Immagina una finestra affacciata sul vuoto. No, non intendo i tuoi occhi. Intendo la finestra del bagno, quella sempre aperta perché qualcuno si è fatto la doccia.
Immagina che non passi nessuna macchina, al contrario del solito, forse per una crisi planetaria o forse solo per uno strano caso. Dipingi nella tela della tua testa il buio totale dei campi sui quali la tua umile dimora si affaccia, e qualche lampione che lampioneggia sul pendio delle Prealpi, sciommiottando le stelle. Non è che ce ne siano molte di quelle vere, perché è nuvoloso, quindi in fondo al cuore sei grata a quei puntini luminosi che fanno del loro meglio per lasciare alle amiche una serata libera.
Non c'è vento, nemmeno un pochino. Nessuna compagnia che canticchia. Per qualche attimo, nessun cagnolino abbaia e nessun cavallo nitrisce; per il gracchiare delle rane è ancora presto, come per le cicale e i grilli e i pipistrelli, quindi la loro assenza è normale.
Immagina ora di essere cresciuta nella periferia di una città, inizialmente in uno splendido appartamento circondato dalla quiete. Gli anni si sono impilati sulle tua piccole spalle e man mano, la facciata del condominio è ingrigita, la superstrada rialzata - quella oltre la fila di alberelli esili, il ruscello e il misero campo del vecchio scorbutico, quella che si scorgeva d'inverno dalla finestra del vecchio bagno - si è trafficata, il cielo si è spopolato di rondinelle e riempito di aerei, e sono sorti almeno tre altri altri tre condomini come un'infestazione, inarrestabili, in ogni dove.
La tua famiglia è scappata al caos della città - della civiltà - quando avevi dieci anni, rifugiandosi qui, in mezzo al nulla, in un'aria che doveva essere più pulita.
Se la città era diventata un foglio da schizzo sozzo in ogni angolo di carboncino, la campagna corrispondeva ad una pagina vergine, immacolata, così bianca da stordire. Almeno, lo sembrava.
Ricordi lo stupore del silenzio. Ricordi come, stesa sul divano perché il letto della cameretta nuova non era ancora stato consegnato, l'ascoltavi con lo spavento nel cuore. Ripensando all'invidia manifestata dai parenti, ti eri impegnata a godere di quel dono, senza rimpiangere neanche un attimo i decibel in mezzo ai quali sei diventata adolescente; solo che non ci sei mai riuscita, e per dormire hai dovuto ricorrere a cuffie e auricolari. Da nove anni ormai non ti addormenti con la pioggia nelle orecchie, e forse non ne sarai mai più capace.
Nel frattempo sei diventata grande: le tue orecchie, durante il giorno, si sono abituate a questa calma. Quindi riesci a tenderle a quel paesaggio che vorrebbe essere naturale, affacciata su quel gelo che tira ancora, le mani sul davanzale, i capelli sul viso.
Puoi finalmente accorgerti che non c'è più traccia di alcun silenzio.
Non ci avevi mai fatto caso; ambulanza, macchina, camion, cane, pollame, selvaggina, pioggia, vento sono il modo della Natura di nascondere il suo vero rumore.
Senti distintamente un mormorio ingiustificabile. Come se la terra avesse mal di pancia.
Stavolta non c'è alcuna macchina che striscia gli pneumatici su quel provinciale, lo vedi benissimo. Non c'è letteralmente anima viva nel raggio di chilometri. Non ci sono aerei in volo perché sono tutti fermi; ma è come se qualcosa si lamentasse, da lontano, forse nel profondo di te, forse nel profondo del paesaggio stesso.Se Dio si ricordasse di spegnere la sua consolle quando non la usa, la bolletta gli costerebbe meno. Si stufa di giocare con la Via Lattea, si sposta altrove, ma lascia che la situazione evolva da sola. Poi quando e se riabbassa lo sguardo su questo livello complesso, ha il coraggio di chiedersi come ha potuto accadere tutto questo caos, già innervosito dal conto altissimo dell'elettricità... Non è tutta colpa nostra, in fondo.
Quella volta che ha messo in start, almeno, si era coscienti che esistesse; ultimamente si pensa che non sia stata un'epoca buia, il Medioevo, ma probabilmente è dovuto solo al fatto che non ci si può più ricordare se la schermata ingrigisca o assuma un colore particolare durante la 'pausa di gioco'. In quei - per noi - secoli l'abbiamo costantemente tenuta sotto osservazione: abbiamo mantenuto la fede, e forse proprio per questo il Signore è ritornato a guidarci. Successivamente pare che troppe rivoluzioni l'abbiano indisposto, forse annoiato, e così ha preferito un concorrente.
Probabilmente ora sta sviluppando qualcosa di simile a questo mondo in Proxima Centauri, ma sia io che tu speriamo che ponderi meglio le sue scelte, di là.
Il disco del Sistema Solare inizia a fare fatica a girare. Quel rumore di sottofondo che giunge ai tuoi timpani devono essere le ventole della consolle, che si sforzano di fare il loro lavoro anche senza il supremo gamer a tenerle pulite. Chissà se Dio tornerà in tempo per non far spegnere tutto, o se un corto circuito lo precederà, e il nostro complicato open-world cesserà finalmente di sprecare la sua energia elettrica.