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Prese posto sulla sua comoda poltrona sprofondandovi poco elegantemente, gettando poi il proprio cellulare alla rinfusa sul tavolo. Davanti alla scrivania lucida ed in perfetto ordine del suo ufficio vi era il suo inseparabile portatile - ancora spento - ed un solo, pesante fascicolo, gelosamente custodito all'interno una cartella color ocra. Jieun ne accarezzò la superficie ruvida per poi portare entrambe le braccia al petto, incrociandole all'altezza del seno. Cominciò così a far girare lentamente la poltrona con l'aiuto delle proprie gambe appoggiando la testa contro il morbido schienale, lasciando che alcuni, dolorosi ricordi prendessero il controllo della sua mente già affaticata dagli eventi della notte precedente.

Tutto aveva iniziato ad andare in pezzi circa cinque anni fa.

Un'altra vita, si ritrovò a pensare, nella quale Jeon Jungkook le aveva chiesto di diventare il suo ragazzo. Avevano deciso di iniziare a frequentarsi dopo l'eccellente conclusione del suo percorso di studi in medicina legale. Lui l'aveva attesa a lungo fuori dalla sala delle proclamazioni, un mazzo di splendidi girasoli tra le mani e la promessa di rimanerle accanto anche una volta che quei fiori fossero appassiti, non solo come compagno di merende e di infinite partite a nascondino, ma come qualcosa di più.

E lei non aveva esitato: si era letteralmente gettata tra quelle braccia - all'epoca non troppo muscolose e soprattutto totalmente prive di tatuaggi - e aveva sancito quella promessa con un delicato bacio a fior di labbra.

Il loro legame era sempre stato un buon mix di emozioni travolgenti e di una chimica che superava di gran lunga quella spiegata nei libri. Ma esattamente come due molecole vicine e attratte l'una dall'altra poste in un ambiente instabile, anche la loro relazione era destinata a scoppiare e prendere una piega che, forse, nessuno dei due avrebbe mai potuto prevedere.

Non erano infatti trascorsi che un paio di mesi dall'inizio della loro storia quando una sera, rientrata a casa dopo uno splendido pomeriggio trascorso tra gli scaffali del negozio dei fratelli Jeon, la giovane Jieun si era ritrovata faccia a faccia contro il volto contrariato di Namjoon per qualcosa che mai avrebbe immaginato lui avesse potuto mettere in discussione.

— Quindi adesso te la fai con Jungkook? —

Avrebbe semplicemente voluto alzarsi da quel tavolo, perchè non sopportava l'idea che suo fratello maggiore potesse davvero pensare di loro in quel modo.

— Nam non hai il diritto di parlare così, Jungkook e Junghyun sono anche amici tuoi, — disse con voce risentita, anche se avrebbe di gran lunga preferito non trovarsi lì di fronte a lui, così impotente e senza aver preparato alcun contraddittorio con cui difendersi.

— Già, finché alla centrale non hanno scoperto che il loro paparino conduceva dei traffici illegali, — l'aveva rimbeccata Namjoon a quel punto, il tono di chi non avrebbe ammesso repliche.

Lo osservò nervosa portarsi quella tazza di tè alle labbra soffiando poi delicatamente sulla superficie piatta prima di riprendere il discorso, cercando in quel modo di ritrovare la calma perduta, — Credimi Jieun, ho provato a cercare anche un solo cavillo per scagionarli, ma da quando loro padre è scomparso sembra che suoi affari siano passati direttamente nelle mani di Junghyun e non tutti hanno accettato con gioia questa decisione, —

— Forse non hai cercato abbastanza Nam.. Ok, Junghyun potrà anche essere poco pulito, ma Jungkook cosa c'entra? — non avrebbe davvero voluto rispondere in maniera così spazientita o mancare di rispetto al lavoro già fin troppo complesso di suo fratello, ma Jieun non sembrava essere disposta a spegnere e buttare al vento la sua relazione, per quanto questa fosse ancora agli albori.

— Proprio non vuoi capire, lui potrebbe anche non c'entrare nulla, ma se qualcuno volesse far loro del male da chi pensi partirebbero? —

Solo dopo essere stata messa all'angolo con quella retorica domanda la giovane Jieun decise di abbassare a sua volta lo sguardo, rivolgendo i propri occhi verso quella tazza di tè ancora fumante che ancora stringeva tra le mani e cercando - per quanto possibile - di evitare di perdersi ad osservare la propria espressione delusa riflessa in quella superficie dalle calde sfumature arancioni.

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