Capitolo 2

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I due animali, dopo avermi caricato su una spalla, mi hanno buttato dentro una cella, come se fossi una vera criminale. La stanza era buia, scura e viscida. Nell'aria alleggiava uno strano odore di marcio, probabilmente c'erano alcuni corpi in putrefazione, ma non ne ero sicura, l'oscurità che mi avvolgeva non mi faceva capire se le mie idee avevano un fondo di verità. Le sole cose che riuscivo a vedere erano il pavimento sporco e le manette attaccate al muro, suppongo per i prigionieri più irascibili e violenti. Non erano presenti né letti né sporgenze di cemento su cui era possibile riposare. Avrei passato una notte pessima.

Quando non sento più lo sguardo delle guardie reali su di me, mi metto in un angolo e mi stringo le ginocchia al petto, sperando di riscaldarmi un po'. Il freddo che alleggiava in quel luogo era pungente e umido. Tremavo e rimarginavo.

Non avevo ricordi vividi del mio passato, ma nella mia mente aleggiavano ricordi di dieci anni fa, quando ero stata brutalmente sbattuta in orfanotrofio. Pensare alla mia vita però non mi avrebbe di certo allontanato da questo putrido posto.

***

La mattina seguente dei passi mi svegliano dal mio stato di dormiveglia. Mi alzo lentamente e cerco di diventare un tutt'uno con le mura che mi circondano.

Scorgo una donna vestita con un abito azzurro avvicinarsi e guardarmi dura.

"Josephine sono Ingrid, la governante, per il tuo bene, alzati e avvicinati a me, in silenzio." La voce fredda e apatica di quella donna mi sconvolgeva. Come faceva a sapere il mio nome?

Io rimango ferma dove mi trovavo e dai movimenti frenetici delle dita, capisco che si è innervosita. Si avvicina e mi prende i polsi legandomeli con delle fascette di cuoio collegate ad una catena. Ma da dove le ha tirate fuori?

"Ora, seguimi o ti lego pure i piedi." Vedo che si gira per incamminarsi chi sa dove con me al seguito, ma si ferma e si volta verso di me. "Ricordati che io so tutto di questo palazzo, ogni singolo segreto è racchiuso nella mia testa. Stai attenta."

Mi fa risalire delle scale piccole ed anguste, apre una porta e mi ritrovo nello stesso corridoio sfarzoso di ieri. Va a destra, ora a sinistra, poi dritta sempre con me al guinzaglio. Se anche volessi scappare non saprei neanche da dove passare, questo non è un castello, ma un labirinto. Finalmente apre una porta e mi ritrovo in quello che assomiglia ad uno studio medico. Cosa vuole farmi?

Cerco di opporre resistenza, ma con uno strattone mi fa sedere su una strana poltrona. Mi lega le gambe, una distante dall'altra un metro, poi mi toglie le fascette di cuoio e nonostante i miei movimenti frenetici, lega anche le braccia alla sedia. Ora sono completamente alla sua mercè. La guardo impaurita, ma lei ghigna e mormora.

"Il principe Bill sta venendo qui per visitarla, le conviene stare in silenzio e parlare solo quando è interpellata. E da questo momento deve chiamarlo padrone." Mi sorride e si volta.

"Perché?" La mia voce risulta disperata e probabilmente si sente anche tutta la preoccupazione e paura che sto provando.
Lei si volta e mi guarda quasi dispiaciuta.

"Perché loro possono."

***

Dopo un tempo che mi è parso interminabile sento la porta aprirsi. Volgo lo sguardo in quel punto e vedo il signorino fare il suo ingresso trionfale. Alto, spalle larghe, riccioli biondi e profondi occhi blu che mi guardavano vogliosi. Era dannatamente bello, ma anche maledettamente cattivo. Lo vedo quello sguardo, quello affamato e voglioso che di solito avevo io davanti ad un piatto di pasta o dolci.

Si avvicina lentamente e si posiziona seduto in mezzo alle mie gambe. E anche se sotto le mie continue proteste, mi alza la gonna rivelando ai suoi occhi la mia intimità, completamente esposta. La biancheria intima è un lusso che solo i ricchi possono permettersi.
Chiudo gli occhi d cerco di regolarizzare il respiro. Devo rimanere calma, non devo agitarmi.

Prende un barattolo e vedo che si mette una sostanza gelatinosa sulle dita per poi avvicinarle a me e ungermi le labbra.

"Ti prego non farmi del male! -lo vedo fare un ghigno cattivo, così continuo- sono ancora vergine!" Piagnucolo terrorizzata agitando le gambe.

Il suo sguardo si adombra e, dopo avermi dato uno schiaffo, sulla mia intimità sensibile facendomi mugolare dal dolore, prende una pallina legata a due lacci.
"Nessuno ti ha insegnato l'educazione? Oh ma non ti preoccupare, avrai un bravo maestro." Ghigna e mi tappa il naso con le dita, costringendomi di conseguenza ad aprire la bocca. Mi mette quella cosa in bocca e mi lega i due nastrini dietro la testa. Sorride soddisfatto.

"Sei così bella, legata e imbavagliata per me. Dovrei fare un esame con lo speculum, ma se sei davvero illibata, non posso farlo." Sospira e mi osserva assorto. "Eviti l'esame, ma mi accerterò a modo mio."

Si siede di nuovo e vedo una sua mano coperta da un guanto avvicinarsi alle mie labbra divaricandole, poi dopo averci passato la mano sopra, affonda un dito dentro di me. Spalanco gli occhi e una strana sensazione si impossessa di me. È un mix tra piacere e dolore, anche se è proprio quest'ultimo a prevalere. Muove un po' quel dito e poi lo toglie.

"Sei davvero vergine e non sei neanche bagnata, non ti piaccio?" Lo osservo impaurita senza rispondere. "Non ti preoccupare, imparerai presto ad essere una schiava, una brava ed efficiente schiava." Sorride maligno.

Preme un pulsante posizionato alla sua sinistra e, tempo due secondi, compare Ingrid rigida e bacchettona come prima.

"Falle degli esami del sangue e delle urine, verifica che sia sana e poi falle indossare quegli abiti -indica un punto della stanza lontano ai miei occhi- preparala e poi portala nelle mie stanze."

Sorride e mi punta i due lapislazzuli, che si trova al posto degli occhi, addosso.

"Vedrai amore, ci divertiremo tanto tanto insieme."

La schiava del principe Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora