-Selena?! Selena dai non fare cosí è solo un amico- 'solo un amico' questa la frase pronunciata dal ragazzo blu davanti a me, il quale ora sta cercando di calmare la sua ragazza, ingelositasi per un nonnulla come suo solito. Questa volta, però, il problema pare essere io. Non riesco a non pensare a quanto, quella ragazza, non sia altro che un'abietta stronzetta. Si adombra per ogni minima cosa, per non parlare dei suoi attacchi di gelosia. Non posso nemmeno avvicinarmi ad Alex che subito questa gli sbraita addosso nonostante lui abbia provato a farle capire, piú volte, che non gli piacciono per niente i maschi. Un'altra pugnalata al cuore, questa consapevolezza. Alex ha ribadito parecchie volte all'intero gruppo che non vorrá mai avere niente a che fare con gli uomini in quel senso semplicemente perché non ne prova attrazione, sfatando, cosí, ogni mito o specie di ship si fosse creata tra lui e i suoi amici. Zittendo persino tutte le battute di cattivo gusto sui suoi gusti sessuali. Rimango immobile al centro della stanza mentre le sue parole mi rimbombano, imperterrite, in testa. 'solo un amico' continuano, con quel tono chiaritore e deridente a martellarmi la mente, sfregiandola di luciditá e limpidezza. La vista si appanna, annebbiata da un sottile strato di lacrime. Gli occhi mi bruciano e le orecchie fischiano, tutti questi borbottii mi danno alla testa, ora capisco cosa prova Lyon quando, senza neanche accorgermene, mi capita di bofonchiare. Non lo farò mai piú. Scusa Lyon.... La voce nel mio cervello si fa piú profonda e intensa assumendo un tono quasi inquietante. Nonostante sia da solo in questa stanza completamente vuota e spaziosa mi manca l'aria. Sento come se qualcuno mi stringesse forte per il collo, strangolandomi e impedendomi di respirare come si deve. Pare di essere nello spazio, senza un casco a donarmi protezione e ossigeno. Il velo cristallino che rivestiva i miei occhi si infittisce impedendomi completamente di vedere. Porto i palmi a coppa sulle orecchie per coprirle, sperando che le voci smettano di urlarmi impetuose nei timpani, me li stanno bucando con la potenza dei loro gridi. Ma non serve a nulla, il rumore viene da dentro il mio cervello non dall'esterno, d'altronde sono solo in questa stanza lugubre e tetra. Le voci, infatti, non si attutiscono anzi si concentrano ancora di piú sui miei timpani spezzandoli definitivamente. È un attimo per accorgermene, un attimo per realizzarlo, un attimo, anche, per sentire un dolore, travolgente come un'onda, nel punto della chiocciola. Fiotti di sangue, scarlatto, premono per uscire, sbattendo contro le mie mani che ostacolano il loro corso all'infuori delle mie orecchie. Scopro, lesto, i miei organi sensoriali, che oramai penso abbiano cessato di funzionare, con un movimento rapido e osservo tutto il sangue, fibroso, sul terreno. Ne continua a colare, di quel liquido caldo e denso, dai buchi disfunzionali ai lati del mio capo. Mi gira tutto, non riesco nemmeno a rimanere in piedi. Mi accascio al suolo angosciato, le ginocchia mi dolgono con la forza con cui mi ci sono scaraventato. Lacrime, copiose, iniziano solcarmi le guance, logorandole. Guardo, per quel poco che la vista offuscata mi permette, il rosso sul pavimento. Veri e propri grumi di sangue mi accerchiano, rabbrividisco turbato e inquietato allo stesso tempo. Urlo disperato, nella speranza che qualcuno mi senta, permettendo alle lacrime di entrarmi in gola, strozzandomi. Sento come un fiume salmastro scorrere sulla mia lingua e sfiorarmi l'ugola. Comincio a tossire, cercando di sputare quei pezzi di cristalli liquefatti usciti dalle mie congiuntive. Riesco ad espettorarne una buona quantitá, che si va a mischiare con tutto il sangue sul pavimento, nonostante ne ingoia la rimanente parte. Litri, di quel fiume salmastro che i miei occhi continuano a rigettare. Scruto la stanza intorno a me e vedo solo atro, l'unico colore che percepisco è il rosso sulle travi della camera, schiarito dall'azzurrino delle lacrime. Tutto quello che riesco a pensare è che io sia impazzito. No, non è fisicamente possibile che mi stia succedendo tutto ciò. Ma chi lo sa, magari è vero e sono solo io che voglio rinnegarlo. È una lotta continua con la poca luciditá che mi è rimasta e l'opacità che c'è nel mio cervello, la stessa che ora regna nella mia mente. Cosa che mi fa pensare abbia ragione lei. Questa guerra porta solo ancora piú confusione e un forte mal di testa. Mi massaggio le tempie, non sapendo piú cosa fare. Il mio corpo è continuamente