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Il sole era alto nel cielo, illuminava con i suoi caldi raggi l'intera vallata che ospitava il piccolo paesino, lasciando risplendere le superficie marmoree, testimonianze di un passato lontano e saturo di storia antica.
La vegetazione risplendeva florida, riempiendo di verde e colori pastello i monti che circondavano il borgo.
Il cielo era terso, senza neanche una nuovola a turbarne l'azzurra perfezione: esattamente al contrario di Matteo, che si sentiva il petto saturo di una furiosa tempesta, fatta di fulmini brucianti, tuoni reboanti che accompagnavano i suoi passi verso la destinazione che si era prefissato.

Diego e Claudio si trovavano ancora in città, sua madre e Maryam ero arrabbiate con lui; con Paolo non aveva più rapporti da settimane: perciò si diresse verso casa di Alice, in cerca di solidarietà e aiuto.

La ragazza lo accolse con un sorrisino tirato stampato in volto e quello bastò per fare scattare un campanello d'allarme all'interno della testa del giovane. Alice teneva i capelli malamente stretti in uno chignon legato sulla nuca; il grembiule infarinato e ancora allacciato in vita: sulla guancia di destra, appena sotto lo zigomo, aveva un piccolo sbuffò di farina. Gli occhi scuri si mossero sul corpo del giovane, sulla stanza che la circondava, cercando, con evidente imbarazzo, di sfuggire a un eventuale scambio diretto di sguardi.

-Alice?- la richiamò Matteo preoccupato e l'altra annuì.
-Mi dispiace, ma non ho potuto farne a meno- disse a bassa voce, decidendosi, finalmente, ad alzare gli occhi su di lui, mentre alle sue spalle, da dietro la soglia della porta aperta della cucina, entrava in soggiorno Paolo.
-Sei impazzita?- le domandò Matteo furioso, allontanandosi di un passo da loro. -Mi avete teso una trappola? Che cazzo vi prende?-
-Se sei qui, significa che Maryam è stata da te- disse Paolo, sedendosi sul divanetto a ridosso di una parete, togliendosi il capello della divisa da carabiniere che indossava, grattandosi l'attaccatura dei capelli.
-Sei in servizio?- gli domandò Matteo.
-Che mente acuta- lo canzonò l'altro.

Il giovane batté un piede a terra, sempre più frustrato.
-E il tuo collega?- gli chiese.
-In ufficio, genio- continuò Paolo, senza riuscire ad abbandonare il suo tono ostile.
Matteo prese a mordersi un labbro, rivolgendo uno sguardo di accusa nei confronti di Alice: la giovane alzò gli occhi al soffitto, infastidita, mentre la porta del soggiorno veniva aperta da sua madre.
-Non ora, ma', per favore- le disse la ragazza, invitandola a lasciarli soli. La donna annuì, prima di rendersi conto della presenza di Matteo all'interno della stanza. Indugiò sulla soglia per qualche secondo, senza riuscire a trattenersi nel puntargli contro un dito accusatore.
-Sei contento adesso? Rashid sta a pezzi per colpa tua!- lo accusò e Alice si pose tra i due, putandosi i fianchi con i pugni chiusi.
-Non è affare tuo ma'!- la rimproverò e la donna sembrò non apprezzare affatto l'atteggiamento della figlia.
-Quell'uomo è amico mio, perciò è anche affare mio- ribatté.
-Solo perché nessuno si fa i fatti propri qui- disse Alice e sua madre le rivolse un'occhiataccia, prima di chiudersi la porta della stanza alle spalle.

-Secondo me, sta origliando- borbottò Paolo, calandosi il capello sugli occhi e incrociando le mani sulla pancia, con fare annoiato.
-Finiscila- lo rimproverò la giovane.
-In pratica... lo sanno già tutti- mormorò Matteo, lasciandosi andare pesantemente su di una poltrona, puntandosi le ginocchia con i gomiti, celando il volto dietro le palme delle mani.
-Sì- sussurrò Alice, dispiaciuta.
-Sono stato l'ultimo a cui è stato detto?-
-Che importanza ha?- chiese Paolo, senza muoversi dalla posizione che aveva assunto.
-Non lo so- disse Alice rivolgendosi a Matteo. -Noi abitiamo di fronte ai Damir, non dimenticarlo. Ieri sera le urla di Omar e suo padre hanno riempito tutta la strada. Tutti hanno paura che Omar stia facendo una cazzata, che voglia andarsene da qui seguendo Luca, che neanche conosce davvero, soltanto per allontanarsi da... te-

Come spesso era capitato negli ultimi giorni, Matteo percepì una fitta colpirlo in pieno petto: non voleva che Omar lasciasse il loro paesino, che si allontanasse da lui per sempre e in modo definitivo.
-Dovresti parlare con lui- disse Paolo, interrompendo il silenzio pesante che era calato nella stanza. Alice annuì piano, avvicinandosi all'amico, prendendo posto al suo fianco. Gli poggiò una mano su di una coscia, rivolgendogli un cenno del capo, consapevole che l'altro la stava guardando da sotto il capello, indicandogli in modo inequivocabile Matteo.

Paolo sbuffò e si alzò dal divano, sgranchendosi un po', prima di compiere un paio di passi in direzione dell'altro. Il giovane sollevò gli occhi su di lui con fare cauto, aspettandosi una scenata, una rissa, qualsiasi cosa.
-Non è più un bambino. Decide da solo quello che vuole fare- mormorò Matteo.
-Non si tratta di questo, Mattè. Se lui volesse davvero andarsene da qui, va bene, nessuno avrebbe nulla da dirgli-
-E se fosse davvero così?-
Paolo gli poggiò una mano su di una spalla, sedendosi sui talloni per guardarlo meglio in viso.
Si trovarono tanto vicini come non capitava loro da molto tempo e Matteo si rese conto che qualcosa, in lui, era profondamente mutata: ripensò al periodo in cui aveva creduto di essere innamorato di lui.

Perché? Cosa lo aveva spinto a rimuginare con quei pensieri su di lui?
Poteva essere stata la noia, la mancanza di brividi, la routine sempre uguale, identica giorno per giorno che lo aveva accompagnato con Omar nell'ultimo periodo della loro relazione? Gli era mancato quel pizzico di... Non aveva neanche lui idea di cosa fosse e se davvero qualcosa gli era mancata.

Allontanò l'amico da sé, delicatamente con una mano, ma con fare deciso, senza lasciare alito a dubbi sul suo gesto. Paolo sembrò capire ciò che stava passando per la testa dell'altro in quel momento e sorrise, togliendosi il capello, mettendolo sotto braccio, tornando in posizione eretta.
-Devi parlare con Omar- disse di nuovo, quella volta ancora più convinto delle sue parole.
-Non mi ascolterà- mormorò Matteo, poggiandosi una mano contro la fronte, come a volere dare sostegno e conforto al principio di mal di testa che aveva preso a corteggiarlo.

-Io credo di sì- si intromise Alice.
-Lo credo anch'io- ribadì Paolo.
-Forse non vi è chiara la situazione in cui mi trovo. L'ho lasciato, lui si è messo con Luca. Perché dovrebbe prestarmi ascolto?-
I due amici si scambiarono uno sguardo, evidentemente stupidi dal fatto che l'altro sembrasse non vedere ciò che si nascondeva dietro le sue stesse parole.
-Ancora non vi siete chiariti- disse Alice.
-Cosa?!- sbottò Matteo, alzandosi dalla poltrona, accompagnando le sue successive parole con gesti agitati delle mani. -Ci siamo lasciati! L'ho lasciato! Ha incassato e se n'è andato-
-Appunto- disse Paolo.
-Non capisco...-
-E davvero...- lo interruppe l'amico. -... non mi capacito di come tu non riesca a vedere più in là del tuo naso. Omar ha incassato il colpo e ha agito secondo il tuo volere. Non ti ha insultato né ha fatto scenate-
-Perché non è mai stato un tipo melodrammatico come te- ribatté Matteo.

Paolo prese ad accarezzarsi il corto pizzetto che gli incorniciava il mento, con fare pensoso. Avrebbe voluto urlare, inveire contro il suo amico nella speranza che la sua mente si aprisse all'evidenza. Era convinto che tutto quello che stava facendo Omar avesse un suo, perverso perché. Da quando avevano litigato, tra di loro si parlavano poco, proprio perché il carabiniere si era convinto che l'altro avesse svelato il suo inganno, decidendo di stargli lontano, al fine di nascondersi ancora per un po' in attesa di...
Oppure, stava fraintendendo tutto?
Era cresciuto con tutti loro, credeva di conoscere bene i suoi amici, infatti si era accorto presto della sbandata di Matteo: che stesse incominciando a prendere cantonate proprio in quel momento e proprio riguardo il suo migliore amico? Sperava di no.

-Se c'è qualcuno che può convincerlo a restare, quello sei tu- disse Paolo e Matteo si lasciò sfuggire una risata sprezzante.
-Quel potere, se così si può definire, ormai appartiene a Luca-
-Allora sei proprio cretino- sbottò il giovane.
-Così non lo aiuti, Paolo- lo rimproverò Alice. Il carabiniere scosse la testa.
-Benissimo. Puoi fidarti di me?- chiese con tono sprezzante, rivolgendosi a Matteo.
-Sei serio?-
-Io ti conosco, Mattè e conosco Omar-
-Appunto, quindi dovresti sapere che non servirà a nulla-

Paolo si lasciò sfuggire un grugnito. Alice cercò di calmarlo, poggiandogli una mano sul petto.
-Allora sai che ti dico?! Che fa bene ad andarsene da qui! Quando tu sei così deficente da non renderti conto che ti ama ancora!-
-Sta con Luca!-
-L'ha fatto per farti ingelosire!-
-Te l'ha detto lui?- a quella domanda Paolo si morse un labbro: avrebbe dovuto mentirgli? Sapeva di avere già perso quell'opportunità, rifugiandosi in quel silenzio di pochi secondi, uscendo fuori dalla propria normalità. Sapeva che Matteo aveva già letto nel suo silenzio la risposta alla propria domanda, infatti lo vide scuotere la testa, allontanandosi da loro.

-Non puoi obbligare le persone ad agire come se fossero i tuoi cazzo di burattini. Arrivi, fai, disfai e rompi le palle perché tutti non stanno sull'attenti, pronti ad agire secondo i tuoi ordini. Io non parlerò con Omar. Quello che avevo da dirgli gliel'ho detto quando ci siamo lasciati. Se lui vuole parlare con me, liberarsi la coscienza prima di scappare via con il suo cazzo di amante, sa dove trovarmi- detto quello mandò entrambi a quel paese e uscì da casa di Alice, con il cuore pesante.

UNSETTLED ~ Storia di amori e gelosieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora