖𝑛
FanfictionIɴ ᴄᴜɪ ᴜɴᴀ ʀᴀɢᴀᴢᴢᴀ ɴᴏɴ ʀɪᴇsᴄᴇ ᴀ ғᴀʀᴇ ᴍᴇɴᴏ ᴅɪ ɪɴᴠɪᴅɪᴀʀᴇ ᴜɴᴏ ᴅᴇɪ ʙᴀʟʟᴇʀɪɴɪ ᴘɪᴜ̀ ᴘʀᴏᴍᴇᴛᴛᴇɴᴛɪ ᴅᴇʟʟᴀ sᴜᴀ sᴛᴇssᴀ ᴀᴄᴄᴀᴅᴇᴍɪᴀ. Uɴᴀ sᴛᴏʀɪᴀ sᴜʟʟᴇ ɴᴏᴛᴇ ᴅɪ Tᴄʜᴀɪᴋᴏᴠsᴋʏ ᴇ ᴅɪ "Bʟᴀᴄᴋ Oʀ Wʜɪᴛᴇ" Het-Slash Smut ©gukkie_bts