percosso da spasmi, mentre dalla mia gola escono striduli singhiozzi disperati. Le ginocchia mi fanno male, credo ci si siano formati dei lividi e di certo il fatto di strusciarle ancora di piú sul terreno non aiuta per niente. Gli occhi bruciano e la mente é confusa. La mia bocca è ancora consumata da quel gusto salato e disgustoso, forse per questo è cosí secca, o forse è solo a causa del pianto. Per la vista ormai vi ho perso la speranza, aspetterò che le lacrime finiscano. Non sento piú le orecchie, nemmeno a toccarle. Non so se sia un bene o meno. Credo, anche, di non essere piú capace di udire suoni o rumori e il sangue che mi accerchia ne è la prova. Tuttavia, niente di tutto questo può surclassare ciò che provo adesso all'altezza del petto. Un dolore indescrivibile al cuore, che ora come ora pare una tenaglia. Una trappola per orsi, dove io ci sono, stupidamente, andato a finire e che ora mi travaglia la caviglia, costringendomi lí, immobile. Non è altro che l'amore quel calappio.... d'altronde se ci si riflette sú è proprio cosí che funziona. Apparentemente sembra una bella sensazione. Ti riscalda donandoti caldo quando fuori fa freddo, ti dora facendoti sentire prezioso come il platino, ti dá serenitá e tranquillitá anche nei peggiori momenti di ansia, ti fa sognare, illudendoti di mille pensieri felici dai contorni rosei e vaporosi, tipici aggettivi usati per descrivere quel fesso sentimento che ha come lettera iniziale la A. Ma alla prima mossa errata, ti ritrovi imprigionato nella trappola, che stringe, forte, fino a farti sanguinare il cuore. Diventi un automa, in preda alla depressione piú totale mentre versi lacrime su lacrime, detestando quel sentimento che fino a soli pochi giorni prima ti faceva sentire come una divinitá. Vivere sull'olimpo non era cosí male fino a quando non ti hanno tagliato le ali, facendoti schiantare al suolo, nel mondo dei comuni mortali. Ed è lí che inizia a fare male tutto per l'impatto, violento, dell'urto. Come un campo minato, in cui devi fare attenzione a muoverti e al primo passo falso.. Boom il cuore va in frantumi e non è mai facile richiudere le ferite. Rimettere insieme i pezzi richiede dieci volte il tempo che serve per crollare. Batte piano, quella pompa vermiglia posizionata al centro del torace, quello stesso muscolo che dovrebbe donarmi vitalità, distribuire sangue agli arti, far funzionare l'intero organismo. Ma che ora non serve piú a nulla, ha perso valore. Penso che se mai dovessero uccidermi per avere i miei organi, sarebbe solo un'inutile spreco di tempo e un'altra insulsa macchia nera in piú sul curriculum. Non ricaverebbero molto vendendoli, le mie orecchie, rigate di rivoli carmini, non funzionano piú, gli occhi sono rossi e gonfi, nessuno li vorrebbe. La lingua è stata corrosa dal sale del mare cristallino che gli occhi mi hanno rigettato, violenti, in gola. Il cervello è come una noce aperta in due la quale, vedendo com'era cariata, hanno lasciato lí a marcire. Il naso non percepisce piú odori, troppo pieno di muco quale è. Sembra che qualcuno mi abbia stritolato i polmoni, impedendogli di funzionare. Tutti gli altri organi hanno ingerito quel liquido corrosivo che, ora, continua a rigare le mie guance. E poi c'è il cuore... lui è proprio morto, appassito come un fiore al gelo. L'estate è passata ed è arrivato l'inverno, portando con sé il vento freddo che ora mi accarezza la pelle, provocando brividi su tutto il mio corpo. È cosí che mi sento, con l'inverno dentro e la neve a ricamare i miei contorni. Tutto solo al gelo, abbandonato al silenzio totale. Alex afferra la fidanzata per le spalle, pregandola di rimanere, ma questa si divincola alla sua stretta forte, scaraventandosi contro la porta. Esce, pestando il terreno ad ogni passo che compie. Il bluaceo fa ricadere le braccia sui fianchi per poi allontanarsi dall'uscio, sconsolato. Fa per venire nella mia direzione e quando mi vede indietreggia di un balzo, sorpreso. Slanciato e agile come un gatto. Si china di fronte a me e mi prende il mento con due dita, facendomi alzare la sguardo verso di lui. Lo osservo in viso, asciugandomi le lacrime con le maniche della felpa. Le orecchie ripiegate su se stesse, la coda ancora ritta per lo spavento di prima, le sopracciglia sfiorano le palpebre, contorcendo l'intero volto in una espressione preoccupata. Questo mi fa tornare quel briciolo di speranza di cui ormai la mia anima è priva. Si preoccupa davvero per me?! Mi fa una domanda che però non sento, vedendo che non rispondo