Prologo. Equilibri perturbati

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Era un giovedì di inizio giugno quando arrivò a casa nostra Charles Leclerc. Ero seduto all'ombra del ciliegio che abbiamo nel giardino sul retro, con un libro a tenermi compagnia. Il clacson di una macchina mi spinse ad abbandonare la mia attività estiva preferita, ritrovandomi davanti una Ferrari parcheggiata male, così male che parte dei fiori di mia madre erano ormai passati a miglior vita quando me ne resi conto.

Dal lato del guidatore scese un ragazzo, che si tolse gli occhiali da sole in maniera teatrale, sbuffando rumorosamente. Dal lato del passeggero, invece, scese un uomo dai capelli grigi e la corporatura massiccia. Io, con le braccia intrecciate al petto e un'espressione confusa, rimasi a guardare mentre mia madre si affrettava ad andare a salutare.

«Sei davvero cresciuto un sacco!» gli disse prendendogli il viso tra le mani e guardandolo per bene. In effetti, era alto e abbastanza muscoloso, se messo in relazione al mio esile corpo.

«Tu invece sei bella come sempre Luisa», rispose il ragazzo, sorridendo a mia madre. Era arrivato da nemmeno cinque minuti e già le stava leccando il culo. Alzai gli occhi al cielo, sperando che nessuno se ne accorgesse.

«Ti ricordi di Daniele?», chiese mia madre indicandomi. Solo in quel momento Charles si accorse di me; mi diede un'occhiata veloce ed io feci un sorriso sforzato.

«In realtà no», disse. Bene, perfetto, fantastico, e chi se ne frega?!

«Beh, avrete tempo per ricordarvi di quando giocavate insieme», intervenne lei. Trovai le sue parole spiritose, perché pensava davvero che io avrei passato il mio tempo con lui. 

«Luisa, ti sono infinitamente grato per quello che stai facendo», fece sapere l'uomo che aveva accompagnato Charles, tirando fuori dalla macchina un borsone e appoggiandolo vicino alla porta di casa.

«Dani, fai fare a Charles un giro della casa e mostragli la sua camera», disse mia madre. La guardai contrariato, cedendo però quando mi sorrise dolcemente. Non riuscivo mai a dirle di no, non quando i suoi occhi brillavano in quel modo. 

Charles mi venne dietro, lasciando però prima un'occhiataccia all'uomo dai capelli grigi. 

«Charles, le chiavi», gli disse. Lui si fermò, tirò fuori le chiavi dalla tasca e le guardò per un secondo prima di lanciarle, quasi con cattiveria.

«Se me la righi, ti rovino!», fece sapere e con passo svelto andò su per le scale. Lo seguii, riuscendo però a sentire alcune frasi di mia madre: "Povero ragazzo, è sconvolto. Prova a capirlo, ha appena perso suo padre" e "Sono molto affezionata ai Leclerc, mi prenderò cura di lui".

«Questo letto è duro», si lamentò Charles non appena entrammo in quella che sarebbe stata la sua stanza da letto, quella vicino alla mia. Per mia somma gioia!

«Avresti potuto semplicemente evitare di farti beccare mentre guidavi in stato di ebrezza, partecipare a meno festini e non far venire un esaurimento a tua madre, scommetto che adesso saresti nel tuo letto king size», risposi.

«No, adesso sarei a fare le prime conferenze stampa», rispose rimando con lo sguardo fisso sul soffitto. «Di positivo c'è che Baku mi ha sempre fatto schifo come circuito, meglio non esserci!»

«Comunque, le lenzuola sono sulla scrivania. Fatti il letto!» tagliai corto, uscendo dalla stanza e sbattendomi la porta alle spalle. 

Sarebbe stata una lunga estate!

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Angolo autrice: Stanotte mi sono sognata la scena centrale di questa storia. Stamattina le mani andavano da sole sulla tastiera. Soooo...nuova storia su Charles. Completamente diversa da Scintille, tranne per il fatto che è sempre tutto molto gaiooooo.

Non so bene dove mi porterà questa storia, considerando che sto scrivendo cose totalmente a caso ultimamente (come credo un po' tutti). Comunque, fatemi sapere cosa ne pensate.

Un bacio,

Ale.

Serendipity in Love || Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora