1. Amanda

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E' CON IL CUORE IN MANO CHE VI ANNUNCIO CHE "HIDE AND SEEK" E' DISPONIBILE IN TUTTE LE LIBRERIE IN FORMATO CARTACEO E IN EBOOK NEI VARI STORE ONLINE!!!

GRAZIE A TUTTI VOI LETTORI PER LA FIDUCIA E L'APPOGGIO, SENZA DI VOI TUTTO QUESTO NON SAREBBE MAI SUCCESSO! ❤️

Lascio il primo capitolo così che i più curiosi possano sbirciare dentro la vita di Amy.

AMANDA E NATE VI ASPETTANO IN TUTTE LE LIBRERIEEEEE!!!
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1. AMANDA

"Si papà non ti preoccupare. Scendo il prossimo weekend, promesso. Ho alcuni esami da fare i prossimi giorni e ho bisogno di studiare un po' e sai bene che se torno non riesco a concentrarmi come dovrei." Cercai di giustificarmi al telefono con mio padre, erano mesi che non tornavo a trovarlo e sentivo dal suo tono di voce che era preoccupato per me. "Il prossimo weekend ti voglio qui e non ci saranno scuse che tengano." Mi disse con il suo solito tono scherzoso. "L'anno è quasi finito, scenderò, promesso. E poi lo sai che non potrei mai perdermi il tuo compleanno." Sarebbe stato la settimana dopo e non potevo mancare. Non potevo vederlo, ma dalla sua voce sapevo che stava cercando di mascherare la sua tristezza dietro a un sorriso.  "Sei proprio testarda quando ti ci metti. Ti voglio bene. Scappo che è arrivato Adam. Un bacio." Lo salutai e terminai la chiamata. Mi appoggiai alla parete alle mie spalle e mi portai il telefono al petto sospirando. Odiavo mentire a mio padre, ma confessargli la verità lo avrebbe deluso più di quanto non lo avessi già fatto andandomene di casa.

Era maggio e il vento fresco della primavera mi risvegliò dai miei pensieri ricordandomi che dovevo andare a lezione. Presi il giubbino di jeans, lo zaino e uscii dall'appartamento del campus in cui vivevo. Quando arrivai in classe mi sedetti su uno dei posti liberi nelle ultime file, non ero dell'umore adatto per partecipare attivamente alla lezione. Mi sistemai e per tutta l'ora successiva scarabocchiai la pagina bianca senza nemmeno prendere un appunto. Non potei fare a meno di pensare a mio padre, a chilometri di distanza mentre sorseggiava una birra seduto sulla calda spiaggia della California insieme al suo migliore amico Adam. Avevo scelto di allontanarmi da casa, di abbandonare la sabbia e il mare, avevo sentito l'esigenza di trovare un posto tutto mio. Credevo che inscrivendomi all'università avrei trovato la mia strada, un obiettivo da rincorrere, un sogno per cui lottare, ma la verità era che volevo solo sentirmi libera. Così mi ero iscritta al corso di economia (non so nemmeno per quale motivo avessi scelto proprio quello) e dopo due anni tutto ciò che avevo ottenuto erano dei pessimi voti agli esami, quelli che riuscivo a passare ovviamente, e un enorme senso di solitudine. Avevo creduto davvero che Seattle potesse essere il mio posto, ma ancora mi sentivo estranea, distante, diversa.

Quel giorno faceva particolarmente freddo e il giubbino di jeans che indossavo non mi riparava molto dall'aria gelida. Entrai nella caffetteria vicino a scuola dove ero solita incontrarmi con le mie amiche per un caffè. "Amanda siamo qui!" Sentii dire da una voce angelica alla mia destra. Sedute intorno ad un tavolino c'erano le mie amiche di Seattle: Bianca, Megan e la mia coinquilina Olivia. Appoggiai i libri sul tavolo e le salutai. Dopo poco Leo, il cameriere, mi portò il mio solito caffè macchiato con la polvere di cacao sopra. "Tutto a posto bellezza?" mi chiese porgendomi la tazza e facendomi l'occhiolino. Annuii e sentii le ragazze ridere di sottofondo. "Si può sapere perché ridete?" chiesi alzando un sopracciglio. "Vuoi dirmi che ancora non hai capito che ci sta provando con te?" mi disse Olivia come se fosse un'ovvietà. Guardai le altre ma annuirono tutte in segno di approvazione. "Solo perché è gentile con me, non vuol dire che ci stia provando... e in ogni caso non mi interessa, sapete che ..." Non feci in tempo a finire. "...che non hai tempo per queste cose?! Si lo sappiamo!" dissero completando loro la frase facendomi il verso in coro. Scoppiai a ridere nel vedere la loro reazione. Non credevo di essere così scontata, ma a quanto pare mi conoscevano bene. Il mio telefono si illuminò sul tavolo, era un messaggio di mio padre. Alzai lo sguardo incuriosita dal silenzio che si era creato. Mi stavano guardando tutte con un'espressione preoccupata. "Si può sapere che avete tutte?" chiesi cercando di far sputare loro il rospo. Poi guardai Bianca sapendo che non avrebbe resistito ancora a lungo. "E va bene... siamo preoccupate per te." Disse guardando le altre come per farsi perdonare. "Questo lo vedo, ma non ne avete motivo, sto bene." Cercai di essere il più convincente possibile. "Ormai è parecchio tempo che non torni a casa da tuo padre." "Studi e lavori continuamente. Non ti presenti agli appelli e se lo fai ti ritiri dopo poco." Continuò Megan che svolgeva il mio stesso corso di laurea. "E in più rifiuti ogni serata che ti proponiamo. Sappiamo che hai bisogno di divertirti un po', di staccare la spina e, perché no, uscire con qualcuno." Intervenne Olivia ammiccando rivolgendosi a Leo che stava servendo dei clienti in bancone. Mostrai loro uno sguardo sorpreso, pensavo che la mia noiosa vita passasse inosservata alle mie amiche e invece avevano notato tutto. "Sto bene. Davvero." Riuscii a dire senza guardarle negli occhi. Non ero molto brava a raccontare loro bugie, ma non sarei riuscita a dire loro nemmeno la verità per il semplice fatto che nemmeno io ero a conoscenza di quale fosse. Non sapevo perché stavo così e non potevo dare loro una risposta che non conoscevo. "Fra due settimane è il compleanno di mio padre, non posso mancare, quindi per la vostra gioia tornerò a Seacliff." Le informai. "Questa è una splendida notizia, prima della tua partenza festeggeremo." Disse Bianca entusiasta.

Percorsi la strada di ritorno con Olivia. "Con gli esami come farai?" mi chiese scrutando la mia espressione. "Non lo so, Megan si è offerta di aiutarmi, ma incomincio a credere che anche con il suo supporto non riuscirei a passarli." Sussurrai più a me stessa che a lei. "Sei sicura che è questo quello che vuoi?" la sua voce era gentile e dolce. Ero sicura che volesse approfondire il discorso università, la mia scelta, chiedermi se economia facesse al caso mio. Non era la prima volta che provava ad affrontare l'argomento, ma non avevo voglia di addentrarmi in quella conversazione. "E tu?" le chiesi sapendo che questo l'avrebbe fermata. Ci scambiammo uno sguardo di intesa e per il resto del tragitto non affrontammo più l'argomento. Olivia era una mia cara amica, era nata a Seacliff, e aveva sempre vissuto poco distante dalla casa di mio padre. L'avevo conosciuta all'asilo e come l'inizio di ogni buona amicizia che si rispetti, ci odiavamo. Suo padre era il promotore di numerose ricerche scientifiche e sua madre una famosa biologa. Lei era una ballerina strepitosa, la danza classica era sempre stata la sua vita e il suo grande sogno che non potrà mai realizzare. I suoi genitori le hanno imposto di laurearsi e frequentare una delle più prestigiose università di scienze a Seattle. "Torni a casa con me la settimana prossima?" le chiesi mentre sistemai i libri nella mia camera da letto. "Non credo che i miei genitori saranno a casa, ma sai che non vedo l'ora di vedere la spiaggia." Al contrario di me, lei amava vivere a Seacliff. "Vorrei poter dire lo stesso." Continuai sottovoce in modo che non mi sentisse. "I tuoi fratelli vengono con te?" mi chiese in modo impacciato. Mi affacciai alla porta della mia camera che dava sul piccolo soggiorno. "Quando dirai a Jake che hai una cotta per lui?" le chiesi provocandola. Lei prese un cuscino dal divano e me lo tirò in faccia. "Mai, perché non è vero!" disse arrossendo. "Lo vedo come lo mangi con gli occhi! E poi sarei contentissima di averti come cognata." Scherzai mentre tornai in camera a spogliarmi. Lei si avvicinò e si sedette sul mio letto. "Allora quand'è che smetterai di fare la santarellina e uscirai con qualcuno?" chiese attirando la mia attenzione. "Non c'è nessuno di interessante qui." Risposi semplicemente alzando le spalle. "Sei in un Campus scientifico. Più della metà degli alunni sono maschi e tu credi che non ce ne sia almeno uno di interessante?!" Olivia era insistente quando ci si metteva. "Olivia ti prego, la mia vita è già disastrosa così non ho bisogno di aggiungere problemi amorosi. In ogni caso ora devo muovermi altrimenti farò tardi a lavoro." Lei si alzò, ma prima di uscire dalla mia stanza mi rivolse un'ultima occhiata. "Vivi l'amore come se fosse un problema, un qualcosa da cui scappare. Forse non ti rendi conto che potrebbe essere la tua soluzione." Non sapevo se avesse ragione oppure no, ma decisi di non ascoltarla. Presi la mia borsa e scappai fuori.

Prima di iniziare il mio turno al Blue Eyes ero solita fumarmi una sigaretta. Lavorare in quel locale era l'unica cosa che mi facesse davvero distrarre da tutto ciò che mi accadeva in torno. Era un ristorantino carino e semplice, frequentato da clienti di ogni età anche se erano più o meno abituali e ormai li conoscevo bene. Joseph era il proprietario, un settantenne burbero che aveva da sempre gestito con la moglie quel locale. Il nome stesso era dedicato a lei e ai suoi bellissimi occhi azzurri oceano. Quando venne a mancare l'anno scorso pensammo tutti che avrebbe chiuso il locale, ma quel posto significava molto per entrambi e probabilmente credeva che vendendolo avrebbe perso il ricordo di lei. "Dovresti smetterla di fumare." Mi disse severo mentre passai vicino al bancone. "Lo farò, un giorno." Risposi vaga. Sapevo che sotto a quello strato di severità e arrabbiatura si nascondeva un uomo dolce e premuroso. Mi aveva accolto non appena mi ero trasferita a Seattle due anni  fa e nel corso del tempo ho imparato a conoscerlo. Iniziai il turno servendo parecchi tavoli di famiglie con numerosi bambini, e io non sopportavo i bambini. Odiavo le loro urla, il fatto che corressero dappertutto complicandomi il servizio ai tavoli e odiavo le loro vocine stridule. La mia attenzione fu catturata dalla famiglia che Joseph aveva fatto accomodare al tavolo sette. "Buonasera, avete deciso?" chiesi gentilmente. La famiglia era composta dal padre, due gemelli identici e una piccola bambina bionda. Lui mi sorrise e ordinò per tutti i componenti. Prima che andassi via la bambina mi guardò. "Oggi è il compleanno del mio papà. Puoi fargli gli auguri?" Esultò contenta e orgogliosa. "Tesoro.." il padre cercò impacciato di fermare la figlia. "Non si preoccupi, le auguro tanti auguri." Dissi prima di allontanarmi. Il mio cuore saltò un battito e sentii i miei occhi inumidirsi. Rigettai le lacrime indietro prima che qualcuno potesse accorgersene. Patty, la mia collega si avvicinò a me. "Stai bene?" mi chiese preoccupata. "Si...potresti farmi un favore?" "Certo, dimmi." Mi esordì accarezzandomi il braccio. "Potresti servire tu il tavolo sette?" lei allungò il collo per dare un'occhiata e poi tornò da me. "Nessun problema." Disse sorridendomi comprensiva. Patty aveva qualche anno in più di me ed era la nipote di Joseph. Fin dal primo giorno mi ero trovata molto bene ed era stata lei ad insegnarmi tutto ciò che ora sapevo. Non mi fece alcuna domanda, ma ero certa che avesse capito: quella famiglia era identica alla mia.

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