la ripete, questa volta, a giudicare dal movimento della sua bocca, urla. È chiaramente allarmato per me, tanto da essere preso dal panico per la mia assenza spirituale e per il silenzio che segue le sue innumerevoli domande. Non capisci che sono diventato sordo per te? Vorrei rassicurarlo ma le parole mi muoiono in gola ancora prima che io possa pronunciarle. Mi manca di nuovo il fiato, per cui respiro affannosamente, cosa che lo fa solo preoccupare ancora di piú. Perché io infondo so che Alex è una persona di immensa premura e bontá, contrariamente a quello che enunciano tutti gli altri. Dicono che sono gli occhi da innamorato a farmi vedere quel gatto blu sotto questa prospettiva, che in realtá non è cosí dolce come lo vedo io anzi, spesso, a quanto asseriscono, è acido nei confronti di chiunque e, inoltre, uno dei pochi a permettersi di rispondere a tono a Lyon, cioè.. a LYON. Ma io lo amo e non posso trovare difetti in lui. Continua a guardarmi, con quella sua espressione premurosa e al contempo preoccupata, stampata in faccia. Non gliela vedo spesso addosso quella estrinsecazione, cosa che mi fa andare di matto. Vuol dire che ci tiene a me, d'altronde me l'ha riservata discrete volte la smorfia dolce e rassicurante che, ogni tanto, orna anche il suo viso. Ripenso a tutti i bei momenti passati insieme, chiudendo gli occhi e beandomi del tepore che emanano le sue mani al contatto con le mie guance. Mi stringe in un abbraccio forte, che io mi affretto a ricambiare. Sento il mio cuore, che prima credevo andato per sempre, pulsare rubesto contro la gabbia toracica. Vorrei urlare dalla felicitá fino a sgolarmi, nonostante la mia bocca sia secchissima e le parole mi si incastrano in gola, formando come un nodo all'altezza dell'epiglottide. Ora non c'è piú bisogno che si chiuda per impedire il passaggio del cibo, tanto c'è quel nodo, intessuto di parole mai nominate, a bloccare il guado del bolo. Tanto morirei comunque, impedendo sia ad aria che cibo di passare, quindi ora anche quella è diventata inutile. Si stacca da me e mi fissa con uno sguardo penetrante dritto negli occhi. Le sue iridi sono segnate da stelle chiare e trasparenti, incastonate nei suoi occhi e che non riesce ad eiettare. Rimangono lí, a pungergli gli occhi fino a farglieli diventare lucidi. Le congiuntive si preparano a secernere quei cristalli liquefatti che ora sembrano essersi congiunti, formando mirifiche stelle azzurrine in mezzo a tutto quella gedanite che gli rinfranca la sclera. Le pupille appuntite come spilli. Le orecchie, villose, rimangono nascoste dietro ai capelli di zaffiro. Apre la bocca per parlare, mostrando due perfette file di madreperla bianche. Le punte dei capelli, color cianite, gli accarezzano la pelle di selenite. È un'iridata accozzaglia di pietre preziose, Alex. Preziose come lui. Lo vedi che effetto mi fai? Mi dice qualcosa che però non capisco, dato che ormai il mio udito è andato per sempre. Questo sembra renderlo nervoso. Mi prende in braccio e mi porta in camera. Mi butta di peso sul letto. Il tonfo sembra sbloccarmi le orecchie, che, infatti, udono la frase che subito dopo pronuncia:- Chiamami quando avrai finito di fare il bambino, Giorgio... è arrivata l'ora di crescere che ne dici amico? - poi se ne va, lasciandomi solo con quella risposta a rimbalzarmi in testa. No, ti prego un'altra volta no!! Mi copro, lesto, le orecchie, cercando di coprire le voci nella mia testa, mentre continuo ad urlare disperato e a scalciare come un matto. Sembro quasi una belva, un cane idrofobo. Quelle cinque lettere non fanno che essere protagoniste della mia giornata. Amico. Forse avevano ragione, gli altri, a dire che Alex non è capace di donare sicurezza e amore. Quell'unica fiammella di speranza che prima strinava, senza sosta, ora si è spenta, lasciando che il buio prenda il sopravvento nel mio cuore. Sono stato uno stupido a pensare che potesse amarmi davvero, ma tanto lo so che tra qualche giorno tornerò a fare i miei pensieri da crocerossina, perché mi sono perdutamente innamorato. È allora che mi ritornano in mente le parole che, prima, mi hanno fatto rimare tanto male e che ora non sono da meno... 'Solo un amico'
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𝕾𝖔𝖑𝖔 𝖚𝖓 𝖆𝖒𝖎𝖈𝖔 ✰︎ 𝐭𝐡𝐞𝐛𝐚𝐝𝐧𝐚𝐮𝐭𝐬
FanfictionDove Giorgio vorrebbe che la sua amicizia con Alex fosse qualcosa di piú, sogna con gli occhi aperti il loro futuro insieme. Ma poi, ritorna con i piedi per terra ogni qualvolta lo ude dire: "solo un amico". Genere storia: introspettivo Tipologia st...