47. A Night To Remember

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LUKE

«Wow Hemmings! Che eleganza» avevo ritrovato qualcosa di decente nell'armadio e sembrava di essere tornato negli anni cinquanta. Passai le mani tra i capelli e afferrai la giacca e il telefono.
«Sembri l'omino del Monopoli amico mio» lo presi in giro, mentre uscivamo dall'appartamento e aspettavamo che l'ascensore si aprisse.
«Per una volta che sono elegante osi interferire con la mia persona? È scortese da parte sua signorino Lucas» mi prese in giro Monopoli mentre entravamo nell'ascensore. Un amico normale mai nella vita.
«Sembri Pierre in questo momento. Comunque, parlando di cose serie» cambiai discorso uscendo dall'ascensore e dall'edificio, seguito da Michael.
«Giusto! Allora, i regali di natale?» mi domandò, iniziando a camminare al mio fianco per raggiungere Villa Sosa. Mancavano circa tre quarti d'ora al ballo scolastico, e avevamo deciso di fare due passi e paralre di questioni maschili. Dovevamo fermarci anche dal fioraio sotto casa e prendere i corsage da polso per le ragazze. Avevo ordinato una semplice orchidea bianca, ricordando quanto piacessero a Lena quei fiori delicati. La rosa era un qualcosa di scontato e, anche se era il suoo fiore preferito, decisi di ritornare indietro di qualche mese e alle orchidee. Spero che si ricordi anche di quel momento che abbiamo avuto, ma in caso contrario non mi sarei arrabbiato.
«Nel condotto di areazione» era da due giorni che Lena e Crystal non dormivano a casa nostra. La bruna aveva chiesto all'amica psicopatica di rimanere con lei per il periodo natalizio, fino al ventisei mattina essendo che i giorni precedenti avremo passato le giornate da lei. Natale a Buenos Aires e in casa Sosa, quale altre sorprese avrà in servo la sua famiglia?
«Sei un genio! Dici che alle ragazze sono piaciuti i vestiti?» mi domandò, fermandosi al negozio di Piero ed entrando. Lo seguii e appena il vecchietto ci vide, sorrise e ci diede i corsage. Julian mi aveva chiesto di prendere anche quello per Violet e Fred la boutonnière per Gabriel. Salutammo il vecchio Piero e tornammo a camminare per casa Sosa.

Le strade della città erano illuminate dalle piccole luci dei pali. Non c'era molto traffico e nel mentre della nostra passeggiata, Michael mi parlava dei progetti che aveva dopo il diploma. Voleva andare alla Julliard, un'eccellente conservatorio per chiunque volesse crescere nell'ambito della musica. Un tempo avevamo il nostro quartetto, cantavamo e suonavamo nei locali o alle assemblee scolastiche. Ma purtroppo l'impegno era troppo e ci fermammo due anni fa. Delle volte Michael mi chiedeva di rimettere insieme la band ma io gli dissi che era inutile e che mio padre non mi avrebbe mai fatto fare il cantante per professione. Vedeva suo figlio dietro una scrivania o dentro un tribunale a risolvere casi e difendere gli accusati, e chissà che altro immaginava la sua mente malata.
Arrivammo a casa di Lena e trovai Julian e Fred che aspettavano fuori il cancello. Li salutammo e dammo a loro i regali ai ragazzi.
«Che Dio ce la mandi buona!» commentò il biondo, entrando nel cortile della casa. Che ce la mandi davvero buona.

Due giorni fa eravamo tutti nella stessa barca: sapevamo che le ragazze stessero girando per i negozi e noi da bravi idioti eravamo andati a fare i regali di natale e prendere loro i vestiti per il ballo. Da bravi stalker che eravamo, facemmo molta attenzione a ogni movimento che facevano e ai negozi i quali entravano. Eravamo sempre indiscreti e, appena vidi Lena buttata su una panchina con le due pazze che la guardavano, ne approfittammo per entrare da Pandora. Michael aveva comprato un semplice anello a Crystal, con un diamantino sopra di esso. Era argentato e sarebbe piaciuto tantissimo alla sua ragazza.
Continuammo a spendere soldi come se niente fosse e appena notai che le ragazze erano entrate in un negozio per abiti eleganti mi sentii come se avessi vinto alla lotteria.
Entrammo tranquillamente anche noi e notai con la coda dell'occhio che le ragazze erano ancora nel negozio e si catapultarono dentro quello che doveva essere un camerino, appena ci videro. Quelle tre erano matte da legare.
La commessa cercava in tutti i modi di provarci con me e non potevo non immaginare la faccia di Lena per quello che stava vedendo. Ero sicuro al cento per cento che ci stesse guardando con aria omicida.
Ora ero intento a guardare questa dea argentina con addosso il vestito il quale mi piacque dal primo momento che i miei occhi lo hanno incrociato.
Le fasciava il corpo in maniera mozzafiato. La gonna le ricadeva perfettamente sulle gambe, lasciando intravedere i tacchi che ai miei occhi sembravano scomodi, ma Lena li portava tranquillamente. Lo spacco lasciava scoperta sì e no la gamba destra, e sotto la gonna c'erano un paio di pantaloncini dello stesso tessuto: nero, tempestato di punti luce.
Ma la mia parte preferita era il sopra... Diamine come le stava bene. Era una semplice canotta di seta nera, con la scollatura a triangolo e l'aggancio al collo. Era un qualcosa di illegale e volevo che la fine del ballo arrivasse, in modo da toglierle quel dannato vestito e farla mia.

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