Violet x Tate

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«Tu li vedi i colori?»

Chiede Tate e, con la coda dell’occhio, osserva Violet che è lì accanto, con la guancia appoggiata sul palmo pallido e lo sguardo rivolto al crepuscolo.

Lei sospira, stringe le labbra, ma non riesce a tacere e a evitare di rispondergli.

C’è qualcosa di sbagliato in una serie di frasi scambiate senza sentimenti? 

Si risponde di no, ma sa che sta mentendo a sé stessa, perché le emozioni tornano puntuali, attimo dopo attimo, a stringerle lo stomaco, mozzarle il respiro, farle girare la testa.

«No» mente, spostando lo sguardo dal tramonto al davanzale della finestra, dove albergano granelli di polvere inutili.

La voce le trema mentre pronuncia la risposta, ma sa che non può controllarla, quindi nemmeno ci prova, a evitarlo. 

La risposta è bloccata su una corda poco tesa, sul punto di far cadere il peso che mantiene perché troppo poco solida per resistere ancora. E Violet lo sa, ma non le importa.

«Davvero?»

Tate insiste, sa quando Violet mente perché si tocca il naso senza pensarci, è un gesto irrazionale e alla quale in pochi prestano attenzione; ma lui, Tate, ama il modo in cui lo fa con aria incurante, senza accorgersene nemmeno, perché è consapevole che quella è la sua Violet e che mai nessuno riuscirà a portargliela via. Né il tempo, né le menzogne, né il paradossale passato che li perseguita entrambi.

«No» risponde e dà le spalle al crepuscolo, appoggiando i palmi al davanzale e guardando il muro ormai davanti a sé; grigio, spento, coperto da ragnatele e polvere, è il semplice ritratto di un posto poco accogliente che, tuttavia, conserva con sé troppi segreti.

«Io sì, sai? E li vedo solo perché ci sei tu. Se fossi solo, l’unica cosa visibile al mio sguardo sarebbe l’orizzonte giallo e rosso», spiega Tate, mentre si avvicina a Violet con movimenti così lenti e piccoli che occhi esterni non riuscirebbero a vedere. «Invece riesco a vederne ogni sfumatura», continua, e il suo sguardo si sposta sull’orizzonte, un’altra volta.

«Lì dove il cielo sparisce è nero, buio. Guardando più su diventa rosso, un rosso che passa dall’essere simile al sangue a un rosa scuro. E lì, ancora più su, riesco a vedere l’indaco, l’azzurro che si confonde con il bianco e il grigio delle nuvole».

Violet torna a guardare il tramonto per qualche istante, ma rimane in silenzio. Tate spera in una risposta, in una frase che non arriva e che, più ritarda a farsi udire, più gli lascia dentro profondi graffi che poi cederanno il posto a indelebili cicatrici.

«Non li vedo più» borbotta Violet uscendo dalla stanza, chiudendo la porta dietro alle sue spalle in modo silenzioso ma Tate sa che in realtà il rumore prodotto da essa è troppo forte, rompe i timpani e nasconde il suono dei vetri infranti.

Specchi, frammenti d’anima che sono lacerati e destinati a smettere d’esistere.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 10, 2020 ⏰

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