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Dopo la sera di San Valentino non accadde nulla tra i due.
Kirishima passava il tempo con la testa sospesa tra le nuvole, a ripensare a quei momenti di felicità che aveva assaporato, ma ogni volta che arrivava al momento piccante, si imporporava, combinando un disastro dietro l'altro.
Le ripetizioni di matematica procedevano a rilento, ritrovandosi ad osservare il viso del biondo mentre gli parlava e perdendo i pezzi delle spiegazioni.
Oppure al bar versava nei bicchieri fin oltre l'orlo, sbagliava la quantità degli ingredienti o si tagliava con l'ennesimo bicchiere rotto.
Doveva organizzare un'altra cena per rivivere quelle emozioni?
E soprattutto per svegliarsi tra le braccia del suo amato?
Non sarebbe tornato in quel negozio: lo avrebbero scambiato per un ninfomane!
Inoltre sembrava che a Bakugou non gli importasse: non menzionava nulla o nemmeno faceva battutine maliziose.
Anche se, riflettendo, era raro che facesse tutto ciò.
Passò quindi anche la terza settimana, senza trovare una scusa per invitarlo nuovamente da lui.
Aveva scoperto che unirsi alla persona amata, era la cosa più bella che esistesse, ma non voleva nemmeno che il ragazzo pensasse che ora era interessato a lui solo per quello.
Un pomeriggio prese il coraggio a due mani: attese il momento di pausa nelle ripetizioni e si sedette posando sul tavolino la merenda.
"Qual è la prossima festività?" domandò fermandosi di colpo: chiederlo così sembrava infantile.
"Nel senso che mi piacerebbe invitarti di nuovo qui a cena, ma non vorrei che poi diventasse un'abitudine e tu ti stancassi di me. Quindi ho pensato che potrebbe essere utile farlo per un'occasione speciale o San Valentino."
La risata del biondo lo prese in contropiede, fermando quel fiume di frasi senza freno.
"Che problemi ti fai? Non ci dev'essere una festa per invitarmi a cena. O forse vorresti replicare il dessert."
Il cervello si spense davanti a quel ghigno ferino e quell'ultima frase.
"No!" cercò di rispondere imbarazzato, alimentando le risate dell'altro.
Finì con il lasciar perdere il discorso, riprendendo con un leggero broncio gli esercizi con le disequazioni.
Sembrava complicato spiegarsi: non era mai stato fidanzato, quindi per lui era tutto nuovo.
Possibile che l'altro non capisse? O si divertiva a vederlo impacciato?
Non menzionarono l'argomento nemmeno per la settimana successiva, ritrovandosi una sera davanti al bancone, esausti per la serata movimentata, a sorseggiare un cocktail.
"Si chiama BloodyMary." gli disse il biondo porgendo il drink al rosso.
"Sai veramente far tutto!" gli rispose vedendo l'altro gonfiarsi d'orgoglio.
Forse era un po' troppo carico di alcol, la testa prese a girargli vorticosamente.
Si sentì sollevato da terra, come se stesse volando e vedeva il pavimento scorrere sotto di sé.
Udiva anche degli improperi per essersi fatto mettere al tappeto da un cocktail del genere e che non doveva berlo così velocemente.
Sorrise.
"Almeno mi stai portando sulle spalle. Pensavo non volessi più avere nessun contatto fisico con me da quella sera."
Quando aprì gli occhi, un dolore lancinante alla testa gli fece fare una smorfia.
Si trovava nel suo letto, con il pigiama indosso.
Non ricordò molto bene come ci fosse arrivato e nemmeno il momento in cui si era cambiato.
La suoneria del telefono lo fece imprecare per il volume assordante e si sporse a rispondere.
Scoppiò a ridere al racconto del biondo su tutte le cavolate che aveva detto, mentre lo portava in spalla.
"E comunque, Capelli di Merda, il mio compleanno è il 20 aprile."
Ci accigliò e restò in silenzio.
Perché glielo stava dicendo?
"Volevi una data? E ora vedi di muoverti ad alzarti che in palestra non ci aspettano."
Una data? Per cosa?
Si alzò e andò in bagno a farsi una doccia.
Comprese solo davanti all'entrata della palestra a cosa servisse quella data: un'occasione.
Sorridendo entrò nello spogliatoio, salutando allegramente il biondo e prendendo a cambiarsi.
Ci mise più allegria del solito, ma sembrava che tutto stesse finalmente filando liscio: non un disastro.
Anche le ripetizioni andarono meglio del previsto e al bar tutti i bicchieri arrivarono interi alla fine del turno.
Gli avrebbe organizzato una giornata con i fiocchi: magari lo avrebbe invitato al Luna Park, poi al ristorante.
Se avesse avuto voglia, poteva fermarsi a dormire da lui, ma quello sarebbe stato un altro appuntamento da non dimenticare.
Un compleanno speciale.
Stavano tornando tranquillamente verso casa, aveva anche preso coraggio e aveva unito la sua mano con quella del biondo.
Anche quel contatto era bellissimo: sembrava che il tepore di quella mano risalisse fino a pervadergli il corpo di un calore protettivo.
Un suono sinistro, urla, il freddo alla mano.
Un attimo prima stavano attraversando la strada e adesso vedeva sfocato.
"Ragazzo, tutto bene? Come ti chiami?"
Non riuscì a rispondere, spostando leggermente la testa e vedendo il biondo caricato su una barella.
Spostava gli occhi per il soffitto bianco, un pungente odore di disinfettante gli invase le narici, e dolori in qualsiasi parte del corpo.
Un medico si affacciò nel suo campo visivo, sorridendo in modo rassicurante, mentre lo visitava.
"Siete stati fortunati: entrambi non avrete danni permanenti e solo qualche arto rotto. Un paio di settimane e potrete uscire."
"Cos'è successo?" domandò flebile.
"C'è stata un'esplosione in una casa. Probabilmente una fuga di gas da una vecchia caldaia."
"Lui sta bene?"
"Non so come si comportava prima, ma sbraita dicendo che qui non ci vuole stare perché ha ben altro da fare, ma a parte una gamba ingessata, sta bene."
Non riuscì a trattenere un sospiro di sollievo.
"Nel pomeriggio potrai andare a trovarlo in camera, ma evitate gli schiamazzi."
Con l'ausilio di una stampella e il braccio sollevato da una fascia, si avviò lentamente verso la stanza indicata.
Goffamente fece capolino, facendo scoppiare a ridere il biondo non appena lo vide.
"Vuoi una benda in più?"
"Ehi! Non è colpa mia! Almeno io posso camminare." borbottò mettendo la stampella contro il muro e sedendosi sul materasso accanto al ragazzo.
"Stai... bene?"
Ottenne un mugugno in risposta e lo osservò con la coda dell'occhio.
No, non stava bene: aveva lo sguardo irritato, più del solito.
"Beh, almeno potrò portarti al Luna Park il 20 aprile."
"E mi comprerai lo zucchero filato."
"Va bene."
"E mi obbedirai come solo un umile servo può fare."
Ridacchiò ed annuì anche a quel capriccio.
Si sporse appoggiando la testa sulla sua spalla.
"Siamo vivi."
"Già, ma non iniziare a piangere come una ragazzina."
Troppo tardi: lo spavento che gli fosse successo qualcosa gli aveva fatto contorcere lo stomaco in una stretta morsa.
"Ma tu guarda." sospirò il biondo, prendendo ad accarezzare la chioma rossa.

Sunshine [Bakushima]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora