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*da leggere ascoltando Yesterdays dei Guns Nʼ Roses*


ʼCause nothing last forever, even cold November rain

Questa frase mi rimbomba nelle orecchie da un tempo indecifrabile, non mi ricordo con esattezza dove e quando l'ho sentita ma so per certa che rappresenta la pura e triste verità. Niente dura per sempre, le amicizie s'infrangono per bazzecole, gli amori si mollano per qualsiasi futilità e le promesse che tutti si scambiano, i sogni che si fanno sperando di avere accanto quella determinata persona vanno tutti in frantumi. All'inizio è brutto da ammettere e da accettare, non è facile credere di aver dato confidenza ad una persona che poi si rivela finta, oppure non è per niente facile ammettere di aver perso la persona che si ama, non dopo aver superato momenti difficili. Molti dicono che bisogna rassegnarsi ma non penso sia facile; ed io ho sperimentato sulla mia pelle cosa significa. Ho visto il mio “migliore amico” tirare giù la maschera per mostrare il vero sé stesso, ho visto le amicizie e i legami che ho costruito sgretolarsi come castelli di carta ed ho sentito il cuore spezzarsi nell'assistere passivamente a tutto ciò, senza poter fare nulla, perché in questi casi è proprio l'unica cosa che bisogna fare. Ho letto la tristezza negli occhi di Victor quando ha scoperto del bacio così come gliel'ho letta quando ci siamo lasciati, forse non avrebbe voluto che finisse tutto così, forse mi avrebbe dato una seconda possibilità o altro. Ma ormai il danno è fatto e non si può più tornare indietro, ora devo pensare solo ed esclusivamente al presente.

Dopo che è successa quella lite sul campo da calcio mio padre è rimasto molto amareggiato dal mio comportamento, «Non mi sarei mai aspettato una cosa del genere da te, mi hai profondamente delulso» è stato ciò che mi ha detto prima di diventare improvvisamente freddo e distaccato nei miei confronti. Ovviamente il suo comportamento mi ha spezzato maggiormente il cuore, ma forse me lo sono meritato, così abbiamo iniziato ad ignorarci e a parlarci raramente o a monosillabi; non ho ancora buttato giù il fatto che la persona più importante della mia vita, la prima e l'unica che mi ha fatto scoprire e amare il calcio si sia allontanata in questo modo. La goccia che ha fatto proprio traboccare il vaso è stato scoprire la verità su Gabriel, quella è stata veramente brutta, come un cazzotto nello stomaco; ricordo di aver passato tre ore intere a piangere in camera mia da sola, senza nessuno accanto a me a consolarmi.

L'unica che si è veramente preoccupata è stata mia madre che non ha accettato il mutamento del rapporto fra me e mio padre, ma lui è  stato irremovibile e dopo poco tempo mi ha comunicato che me ne sarei andata in Italia. L'idea gli è balenata in testa già quando ha scoperto che il Quinto Settore mi pedinava. Mi ha detto che ha contattato un suo vecchio amico contro cui ha giocato durante il Football Frontier International e anche durante il suo breve soggiorno in Italia, un certo Paolo Bianchi. Scoprire di partire per un paese straniero non mi ha fatto piacere ma non ho provato a ribattere, ho annuito in silenzio e fatto subito la valigia.

Ed ora, dopo dodici ore esatte di volo, sono atterrata all'aeroporto della capitale italiana: Roma. «E ora che faccio?» domando ad alta voce mentre mi guardo intorno spaesata, non ho la minima idea di come sia questo tizio e neanche che faccia abbia, non so proprio cosa fare. «Ehi!» una voce femminile mi fa ritornare alla realtà, sussulto spaventata nel vedere una ragazza con i capelli ricci e lunghi tanto quanto i miei pararsi di fronte a me, «Tu devi essere la figlia di Mark!» esclama con un largo sorriso «S-Sì...sono io...» bisbiglio leggermente spaventata.

Chi è questa pazza?

«Io sono Asia, Asia Bianchi» si presenta tendendomi la mano, come se mi abbia appena letto nel pensiero «H-Hai detto B-Bianchi?» le chiedo e lei annuisce «Io sono la figlia della Meteora Bianca» mi dice prima di sventolare un braccio in alto. Non ho il tempo di risponderle o di dire altro che due figure maschili si dirigono nella nostra direzione, uno è un uomo dai capelli castani e gli occhi azzurri e l'altro è un ragazzo molto simile a lui, fatta eccezione per gli occhi che sono del mio stesso colore. «È un piacere conoscerti Emily!» l'uomo mi tende la mano e io gliela stringo leggermente tremolante, «Io sono Paolo, l'ex capitano della nazionale nonché amico di tuo padre; vedo che hai già conosciuto mia figlia» il suo sorriso è identico a quello della ragazza vicino a me, «Lei e suo fratello sono le punte di diamante della nostra squadra» mi dice dando un colpo alla spalla del ragazzo accanto a lui; da quel poco che mi ha detto mio padre, Paolo Bianchi dopo aver lasciato la nazionale ha iniziato ad allenare la squadra di calcio più forte del suo paese: la “ex Orfeo” ribattezzata come “Squadra della Gioventù” e meglio conosciuta come “Juventus”, mi sono informata un po' su questa squadra e ho scoperto che quasi tutti i giocatori sono diventati campioni nazionali e internazionali e alcuni sono entrati a far parte della nazionale.

«Ed io sono...» non do tempo al ragazzo di finire la frase «Il capitano nonché capo cannoniere della squadra, “Meteora Junior” giusto?» gli chiedo incastrando i nostri occhi, «Vedo che ti sei informata» mi dice allungando il braccio «Niccolò Bianchi» gli stringo la mano senza interrompere il contatto visivo «Emily Evans» abbozzo un leggero sorriso che lui ricambia. «Ora che le presentazioni sono state fatte possiamo andare?» domanda Asia impaziente «Sì, la pizza dovrebbe arrivare a momenti e per di più, dobbiamo far ambientare la nostra ospite» Paolo si avvia verso l'uscita seguito da noi tre, «Domani entrerai ufficialmente a far parte della squadra» mi dice Asia prendendomi a braccetto «In che ruolo giocavi?» mi chiede curiosa «In attacco, ma una volta sola ho giocato come difensore» le dico ricordandomi della partita contro il Fiducia e rabbuiandomi leggermente. «Anche mio fratello è attaccante! Gioca con la dieci!» il cuore perde due battiti nel sentire quel numero.

Victor...

«Io invece sono a centrocampo con la nove, sono la regista della nostra squadra» mi mordo il labbro inferiore puntando lo sguardo per terra, tutto ciò che sta dicendo mi ricorda terribilmente la Raimon. «Quindi tu hai la numero sette, giusto?» annuisco  senza dirle nulla, questa ragazza è così tanto perspicace che mi ricorda Riccardo, «Stai pensando alla tua vecchia squadra?» mi chide lasciandomi di stucco.

Questa è più intelligente di Riccardo, altro che se lo è...

«Lo so che all'inizio è difficile, nuovo paese, cultura diversa, nuovi compagni e nostalgia per la tua città che va e viene. Ma vedrai che dopo un po' di tempo ti ambienterai benissimo!» esclama guardando suo fratello «Esattamente, vedrai che l'Italia ti piacerà!» continua il castano facendomi l'occhiolino.

Mi sa che il soggiorno in Italia non sarà così male...

|Due cuori in un pallone| Victor BladeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora