Capitolo 3 - L'Iniziazione -

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Federigo Arrigoni non prese sonno quella notte. Si girava di continuo in quel letto scomodo. Il rapimento lo aveva scosso, non tanto per l'atto in sé ma per le parole di quegli sconosciuti. Perché proprio lui? Il mondo era davvero in pericolo? E se fossero state tutte menzogne? Ma a quale scopo?
Si alzò e andò verso la finestra.
La luna quella sera era coperta dalle nubi e si prospettava l'inizio di un'altra giornata uggiosa.
La sua mente era un mucchio di pensieri e turbamenti e quel cielo cupo alimentava le sue tensioni.
Cosa avrebbe dovuto fare?
La decisione spettava a lui e nessuno doveva venire a sapere di quell'incontro.
Tornò a sedersi sul letto. Si sfregò le mani sul volto sperando di svegliarsi da un brutto sogno e di tornare a vivere la sua umile vita ma la flebile luce della luna che attraversò la sua finestra gli confermò che quella era la realtà. La sua nuova realtà.

L'alba giunse e Federigo non chiuse minimamente occhio quella notte.
Le nuvole coprivano parzialmente il cielo, c'era aria di pioggia anche quel giorno.
I mercati erano pieni di gente e i bambini giocavano festosi nelle piazze.
- "Credetemi, riuscirò a conquistare il cuore di Maria!" disse Bartolomeo.
- "Finiscila, fratello. Maria non è a conoscenza nemmeno della tua esistenza" rispose Niccolò.
Ludovico scoppiò in una fragorosa risata che contagiò anche i due fratelli.
Federigo comparve silenziosamente ai loro occhi.
- "Amico mio, ti stavamo aspettando. Dove eri finito?" chiese Niccolò.
- "O forse dovremmo chiederti con chi.." disse Ludovico ammiccando.
- "Non c'è tempo per l'ironia, dovete venire con me. Subito."
I tre lo guardarono con occhi confusi.
- "Federigo, di cosa stai parlando? " chiese Ludovico.
- "Tutto bene? Hai un faccia.." domandò preoccupato Niccolò, scrutando i suoi occhi.
Calò il gelo tra i quattro.
Federigo si guardò intorno nervosamente. Era schivo, agitato, turbato.
- "Calmati. Che cosa è successo? Puoi fidarti di noi, lo sai." lo rincuorò Bartolomeo.
- "Non c'è tempo per le spiegazioni. Ho bisogno di voi."

I quattro giovani si incamminarono frettolosi per i vicoli. Piccole gocce d'acqua cominciavano a sgretolarsi sul terriccio.
Calò il buio sulla città. Tutti i cittadini tornarono nelle loro case. La giornata si stava concludendo ma non per il gruppo. Per loro era appena cominciata.
Svoltarono in una stradina desolata. Federigo cominciò a rallentare il passo. Si guardò intorno con fare nervoso.
- "Federigo, puoi dirci che diamine sta accadendo?" lo fece tornare in sé Ludovico, con tono molto preoccupato.
Lui non rispose. Si limitò a guardarlo con occhi languidi.
- "Io me ne vado." esordì Niccolò. Esitò per un istante fissando Federigo, poi scosse la testa.
- "Su, forza andiamocene. " concluse.
Si voltarono tutti all'unisono, lasciandosi Federigo alle spalle.
- "Aspettate!" una voce si sprigionò dietro di loro.
I tre si voltarono immediatamente.
- "Per favore.. " continuò lagnando Federigo.
Arezio uscì dall'ombra e poggiò una mano sulla spalla di Federigo.
- "Ancora tu?" disse in cagnesco Niccolò. - "Lasciaci in pace!"
- "Per favore, ascoltate." li supplicò Federigo.
- "Qualcuno può spiegarmi che cosa sta accadendo, per cortesia?" chiese timoroso Bartolomeo.
- "Venite con me e vi spiegherò tutto."
- "Venire con te?" rise stizzito Niccolò. - "Non conosciamo il tuo nome, la tua famiglia, non sappiamo da dove vieni, chi sei.. E noi dovremmo seguirti? Per andare dove? Ci credi così stupidi?" si alterò Niccolò. - "E tu, Federigo, cosa ci fai accanto a quell'uomo? Vi conoscete?"
- "Calmati, ti prego. Seguiteci e Arezio vi spiegherà tutto, non possiamo parlarne qui, sveglieremo tutto il vicinato."
Smisero tutti di parlare. Si udivano soltanto le foglie svolazzare sul terreno. Aveva cominciato a piovere a dirotto ma nessuno si smosse da lì.
Niccolò fissò la figura possente di Federigo. C'era qualcosa di astruso nel suo sguardo e cercò di investigare in quei grandi occhi color nocciola. Si fidava ciecamente del suo amico ma in quel momento sospettava che avesse agito troppo d'istinto e che a qualsiasi cosa stesse andando incontro, non ci fosse stata dietro una lunga e ponderata riflessione. Federigo era una persona istintiva e soprattutto diffidente ma non era uno sprovveduto. Era astuto ed estremamente furbo.
Niccolò non riuscì a capire cosa stesse accadendo in quella circostanza.
- "Fateci strada." interruppe quel silenzio Niccolò, decidendo di approvare la scelta di Federigo.
Niccolò Buonarroti era un ragazzo impavido, esattamente come il suo migliore amico Federigo Arrigoni. Andavano molto d'accordo i due, avevano caratteri molto simili. Federigo era quello intrepido, il sangue freddo. Niccolò era quello cinico, il testardo.
Si fidavano l'uno dell'altro e Niccolò capì subito che Federigo stesse nascondendo qualcosa di importante. Lo conosceva come le sue tasche, più di suo fratello Bartolomeo.
Così decise di seguirlo, perché percepiva un animo turbato. Era troppo misterioso nei suoi confronti, cosa che fino a quel momento non era mai stato. Non lo avrebbe mai abbandonato.
Proseguirono in quel vicolo. Arezio decise di non bendare il resto del gruppo, aveva fiducia in quei ragazzi e credeva nella lealtà che Federigo dimostrò, accettando di entrare nella Confraternita.
Bartolomeo era agitato, ogni passo che avanzava accumulava sempre più preoccupazione. Amava i suoi amici e non li avrebbe mai lasciati. Era il più piccolo del gruppo, aveva solo diciannove anni e imparò molto da ognuno di loro. Per lui erano figure di riferimento. Era un tipo timido, quieto ma con una generosità disarmante. Era la parte sensibile del gruppo probabilmente proprio per la sua tenera età, l'opposto del fratello Niccolò.
- "Dove stiamo andando..? Sussurrò Bartolomeo.
- "Smettila di frignare." eruttò suo fratello.
- "Niccolò calmati, non essere sempre così ignorante. È pur sempre tuo fratello." prese le sue difese Ludovico.
- "Fatti gli affari tuo, Ludovico." ringhiò.
- "Smettetela, per l'amor di Dio! - urlò Federigo voltandosi di scatto verso i suoi amici.
- "Scusatemi.. Io non.." balbettò il fratello minore, mortificato.
- "Calma, siamo quasi arrivati." la voce di Arezio si fece spazio in quel caos di sentimenti.
Il tempo scorreva lento, la strada verso il covo sembrava lontano chilometri per Arezio. Aveva fatto quel percorso milioni di volte eppure quella sera quel tragitto sembrava interminabile. Era preoccupato per quei giovani, forse avrebbe dovuto gestire diversamente quella situazione ma ormai era andata in quel modo e non poteva rimediare.
- "State tutti in silenzio adesso, siamo arrivati." disse Arezio.
Bussò quattro colpi alla piccola porta in legno, quattro colpi con un un ritmo particolare. Ogni colpo un suono diverso.
Federigo guardò attentamente la sua mano battere sul legno freddo eppure quella fatidica sera non fece caso a quei colpi sulla porta, non ricordava minimamente quel particolare.
I suoi pensieri furono disturbati dal vecchio con la barba bianca e folta. Quell'uomo lo ricordava benissimo, invece. In un certo senso gli ricordava suo nonno, Ubaldo Arrigoni. Un uomo buono, saggio. Ricordò benissimo l'ultima volta che lo vide, aveva appena cinque anni eppure quel ricordo restò nitido per il resto dei suoi giorni. Era un uomo attivo politicamente, amato e benvoluto da tutti e molto credente. Un giorno si trovarono a Castel Sant'Angelo a passeggiare vicino il Tevere e nonno Ubaldo raccontò a suo nipote le sue vicende da giovane. Federigo amava i suoi racconti, ne era affascinato ogni volta che quell'uomo cominciasse a parlare. Quel giorno il sole era rovente ma nonostante il caldo ci fu parecchia gente. Federigo volle fermarsi a mirare il biondo Tevere, Ubaldo lo prese in braccio e lo fece sedere sopra un muretto per poter ammirare meglio lo scroscio dell'acqua e la vegetazione che lo contornava. Fu colto da un senso di pace. Amava quel posto. Quello era il suo posto felice.
Poi uno boato lo riportò alla realtà. Si girò verso suo nonno per cercare la sua protezione. Frugò tra la gente nervosamente, i suoi battiti cominciarono ad accelerare.
Nonno Ubaldo era svanito nel nulla, per sempre.

- "Federigo!" lo richiamò Arezio.
- "Tutto bene?" gli chiese preoccupato poggiandogli la mano sulla spalla.
- "Io.." guardò il vecchio anziano con occhi lucidi.
- "Si, tutto bene. Entriamo." aggiunse, asciugandosi le lacrime di nascosto mentre avanzava dentro l'edificio.
Bartolomeo, Niccolò e Ludovico avanzarono lentamente, scrutando ogni centimetro di quello strano luogo.
Arezio e Federigo, insieme al saggio e procederono con passo sicuro quasi sincronizzato. Niccolò lì osservò interrogandosi. Intuì che per il suo amico quel luogo era familiare, ma come? Quando? E sopratutto perché?
Giunsero verso la lunga scalinata, la tensione cominciava a salire. Cosa li avrebbe attesi lì in cima?
- "Arezio, dove ci troviamo?" chiese timidamente Bartolomeo.
- "Lo scoprirai tra poco, tranquillo." gli sorrise.
Ed eccolo di nuovo lì, quel grande tavolo rotondo e le stesse persone di quella sera sedute negli stessi identici posti. Stesse candele fioche ad illuminare la grande sala, stesse bandiere con gli stessi stemmi.
Federigo, quella sera, percepiva un'atmosfera più familiare in quel luogo, come fosse casa sua. E quel vecchio con la barba, i suoi occhi lo rassicuravano.
- "Bene, adesso potete spiegarci cosa volete? Dove ci troviamo? E soprattutto chi siete?" chiese arrabbiato Niccolò.
- "Grazie per essere giunti fin qui." disse l'uomo anziano. - "Questo luogo esiste da molti secoli e nei secoli i nostri antenati hanno professato la pace per il popolo, sconfiggendo le intenzioni maligne dei Templari."
- "Perdonatemi, signore.. chi.. chi sono i Templari?" chiese timoroso Bartolomeo.
- "I Templari sono una potente organizzazione con l'unico scopo di ordire ad un mondo perfetto, avendo il controllo sulla libertà dell'essere umano. Hanno scatenato guerre e plasmato politiche con un solo obiettivo: creare ordine manipolando le menti umane attraverso la potente Mela dell'Eden. Per avidità di potere sono disposti a tutto pur di ottenere il totale controllo dell'umanità." disse Federigo tutto d'un fiato.
I tre giovani lo guardarono increduli. Come faceva a sapere quelle cose?
- "Amici miei, vi ringrazio per essere venuti qui. Sono stato condotto in questo posto da Arezio e mi sono state raccontate cose di cui non ero minimamente a conoscenza, esattamente come voi. Ero sconvolto.. proprio come voi. Non ho dormito per un'intera notte alla ricerca di una risposta ma alla fine ho deciso. Abbiamo una missione, tutti e quattro. Una spedizione, al fianco di Arezio, per recuperare questo potente Frutto." fece una pausa Federigo. - "Ho bisogno di voi, fratelli miei. Il nostro popolo ha bisogno di noi." concluse il suo discorso.
Nessuno rispose. Quei tre erano troppo scossi e increduli per pronunciare qualsiasi parola.
- "Federigo ha spiegato tutto alla perfezione e.." uscì da quel silenzio Arezio.
- "Ma cos'è questa? Una setta? Chi diamine siete voi?" sbottò Niccolò. - "Io me ne vado, non ho intenzione di sentire altre fesserie."
Se ne andò ed anche suo fratello e Ludovico voltarono loro le spalle.
La donna dai capelli rossi si infuriò con Arezio per aver condotto all'interno di quel luogo quegli sconosciuti che avrebbero potuto mettere a repentaglio il loro nascondiglio.
- "Avevamo fatto un giuramento!" urlò Federigo. La sua voce rimbombò in quella sala.
Tutti e tre si bloccarono all'unisono, Ludovico e Bartolomeo si voltarono. Esitarono un momento prima di proferire parola.
- "Perdonaci, Federigo, ma pensiamo di non essere all'altezza." disse Ludovico.
- "Non è vero!" intervenne Arezio. - "Avete tutte le abilità e la saggezza che serve per combattere al mio fianco. Vi ho osservati per molto tempo."
- "Volevi dire "spiato" per tutto quel tempo!" eruttò Niccolò avanzando verso Arezio.
- "Calmati, non c'è bisogno di essere così.."
- "Cosa? Cosa Bartolomeo?" si infuriò sempre di più.
Tutti smisero di parlare, Niccolò si portò le mani al volto, come se volesse nascondere tutte le sue fragilità di quel momento. Federigo avanzò verso di lui e gli mise le mani sulle spalle per cercare di tranquillizzarlo.
- "Credo in te, amico mio. In tutti noi. Hanno bisogno del nostro aiuto, il nostro popolo sta per essere condannato per sempre alla perfidia dei Templari. Siamo stati arruolati per proteggere i cittadini dalla guerra. Questa qui è la nostra occasione per dimostrare quanto valiamo."
Niccolò tolse le sue mani dal volto rigato dalle lacrime e guardò Federigo negli occhi. In quel momento i loro ruoli si invertirono.
Ludovico e Bartolomeo avanzarono verso Federigo e si schierarono con la Confraternita. Niccolò lì guardò, poi posò di nuovo lo sguardo verso il suo amico. Poggiò anche lui le mani sulle sue spalle e accennò un sorriso.
- "Non ti abbandono, fretello mio."
Il volto di Federigo si illuminò di gioia e si strinsero in un forte abbraccio fraterno.

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