CAPITOLO 20 "Sorprese"

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Era il crepuscolo, e Jo se ne stava sdraiata sul vecchio divano sola, gli occhi fissi al fuoco. Era il suo modo prediletto di passare quelle ore. Nessuno la disturbava, e lei se ne stava con la testa sul cuscinetto rosso di Beth, progettando novelle, fantasticando, o pensando teneramente alla sorella che per lei era sempre presente. Aveva il viso stanco, serio e piuttosto triste. L'indomani era il suo compleanno e lei pensava a come erano passati in fretta gli anni, a come era diventata vecchia e a quanto poco aveva concluso. Quasi venticinquenne, e nulla di concluso. E qui Jo si sbagliava: riflettendoci non era stata una vita sterile la sua, con il tempo se ne accorse, e ne fu contenta. «Una vecchia zitella, ecco quello che sto diventando. Una zitella letterata, con una penna per marito e un'intera famiglia di novelle come bambini. Fra una ventina d'anni, forse, un briciolo di fama quando, come il povero Johnson, sarò già vecchia e non ne potrò godere, tutta sola e senza poterla condividere con nessuno; indipendente e senza averne ormai più bisogno. Basta, non voglio diventare una santa acida e nemmeno una peccatrice egoista. Forse, quando ci si sono abituate, le vecchie zitelle stanno molto bene, ma...», e qui Jo sospirò come se la prospettiva non fosse affatto invitante. Raramente lo è, a prima vista, e la trentina sembra la fine, quando si hanno venticinque anni. Ma non è così brutto come sembra, e si può andare avanti benissimo, se si ha in sé qualcosa a cui appoggiarsi. A venticinque anni le ragazze cominciano a dire che sono vecchie zitelle, ma decidono in cuor loro che non lo saranno mai; a trenta non ne parlano più ma accettano tranquillamente la cosa, e, se sono sensibili, si consolano ricordando che hanno altri vent'anni da spendere bene in serenità, imparando a invecchiare con grazia. Non ridete delle zitelle, perché spesso romanzi molto teneri o tragici sono sepolti nei cuori che ora battono tranquillamente sotto gli abiti molto modesti, e parecchi silenziosi sacrifici di giovinezza, ricchezza, ambizione, e perfino d'amore, rendono belli al cospetto di Dio quei volti sfioriti. Anche le tristi inacidite sorelle dovrebbero venir trattate con gentilezza, poiché a loro è mancata la parte più soave della vita. Non fosse altro che per questa sola ragione. E guardandole con pietà, non con disprezzo, le ragazze nel pieno fiore dovrebbero ricordare che anche per loro la primavera della vita potrebbe fiorire invano; che le rose del volto non durano eterne; che i fili bianchi compariranno fra i bei capelli bruni, e che verrà tempo in cui la gentilezza e il rispetto saranno per loro dolci quanto l'amore e l'ammirazione adesso. E voi, ragazzi, siate gentili con le vecchie zitelle, anche se povere, brutte o manierate; poiché l'unica cavalleria degna di ammirazione è quella più pronta a dimostrare deferenza al vecchio, protezione al debole, e a servire la donna senza eccezione di età, rango o colore della pelle. Ricordatevi delle buone zie che non vi hanno solo fatto prediche e seccato, ma vi hanno curato e vezzeggiato, troppo spesso senza esserne ringraziate; ricordate i guai da cui vi hanno aiutato a uscire; le «mancette» prese dai loro magri risparmi; i punti d'ago che le vecchie dita hanno dato per voi; i passi che le vecchie gambe hanno fatto; e con gratitudine prestate loro quelle piccole attenzioni che le donne amano ricevere fino alla fine dei loro giorni. Le ragazze dagli occhi luminosi colgono rapidamente queste cose e vi ameranno per questo di più; e se la morte, la sola forza che può dividere la madre dal figlio, vi privasse della vostra, siate sicuri di trovare una tenera accoglienza e un materno affetto presso qualche vecchia zia Priscilla che avrà tenuto in serbo l'angolo più caldo del suo vecchio cuore solitario per «il miglior nipote del mondo». Jo doveva essersi addormentata (e temo anche il lettore di questa piccola predica) poiché all'improvviso le parve che le sorgesse davanti il fantasma di Laurie (un fantasma in carne e ossa) che si chinava sopra di lei con quell'espressione che Laurie prendeva quando era molto commosso e non lo voleva mostrare. Ma come Jenny nella ballata:

Lei non poteva credere che lui fosse lì e se ne stava distesa, tenendoli sbarrati su di lui, in un silenzio pieno di paura. Poi egli si chinò e la baciò. Allora lo riconobbe e balzò in piedi gridando gioiosa: «Oh, il mio Teddy! Il mio Teddy!». «Cara Jo, sei contenta di vedermi, allora?» «Contenta? Mio benedetto ragazzo, non ci sono parole per esprimerlo! Dov'è Amy?» «Tua madre se n'è impossessata, laggiù da Meg. Ci siamo fermati passando e non c'è stato verso di strappare mia moglie dalle loro grinfie». «La tua... cosa?», gridò Jo, perché Laurie pronunciava quelle due parole con un orgoglio e una soddisfazione tali che lo avevano tradito. «Diavolo! Ormai è fatta!», ed egli aveva un'aria così colpevole che Jo gli piombò addosso come la folgore. «Vi siete sposati!». «Sì. Perdono, ma non lo farò più», e cadde in ginocchio congiungendo le mani in atto di pentimento, con un'espressione di malizia, allegria e trionfo. «Proprio sposati?» «Strasposati, grazie!». «Misericordia! Che cosa altro di orribile ti resta da fare?», e Jo si lasciò cadere al suo posto, senza fiato. «Congratulazione particolare ma non direi proprio secondo le regole», ritorse Laurie sempre in ginocchio, ma raggiante di soddisfazione. «Cos'altro ti vuoi aspettare? Strisci dentro in punta di piedi come un ladro, e fai restare la gente senza fiato sparando una simile bomba! Alzati, non fare il ridicolo e dimmi tutto». «Nemmeno una parola, se non mi lasci venire al mio vecchio posto e non prometti di non barricarti». A quelle parole Jo rise, come non rideva da tempo, e lo invitò ad accomodarsi sul divano accanto a sé dicendo cordialmente: «Il vecchio cuscino è lassù in soffitta: ora non ne abbiamo più bisogno. Vieni a confessarti, Teddy». «Come fa bene al cuore sentirti dire Teddy! Nessuno ora mi chiama così, salvo te», e Laurie sedette con aria di grande soddisfazione. «Come ti chiama Amy?» «Signor mio». «È proprio da lei. Bene, ne hai l'aspetto», e gli occhi di Jo tradivano pienamente che lei trovava il suo ragazzo più avvenente che mai. Il cuscino non c'era più, ma la barricata esisteva egualmente: una barriera innalzata dal tempo, dall'assenza e dal cambiamento dei cuori. Lo sentivano entrambi, e per un minuto stettero a guardarsi come se l'invisibile barriera gettasse una leggera ombra tra di loro. Sparì subito però, quando Laurie disse, cercando di assumere un'aria dignitosa: «Non ho l'aria di uomo sposato, e di capofamiglia?» «Neanche un po', e non l'avrai mai. Sei diventato più grande e più bello, ma sei lo stesso cattivo soggetto di prima». «Per la verità, tu, Jo, dovresti trattarmi con maggior rispetto», cominciò Laurie, che si divertiva immensamente. «Com'è possibile, quando la semplice idea di te sposato e sistemato è così irresistibilmente comica che non riesco a star seria?», rispose Jo, sorridendo in modo così comunicativo che scoppiarono entrambi in un'allegra risata. Poi si ricomposero e si disposero a fare una lunga chiacchierata; proprio come in passato. «È inutile che tu vada fuori a prendere freddo per andare da Amy. Verranno tutti qui fra poco. Non potei resistere, volevo essere io a farti la grande sorpresa e avere "la parte migliore", come dicevamo quando si litigava per la crema». «Naturalmente. E hai rovinato tutto l'effetto cominciando il racconto dalla fine. Ora comincia da capo e dimmi per filo e per segno come è avvenuto. Muoio dalla voglia di saperlo». «Be', io l'ho fatto per far piacere a Amy», cominciò Laurie con una strizzatina d'occhio che fece esclamare a Jo: «Prima bugia, Amy l'ha fatto per far piacere a te. Vai avanti, e di' la verità, se ci riesci, signorino». «Eccola che comincia a fare la mamma. Non è buffo sentirla?», esclamò Laurie rivolto al caminetto; il fuoco scoppiettò e fiammeggiò quasi a dargli pienamente ragione. «È la stessa cosa, vedi, dato che io e lei formiamo un essere solo. Avevamo progettato di tornare a casa con i Carrol, un mese fa o poco più; ma improvvisamente loro cambiarono idea e decisero di passare un altro inverno a Parigi. Il nonno voleva tornare a casa: era venuto per far piacere a me, e io non potevo lasciarlo tornare da solo, ma nemmeno potevo lasciare Amy. La signora Carrol poi aveva imparato bene le usanze inglesi in fatto di chaperon e altre sciocchezze del genere, e non voleva lasciar venire Amy con noi. Allora ho appianato subito la difficoltà dicendo: "Sposiamoci, e così potremo fare quello che vogliamo"». «Naturalmente, tu fai sempre tutto quello che vuoi». «Non sempre», e qualcosa nella voce di Laurie fece aggiungere precipitosamente a Jo: «E come hai fatto a persuadere la zia?» «Detto fra noi, è stato difficile. L'abbiamo subissata di chiacchiere; e poi avevamo un mucchio di buone ragioni dalla nostra. Non c'era tempo per scrivere e chiedere il vostro permesso, ma tutti eravate contenti e avevate già dato il vostro consenso. Si trattava solo di "cogliere l'occasione al volo" come dice mia moglie». «Ma senti, senti con che orgoglio dice "mia moglie" e con che gusto!», interruppe Jo rivolgendosi a sua volta al caminetto; ma notando soddisfatta la luce di felicità che sembrava illuminare quegli occhi, così tragicamente tetri quando li aveva visti l'ultima volta. «Be', un pochino forse sì. È una mogliettina così affascinante che non posso fare a meno di essere orgoglioso di lei. Dunque: erano presenti lo zio e la zia, per salvare la forma, noi eravamo così presi uno dall'altra che divisi non servivamo a nulla: era una soluzione magnifica che faceva tutti contenti, e perciò ci sposammo». «Quando, dove e come?», domandò Jo. Ardeva di una curiosità tutta femminile, e voleva saper tutto per filo e per segno. «Sei settimane fa, al Consolato americano, a Parigi. Una cerimonia molto intima, naturalmente, poiché anche nella nostra felicità non dimenticavamo la piccola Beth». Jo mise una mano nella mano di Laurie, e questi, parlando, accarezzava dolcemente il cuscinetto rosso che egli ben ricordava. «Perché non ce l'hai comunicato, dopo?», domandò Jo a voce bassa, dopo qualche minuto di silenzio. «Volevamo farvi una sorpresa. Pensavamo infatti di partire subito, ma il caro vecchietto, non appena fummo sposati, scoprì che non avrebbe potuto essere libero che dopo un mese almeno; e ci spedì a passare la nostra luna di miele dove ci pareva. Amy aveva detto una volta che Valrosa era un posto ideale per una perfetta luna di miele; così andammo laggiù e fummo felici come lo si può essere una volta sola nella vita. L'amore fra le rose...!». Per un momento Laurie sembrò dimenticarsi completamente di Jo, e lei ne fu felice; se le parlava con tanta franchezza e naturalezza di queste cose, poteva esser sicura che aveva dimenticato e perdonato. Cercò di ritirare la mano, ma come se intuisse il pensiero che aveva causato quel seminvolontario impulso, Laurie la trattenne e disse, con una gravità da uomo che lei non aveva mai visto in lui: «Jo cara, voglio dirti una cosa e poi non ne riparleremo mai più. Come ti ho detto nella mia lettera, quando scrissi che Amy era stata così gentile con me, io non cesserò mai di volerti bene. Ma il sentimento è mutato, e ho imparato a capire che è meglio così. Tu e Amy avete semplicemente cambiato il posto nel mio cuore, ecco tutto. Credo che fosse destino che così dovesse accadere, e sarebbe avvenuto naturalmente se avessi aspettato; come cercasti di farmi capire. Ma non ho mai saputo essere paziente, e così mi si spezzò il cuore. Ero un ragazzo allora, ostinato e impetuoso, e ci volle una dura lezione per farmi capire il mio errore. Perché si trattò di un errore, come dicesti giustamente tu e io lo scoprii solo dopo aver fatto la figura dello scemo. Per la verità, a un certo momento avevo una tale confusione in testa da non capire più chi amavo: se te o Amy, e cercavo di amarvi tutte e due insieme. Ma non era possibile, e quando vidi Amy in Svizzera tutto sembrò farsi improvvisamente chiaro. Prendeste entrambe il vostro giusto posto; io mi sentii sicuro di essere ben guarito dal vecchio amore, prima ancora che mi rendessi conto del nuovo. Capii così di poter onestamente dividere il mio amore fra la sorella Jo e la moglie Amy, e amarle ambedue teneramente. Vuoi credermi, e tornare ai vecchi felici tempi di quando ci siamo conosciuti?» «Lo credo con tutto il cuore, ma, Teddy, non possiamo più tornare ragazzi. I vecchi tempi felici non possono più risorgere, e non dobbiamo pretenderlo. Noi siamo un uomo e una donna ora, con doveri più seri da compiere; il tempo dei giochi è finito e dobbiamo smetterla con le ragazzate. Sono sicura che questa è anche la tua convinzione. Vedo il cambiamento in te e tu lo vedrai in me. Mi mancherà il mio ragazzo, ma vorrò altrettanto bene all'uomo che è diventato, e lo ammirerò di più perché so che intende essere quello che speravo che fosse. Non possiamo più essere i piccoli compagni di gioco, ma saremo fratello e sorella, e ci ameremo e aiuteremo per tutta la vita. Non è vero, Laurie?». Egli non disse nulla, ma prese la mano che lei gli offriva e vi appoggiò il viso per un minuto, sentendo che dalla tomba di una passione giovanile era nata una bella e forte amicizia, che sarebbe stata una benedizione per entrambi. Poi Jo esclamò allegra, non volendo che quel ritorno a casa fosse un triste ritorno: «Non posso ancora credere che voi due ragazzini siate marito e moglie e mettiate su casa! Via, mi sembra ieri che allacciavo i grembiulini a Amy e tiravo i capelli a te, quando mi infastidivi. Povera me, come vola il tempo!». «Siccome uno dei ragazzini è più vecchio di te, è inutile che parli come se fossi mia nonna. Mi lusingo di essere "un signore cresciuto", come Peggotty disse di David; e quando vedrai Amy, troverai che è una bambina piuttosto precoce», disse Laurie, che si divertiva con quella sua aria materna. «Tu puoi essere un po' più vecchio di anni, ma io sono sempre tanto più vecchia di spirito, Teddy. Le donne maturano prima, e quest'ultimo anno è stato così duro che mi pare di avere quarant'anni». «Povera Jo! Ti abbiamo lasciata a sopportare tutto da sola mentre noi eravamo a divertirci. È vero, sei più vecchia: ecco una ruga ed eccone qui un'altra. Se non sorridi, i tuoi occhi sono tristi e quando ho toccato il cuscino, un momento fa, l'ho sentito bagnato di lacrime. Hai avuto molto da sopportare, e l'hai dovuto sopportare da sola. Che brutto egoista sono stato!», e Laurie si diede una tirata di capelli con aria piena di rimorso. Ma Jo si limitò a girare il cuscino traditore, rispondendo in un tono che tentò di rendere allegro: «No, ho avuto il babbo e la mamma ad aiutarmi, quei cari piccini per consolarmi, e il pensiero che tu e Amy eravate felici. E così i miei crucci mi sono parsi più leggeri da sopportare. Mi sento sola talvolta, non dico di no; ma credo quasi che sia un bene per me». «Non lo sarai mai più», interruppe Laurie, cingendola con il braccio quasi a proteggerla da ogni male terreno. «Io e Amy non andremo avanti senza di te; quindi devi venire a insegnare "ai ragazzini" a tenere la casa, devi venire a dividere fraternamente tutto con noi, come abbiamo sempre fatto; ci permetterai di vezzeggiarti e staremo insieme felici e contenti». «Se non fossi di troppo, sarebbe magnifico. Mi sento già ringiovanita; mi pare che solo al vederti i miei crucci siano tutti volati via. Sei sempre stato il mio conforto, Teddy», e Jo gli appoggiò la testa sulla spalla, come anni prima, quando Beth era ammalata, e Laurie le aveva detto di appoggiarsi a lui. Egli si chinò a guardarla, chiedendosi se anche lei ricordava quella volta, ma Jo sorrideva fra sé, come se davvero i suoi crucci fossero tutti svaniti all'arrivo dell'amico. «Tu sei sempre la stessa Jo, che un minuto piange e subito dopo ride. Ma ora hai un'espressione un po' maliziosa: cosa c'è, nonna?» «Mi sto chiedendo come vi troviate, tu e Amy, insieme». «Come due angeli». «Certo, da principio è naturale: ma chi comanda?» «Non mi vergogno di confessarti che comanda lei ora (almeno glielo lascio credere), le fa tanto piacere. Ma a poco a poco faremo a turno, poiché il matrimonio, si dice, riduce a metà i diritti di ciascun membro e ne raddoppia i doveri». «E io ti dico che andrete avanti come avete cominciato, e Amy sarà quella che ti comanderà per tutta la vita...». «Be', senti, lo fa pesare così poco, che credo non ci farò molto caso. È il tipo di donna che sa comandare molto bene; anzi, quasi mi piace, poiché lei si avvolge attorno al dito una persona con lo stesso garbo e grazia che se fosse una matassa di seta, e lo fa in un modo tale, che quasi sembra ti faccia un favore». «Non avrei mai pensato che sarei arrivata a vedere un marito che si lascia dominare dalla moglie e che ne è contento!», gridò Jo, alzando le braccia scandalizzata. Fu uno spettacolo allora vedere Laurie raddrizzare le spalle e sorridere con sdegno maschile all'insinuazione, ribattendo con l'aria più autoritaria possibile: «Prima di tutto Amy è troppo ben educata, e io non sono il tipo di uomo da star sotto. Io e mia moglie abbiamo troppo rispetto reciproco per sopraffarci e litigare». La spiegazione piacque a Jo, e sebbene quella nuova dignità stesse molto bene a Laurie, le sembrò che il ragazzo cedesse troppo rapidamente il posto all'uomo, e il suo piacere non era scevro di rimpianto. «Ne sono sicura. Tu e Amy non avete mai litigato come facevamo noi due. Lei è il sole e io il vento, come nella favola e, se ti ricordi, il solemriuscì molto meglio a far fare all'uomo ciò che voleva». «Oh, quanto a questo lei sa risplendere, ma anche soffiare. Sapessi che razza di predica mi sono buscato a Nizza! Ti do la mia parola che fu peggio di tutte le tue sgridate, una strapazzata in piena regola. Te la racconterò una volta o l'altra. Lei non te ne parlerà mai, poiché dopo avermi detto che mi disprezzava e si vergognava di me, finì con il donare il suo cuore all'essere spregevole e sposare il fannullone». «Che bassezza! Senti, se ti maltratterà troppo vieni da me che ti difenderò». «Ti pare che ne abbia bisogno?», Laurie balzò in piedi ergendosi in tutta la sua statura, assumendo una posa che rapidamente mutò dall'imponenza all'estasi, quando udì la voce di Amy che gridava: «Ma dov'è, dov'è la mia cara vecchia Jo?». E la famiglia entrò compatta; ci fu un grande scambio di abbracci e baci, e dopo vani tentativi i tre reduci furono fatti sedere fra l'ammirazione e l'esultanza generale. Al signor Laurence, più sano e vispo che mai, il viaggio all'estero aveva fatto bene quanto agli altri due; quella sua aria arcigna era scomparsa e quella sua cortesia all'antica appariva più spiccata e come rinnovata. Era bellissimo vedere come guardava raggiante «i suoi ragazzi», come chiamava la giovane coppia; e ancor più bella a vedere la deferenza filiale e affettuosa con cui lo ripagava Amy, che aveva conquistato del tutto il suo vecchio cuore. Più di tutto era bello vedere Laurie che girava intorno ai due, come non fosse mai stanco di godersi il bel quadretto che offrivano. Meg, non appena ebbe dato un'occhiata a Amy, capì che i vestiti che portava lei non avevano affatto l'aria parigina; che la giovane signora Moffat sarebbe stata completamente eclissata dalla giovane signora Laurence, e che «sua signoria» era proprio la più elegante e graziosa delle dame. Jo osservava la giovane coppia pensando: "Come stanno bene insieme! Avevo ragione io. Laurie ha trovato la donna bella, la dama compita che ci voleva per la sua casa (molto meglio di questa goffa e vecchia Jo) e che sarà per lui un orgoglio e non un tormento". La signora March e il marito sorridevano scambiandosi cenni di approvazione con espressione felice; sentivano che la loro figlia più giovane aveva fatto un bel matrimonio, non solo nel senso mondano della parola, ma rispetto alla ricchezza che ha maggior valore, quella fatta di amore, fiducia reciproca e felicità. Infatti il volto di Amy raggiava di quella soave luce che denota un cuore soddisfatto; nella sua voce si sentiva una tenerezza nuova; il vecchio atteggiamento distaccato si era mutato in una gentile ma femminile e affascinante dignità. Non c'era più ombra di affettazione nei suoi modi, e la soave cordialità delle maniere era più attraente della nuova bellezza o dell'antica grazia: era il marchio inconfondibile della vera signora che aveva sempre aspirato a diventare. «L'amore ha fatto molto per la nostra piccina», disse la madre a bassa voce. «Ha avuto davanti a sé per tutta la vita un nobile esempio, mia cara», le rispose nello stesso tono il signor March, guardando amorosamente il volto appassito e la testa grigia al suo fianco. Daisy non riusciva a staccare gli occhi dalla bella zietta e si teneva aggrappata come un cagnolino alla bella catenina piena di deliziosi ciondoli. Demi, prima di compromettersi con la nuova parente, accettando da lei un regalo impegnativo, un'intera famiglia di orsi di legno di Berna, decise di studiarla un po'. Ma una manovra diversiva provocò una resa incondizionata, poiché Laurie sapeva come prenderlo. «Tu, giovanotto, quando ebbi l'onore di fare la tua conoscenza mi hai dato un pugno in faccia; ora sono qui a chiedere soddisfazione, da gentiluomo», e con queste parole quell'alto zio cominciò a sballottare e agitare il nipotino, compromettendo in tal modo la sua filosofica dignità, ma facendolo divertire moltissimo. «Ma guarda, se non è coperta di seta dalla testa ai piedi! E non è uno spettacolo vederla lì seduta, bella come una rosa, e sentir chiamare la mia piccola Amy "signora Laurence"?», mormorava la vecchia Hannah, che non poteva trattenersi dal dare frequenti «sbirciatine» dalla fessura della porta, mentre apparecchiava la tavola facendo una gran confusione. Poveri noi, quanto chiacchierarono! Prima uno, poi l'altro e poi tutti insieme, cercando di raccontare in mezz'ora gli avvenimenti di tre anni. Fortuna volle che fosse pronto il tè a portare un po' di silenzio e di ristoro, perché se avessero continuato così, sarebbero diventati tutti rauchi e deboli. E che corteo felice fu quello che passò nella piccola stanza da pranzo! Il signor March, tutto orgoglioso, dava il braccio alla «signora Laurence»; la signora March, ugualmente orgogliosa, si appoggiava al braccio di «suo figlio»; e il vecchio signore prese Jo bisbigliandole: «Ora devi essere tu la mia bambina», e gettò un'occhiata all'angolo vuoto accanto al focolare, che fece rispondere a Jo con labbra tremanti: «Cercherò di occupare il suo posto, signore». In coda venivano salterellando i due piccini, che avevano la sensazione che fosse prossima la fine del mondo; tutti erano così occupati con i nuovi venuti che li lasciavano liberi di fare il comodo loro, e potete star certi che approfittavano il più possibile dell'occasione. Sorsate di tè, panpepato ad libitum, un grosso, croccante biscotto a testa, e infine, trasgressione enorme, non si ficcarono ciascuno un'appetitosa tartina nella tasca del grembiulino, tartina che si appiccicò e si sbriciolò in modo così traditore, da dar loro una lezione sulla fragilità dell'umana natura e della pasticceria? Con la coscienza grave di rimorsi per le tartine nascoste, e con il timore che gli occhi acuti di papà penetrassero attraverso il leggero baluardo di lana e tela d'Olanda che nascondeva il loro bottino, i due piccoli colpevoli si rifugiarono dietro al nonno che in quel momento era senza occhiali. Amy, che era passata dall'uno all'altro come il vassoio dei dolci, tornò in salotto al braccio di babbo Laurence, le altre coppie si composero come prima, e così Jo restò senza cavaliere. Subito non ci fece caso, perché sostò un momento a rispondere all'ansiosa domanda di Hannah: «Amy andrà in carrozza e adopererà tutti quei bei piatti d'argento che ci sono là nella sua casa?» «Non ci sarebbe da meravigliarsi se uscisse con un tiro a sei di cavalli bianchi, mangiasse in piatti d'oro e portasse merletti e diamanti tutti i giorni. Teddy è del parere che non ci sia nulla di troppo bello per lei», rispose Jo con grandissima soddisfazione. «E infatti è così. Carne in umido o polpette di pesce per colazione?», concluse Hannah mescolando saggiamente poesia e prosa. «Per me è indifferente», e Jo chiuse la porta, sentendo che il cibo era in quel momento un argomento antipatico. Rimase un istante a seguire con gli occhi tutti gli altri che salivano le scale, e quando le gambette di Demi arrancarono sull'ultimo gradino, venne afferrata all'improvviso da un così forte senso di solitudine, che volse intorno uno sguardo vago, come a cercare un appoggio, poiché anche Teddy l'aveva abbandonata. Se avesse saputo quale regalo per il suo compleanno si stava avvicinando di minuto in minuto, non avrebbe detto a se stessa: «Piangerò stasera, quando sarò a letto; ma ora qui sarebbe una vergogna». E si asciugò gli occhi con la mano, poiché aveva ancora l'abitudine infantile di non sapere mai dove teneva il fazzoletto ed era appena riuscita a ricomporre sul viso un leggero sorriso, quando udì bussare alla porta della veranda. Accorse premurosamente ad aprire e rimase a guardare con gli occhi sbarrati come se fosse apparso un altro fantasma a spaventarla: sulla porta stava un grosso signore barbuto, che dall'oscurità raggiava su di lei come un vero sole di mezzanotte. «Oh, signor Bhaer! Sono così contenta di vedervi!», gridò Jo, afferrandolo per le mani, quasi temesse che il buio della notte tornasse a inghiottirlo prima che lei riuscisse a farlo entrare. «E io di federe foi, signorina March. Ma foi afete gente», e il professore si fermò, udendo provenire dal di sopra il rumore delle voci e dei passi. «No, nessuno. Siamo noi della famiglia. Sono appena arrivati mia sorella e il mio amico, e siamo tutti felicissimi. Entrate, entrate, e siate anche voi dei nostri». Sebbene fosse un uomo molto socievole, forse il signor Bhaer si sarebbe dignitosamente ritirato per tornare un altro giorno; ma come gli sarebbe stato possibile, dato che Jo aveva già chiuso la porta dietro di lui, togliendogli di mano il cappello? Può darsi anche che la colpa fosse un po' della faccia di Jo; poiché lei si dimenticò di celare la sua gioia nel vederlo e la mostrava con una franchezza tale, da renderla irresistibile agli occhi di quell'uomo solitario. Infatti quell'accoglienza superava di molto le più audaci speranze: «Se non sarò Monsieur de Trop vedrò tutti con molto piacere. Siete stata ammalata, amica mia?». La domanda venne fatta all'improvviso, poiché, mentre Jo appendeva il suo mantello, la luce le cadde sul viso ed egli ne scorse il cambiamento. «Non malata, ma stanca e triste. Abbiamo avuto tanti dispiaceri dall'ultima volta che vi ho visto». «Ah, sì, lo so. Ho sofferto tanto anch'io per voi; quando ho saputo», e le strinse la mano con tanta comprensione che Jo sentì che nessun conforto le avrebbe fatto tanto bene quanto lo sguardo di quegli occhi buoni e la stretta di quella calda e grossa mano. «Babbo, mamma, c'è il mio amico, il professor Bhaer», gridò Jo con un viso e un tale tono di insopprimibile orgoglio e piacere, come se avesse presentato un grandissimo personaggio. Se il visitatore avesse nutrito dubbi sull'accoglienza, questi vennero immediatamente dissipati davanti alla cordialità con cui venne accolto. Tutti lo salutarono cortesemente, dapprima per amore di Jo, e poi perché egli riuscì immediatamente molto simpatico: né poterono fare altrimenti, poiché egli portava il talismano che apre tutti i cuori, e quella gente semplice si sentì immediatamente attratta verso di lui anche e specialmente perché era povero e la povertà arricchisce coloro che sanno innalzarsi al di sopra di essa ed è un passaporto presso gli spiriti sinceramente ospitali. Il signor Bhaer sedeva guardandosi attorno come il viandante che batte a una porta sconosciuta, ma appena questa si apre si trova come in casa propria. I piccini gli si avvicinarono subito come api attratte da un vasetto di miele, presero posto sulle sue ginocchia conquistandolo all'istante con il frugargli in tasca, tirargli la barba, e ispezionando il suo orologio con infantile audacia. Le donne si scambiavano sguardi di approvazione e il signor March, sentendo di aver trovato uno spirito affine al suo, dischiuse all'ospite i suoi tesori più nascosti, mentre il silenzioso John ascoltava e godeva della loro conversazione, pur non prendendovi parte, e il signor Laurence non riusciva ad addormentarsi. Se Jo non fosse stata occupata altrimenti, la condotta di Laurie l'avrebbe divertita un mondo: perché una leggera punta, non di gelosia ma di qualcosa che somigliava al sospetto, fece sì che il giovanotto se ne stesse a tutta prima sulle sue, osservando il nuovo venuto con circospezione da fratello maggiore. Ma non durò a lungo. Suo malgrado sentì risvegliarsi il suo interesse, e prima ancora di rendersene conto, si trovò attratto nel circolo: poiché il signor Bhaer parlava a suo agio in quell'atmosfera simpatica e con successo. Raramente si rivolgeva a Laurie, ma lo guardava spesso, e un'ombra sembrava passargli allora sul viso, come rimpiangesse la sua gioventù ormai passata, davanti a quell'uomo che era nel fiore degli anni. Poi il suo sguardo si volgeva così triste verso Jo, che questa certamente avrebbe risposto alla sua muta domanda se l'avesse visto; ma Jo aveva da badare ai propri occhi, e sentendo che di loro non c'era da fidarsi, li teneva prudentemente abbassati sulla calza che stava facendo come un'esemplare vecchia zia zitella. Un furtivo e rapido sguardo di tanto in tanto la ristorava come un sorso limpido e fresco dopo una passeggiata nel polverone, poiché quelle occhiate di traverso le davano da sperare bene. La faccia del signor Bhaer aveva perso quella sua aria assente e distratta, e aveva un'espressione vivace e interessata. Sembrava più giovane e bello, pensò, dimenticandosi di paragonarlo a Laurie, come faceva sempre per i giovanotti estranei, che ne uscivano sempre sconfitti. E poi sembrava quasi ispirato, sebbene l'argomento sul quale la conversazione era scivolata, gli usi e costumi funebri presso gli antichi, non potesse venire considerato fra quelli allegri. Il volto di Jo raggiò di trionfo quando Teddy ebbe la peggio in una discussione, e pensò tra sé guardando il volto attento del padre: "Come sarebbe contento di poter parlare tutti i giorni con un uomo come il mio professore!". E infine si deve aggiungere che il signor Bhaer indossava un vestito nero nuovo fiammante che gli dava più che mai un'aria signorile. La folta chioma era stata tagliata e spazzolata, ma non rimase a lungo ravvivata, poiché, nella foga del discorso, egli ci piantava dentro la mano come al solito. Ma anzi con quella testa irta e arruffata a Jo piaceva ancor di più: le sembrava che assomigliasse a Giove. Povera Jo, come l'abbelliva quell'uomo brutto, mentre sedeva tranquilla a sferruzzare, senza perdere nulla di quanto accadeva intorno a lei; nemmeno il fatto che i polsini del signor Bhaer non solo erano immacolati, ma avevano un bel paio di gemelli d'oro. «Povero vecchio amico. Non si sarebbe abbigliato con più cura se fosse andato dalla fidanzata». Un improvviso pensiero, suggeritole da quelle parole, la fece arrossire in modo così spaventoso, che dovette lasciar cadere il gomitolo per aver la scusa di chinarsi a raccoglierlo e nascondere così il volto. Ma quella manovra non le riuscì come si aspettava. Sebbene occupato a dar fuoco a una pira funebre, il professore lasciò cadere la torcia, metaforicamente parlando, e si chinò rapido a raccogliere la piccola palla azzurra. Naturalmente le due teste finirono per cozzare l'una contro l'altra, facendo vedere le stelle ai loro proprietari, che si rialzarono rossi in volto e ridenti, senza il gomitolo, per tornarsi a sedere, amaramente pentiti di essersi mossi. Nessuno s'accorgeva del passare del tempo: Hannah aveva accortamente portato via di buon'ora i due bimbi che ciondolavano le testine come due rossi papaveri, e il signor Laurence era andato a riposare. Gli altri erano rimasti attorno al fuoco a chiacchierare, perdendo completamente la nozione del tempo, finché Meg, sempre maternamente in ansia, non si mise in mente che Daisy fosse caduta dal letto, e Demi avesse appiccato fuoco alla sua camicina da notte cercando di studiare la struttura dei fiammiferi e si alzò per andare a casa. «No, prima dobbiamo cantare, come facevamo una volta, perché ora siamo di nuovo tutti riuniti», disse Jo, sentendo che il gridare sarebbe stato per lei un piacevole sfogo per le liete emozioni della sua anima. Veramente non c'erano tutti; ma nessuno trovò avventate o non sincere le sue parole, perché Beth sembrava non li avesse mai lasciati; presenza tranquilla e invisibile ma più cara che mai, poiché la morte non poteva spezzare il vincolo familiare che l'amore rendeva indissolubile. La seggiolina stava al suo solito posto; il cestino ordinato, con il lavoro interrotto quando l'ago le era divenuto «pesante», era ancora sullo scaffale; sull'amato pianoforte, che ora veniva raramente aperto, il volto di Beth sorrideva sereno come nei giorni lontani e sembrava guardarli e dire: «Siate felici; io sono qui». «Suona qualcosa, Amy. Fai sentire i tuoi progressi», disse Laurie, comprensibilmente orgoglioso della sua promettente allieva. Ma Amy bisbigliò, gli occhi gonfi di lacrime, mentre girava lo sgabello un po' scolorito: «Non stasera, caro. Non posso dar spettacolo stasera». Ma mostrò qualcosa di molto meglio della bravura e la tecnica brillante, perché cantò le canzoni di Beth con una soavità che nessun maestro le avrebbe potuto insegnare, commuovendo il cuore degli ascoltatori con un potere più suggestivo di qualunque ispirazione. Nella camera regnò il più profondo silenzio quando la sua voce limpida improvvisamente si smorzò all'ultimo verso dell'inno preferito di Beth. Era difficile dire:

In terra non c'è dolore che il cielo non possa guarire e Amy si appoggiò al marito, in piedi dietro di lei, sentendo che il suo ritorno a casa non era perfettamente felice senza il bacio di Beth. «E adesso finiamo con la romanza di Mignon. La canta il signor Bhaer», disse Jo prima che il silenzio diventasse penoso. E il signor Bhaer si schiarì la gola con un «ehm!» riconoscente, mentre si avvicinava all'angolo dove stava Jo dicendo: «Vuole cantarla con me? Andiamo molto bene insieme». Tra parentesi, era un complimento del tutto gratuito, poiché Jo non aveva più orecchio di quanto ne avesse un grillo. Ma ella avrebbe accettato, anche se le avesse proposto di cantare un'opra intera; e iniziò a emettere gorgheggi tirando avanti senza preoccuparsi né del tempo né dell'intonazione. Cosa del resto senza importanza, poiché il signor Bhaer cantava da vero tedesco, bene e con tutta l'anima, e Jo ben presto si accontentò di fare da accompagnamento in tono sommesso, in modo da poter ascoltare la bella voce pastosa che sembrava cantare per lei sola.

Conosci il paese dove fioriscono i limoni.

Era il verso che il professore amava di più, poiché per lui «il paese» era la Germania. Ora poi sembrava poggiare con più calore e forza sulle parole:

Là, oh, là, potessi io con te, Mia adorata andare!

E il tenero invito sembrò sconvolgere talmente una delle ascoltatrici, da farle venire una gran voglia di dire che quel paese lo conosceva, e che vi sarebbe andata con lui anche subito. La romanza ottenne un grande successo, e il cantante si ritirò coperto di gloria. Ma pochi minuti dopo sembrò dimenticasse del tutto la sua correttezza, sbarrando gli occhi in faccia a Amy che si metteva il cappello: infatti lei gli era stata presentata semplicemente come «mia sorella» e da quando lui era venuto nessuno l'aveva più chiamata con il suo nuovo nome. E fu peggio ancora quando Laurie, nel salutarlo, gli disse nel suo modo più cortese: «Mia moglie e io siamo molto felici di avervi conosciuta, signore. Ricordatevi che sarete sempre il benvenuto a casa nostra».

Allora il professore lo ringraziò calorosamente e apparve improvvisamente così raggiante di soddisfazione, che Laurie lo trovò il più simpatico e cordiale individuo che avesse mai incontrato. «Debbo andarmene anch'io; ma tornerò con vero piacere, signora, se me ne date il permesso. Ho un affaretto qui in città che mi tratterrà per alcuni giorni». Parlava alla signora March ma teneva gli occhi fissi su Jo, e la voce della madre diede un consenso cordiale quanto gli occhi della figlia, poiché la signora March non era così cieca, come credeva la signora Moffat, riguardo all'interesse delle figlie. «Credo che sia una persona molto colta», osservò placidamente il signor March, uscito l'ultimo ospite. «Sono sicura che è buono», soggiunse la signora March senza esitazione, mentre caricava la pendola. «Sapevo che vi sarebbe piaciuto», fu tutto quanto disse Jo, avviandosi verso la sua camera. Si domandava meravigliata quali affari potessero trattenere il professore in città. Alla fine concluse che certamente doveva essere stato chiamato per qualche alta onorificenza e non ne aveva parlato per modestia. Se avesse potuto vedere il volto di lui mentre solo, in camera sua, contemplava il ritratto di una severa e rigida fanciulla, con una folta capigliatura, che pareva intenta a scrutare nel futuro, avrebbe potuto avere le idee più chiare; specialmente quando, spento il gas, egli depose un bacio

PICCOLE DONNE CRESCONODove le storie prendono vita. Scoprilo ora