3. Corri come se stessi inseguendo un proiettile

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Sento qualcosa picchiare sulle mie tempie, tanto da interrompere il mio sonno, ma il dolore alla testa è talmente forte che mi impedisce di aprire gli occhi. Così cerco di essere il più lucida possibile e realizzare che quel suono provenga dalla sveglia. Non è la mia, però. 

Socchiudo le palpebre e metto lentamente a fuoco la stanza. Nemmeno questa sembra appartenere a me. Mi guardo intorno con la testa dolorante e scorgo delle tende blu, decisamente troppo scure per essere della sottoscritta. Il muro è di un colore cupo e spento, vicino al grigio, che demolisce definitivamente ogni speranza di trovarmi nella mia stanza. 

Così decido di alzarmi, attenta a non aumentare il dolore alle tempie. Il letto è coperto da un misero lenzuolo del colore della notte: nero o blu, dipende da come lo si guarda. 

«Ethan?» richiamo mio fratello, tossendo, dopo essermi assicurata di trovarmi nella sua camera da letto, ma il richiamo suona più come una domanda. 

«Non proprio» risponde una voce alle mie spalle, con la stessa carica di tosse. 

«Cosa fai tu qua?» tuono, ma la mia voce risulta di due toni più stridula del solito.

 «Idilliacamente parlando, dormo» risponde malinconico. «Realisticamente parlando, dormivo» sbuffa, affondando la testa nel cuscino con appena troppa veemenza, che gli regala una capocciata nella testiera del letto. 

«E perché io sono qui?» adotto la sua malinconia e penso al mio bel letto, morbido e bianco, pulito e profumato. Ci sono cose che obbiettivamente ti mancano più di altre: chi ha un cane pensi pure a lui, io ho un materasso e due cuscini. 

Thomas non risponde, inclina appena la testa e si massaggia il futuro bernoccolo. Non si sforza nemmeno di parlare, ma sorride e alza un sopracciglio. Tempestivamente, alzo il lenzuolo secco e usurato e mi assicuro di avere ancora indosso il pigiama. «Non abbiamo mica scopato, ma sei scema?» lamenta, con la mano nei capelli e gli occhi al soffitto. 

«Grazie principessa, non si sa mai» tuono ricoprendomi con le lenzuola. Lo faccio con appena troppa irruenza, però, perché nell'afferrarla, lascio lui senza. 

«Basta chiedere» bofonchia, alzandosi scocciato. Niente maglia, i pantaloni ammucchiati fino al polpaccio e i capelli in Uruguay. Mi volto verso la finestra: meno invitante alla vista, ma più piacevole all'udito. «Faccio una doccia, tu vedi di riprenderti un pochino: non ti porto a scuola conciata così.»  

Afferra una maglietta nera appallottolata sul pavimento e si chiude dentro il bagno, lasciandomi spiazzata sul materasso di mio fratello. 

«Nessuno ti ha chiesto di portarmici» ribatto, alzandomi. 

«Era per fare il gentiluomo» spiega in falsetto, al di là della porta. Percepisco l'acqua della doccia che inizia a scorrere e ricordo che sarebbe il caso di farmi una doccia. Se mamma sapesse di pagare le bollette per questo qui, si butterebbe giù dal tetto, direttamente sulla strada. 

«Sei in ritardo di diciassette anni» concludo, ricevendo solo un sospiro in risposta e decido di tornare nella mia stanza. 

Quando la apro, però, il mio letto non è vuoto. «Ethan, che schifo!» l'unica visuale che a me concessa è il fondoschiena nudo di mio fratello, che dorme beato ancorato alla mia amica. 
Il terrore sul mio volto è forse il più autentico della mia vita. Non tanto per la mia migliore amica, piuttosto per il mio letto. «Sei entrato sotto le coperte con i vestiti da esterno... hai sporcato le coperte con le cose del TUO interno e ora ci hai sbavato e sudato sopra.»

«Beth...» biascica lui assonnato. Se c'è una cosa che non tollero (niente che da lui sia sconosciuto) è dormire nello sporco. 

«Sono tua sorella, idiota» bisbiglio, ma lui dorme già.
Così afferro i miei vestiti e mi avvio verso l'altro bagno, sbattendo la porta della mia stanza talmente forte che credo si siano svegliati entrambi. 

Il migliore amico di mio fratelloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora