CAPITOLO 5

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Percy era seduto per terra: tutta la notte aveva visto i suoi amici passargli davanti agli occhi. L'ultima immagine era ancora impressa nella sua mente: Ethan Nakamura, senza occhi e bende a coprire la mancanza. Lo rivide aprire la bocca in un sorriso orrendo, e dire che l'altro occhio era per compensare la sua mancanza. Se non fosse stato per Percy, non avrebbe dovuto patire quello che aveva sofferto. Era solo colpa sua, unicamente. Era per le sue azioni che aveva deciso di unirsi a Crono. Lo aveva ucciso lui e tutti quelli che, come lui, erano puri prima di conoscerlo.

Prese la testa tra le mani, cercando di togliersi quel volto privo di occhi dalla mente. Strofinò forte gli occhi, tentando nuovamente di eliminare l'ultima immagine, prima di fermarsi sconvolto dalle sue azioni.

"Non è reale. Sono solo leggermente fuori fase, vedo cose che non esistono. Ethan è morto, non è qui con me. Sono nella mia cabina e non nel Tartaro." "Hai sempre fatto così, sai? Negare l'evidenza che è davanti ai tuoi occhi". Percy spalancò gli occhi, davanti a Beckendorf. "Beckendorf?" "Percy. Hai affondato la Principessa Andromeda, ma mi hai ucciso. Anche se forse sarebbe più corretto dire che ho affondato la nave e poi mi hai lasciato morire." "Non è vero, non è vero..." Percy si alzò in piedi, allontanandosi dal vecchio amico, la cui morte continuava a perseguitarlo senza bisogno di allucinazioni. Charles lo seguì, avvicinandosi con passo lento. "Cosa non è vero? Neghi di avermi ucciso? Pensi che quello che ho detto a Nico cancelli in qualche modo le tue azioni? Mi hai ucciso, hai preso meriti dalla mia morte, senza aver fatto niente se non abbandonarmi. Ci penso io. Come no. Come se tu avresti potuto fare effettivamente qualcosa. Sei patetico e inutile. Sei ancora quel ragazzo di sei anni che correva a nascondersi quando vedeva Gabe" "Non mi sono mai nascosto da Gabe. Smettila..." Percy aveva preso un vaso da un mobile. "Smettila." "Sei un codardo. Hai fatto morire me, ma non sei nemmeno riuscito ad aiutare tua madre da Gabe, che serviva solo per proteggere te. Sei tu il cattivo della storia, nessun altro. Sei la causa della sofferenza di tua madre" "STAI ZITTO!" Percy lanciò il vaso nella direzione dove c'era Charles, che però non venne ferito dal vaso. "Sono morto, cosa vuoi che mi faccia un vaso?

"Percy, ho sentito un rumore, cosa...?" Nico aveva aperto la porta, entrando nella cabina preoccupato dalle parole dell'amico. Il ragazzo dagli occhi verdi era in piedi vicino a una mensola dove vi erano tre vasi. Il quarto, che Nico ricordava come regalo di Annabeth, era per terra dalla parte opposta della stanza. L'espressione di Percy era tra il distrutto e l'arrabbiato, ma quando si voltò verso Nico non disse niente. "Perce?" Nico provò a richiamarlo. 

Percy si rivoltò verso Beckendorf, incuriosito dalla mancanza di prese in giro: lì dove era il morto non c'era più niente. Solo il vaso che gli aveva regalato Annabeth qualche anno prima per terra, rotto. Proprio come si sentiva Percy dentro.

"Perce?" Nico lo richiamò, facendo voltare il figlio di Poseidone verso di lui. Nico si avvicinò, mettendosi al suo fianco. "Cosa..?" L'espressione di Percy divenne solo distrutta, poi abbracciò il cugino più piccolo, piangendo. "Perce..." Nico era sconvolto dalle lacrime del cugino: Percy era quello forte, che non piangeva mai. "Sono stanco, Neeks. Sono stanco." Nico continuò ad abbracciarlo, senza lasciarlo andare.

"Eccovi qui!" Zeus, Ade e Poseidone si voltarono al suono della voce di Nico. "Nico? Ci stavi cercando?" Nico annuì. "Penso che Percy stia peggio. Stamattina, io... avevo sentito lui che parlava con Beckendorf." "Quindi?" chiese Zeus. Nico lo fissò come se stesse scherzando. "Beckendorf è morto due anni fa. Prima Percy diceva che non era vero quello che diceva e poi ha urlato di stare zitto. Ha lanciato un vaso contro il nulla!" "Cosa?" Ade sembrava sorpreso. Poseidone, invece, fissava Nico. "Non è la cosa che ti ha fatto preoccupare, vero?" "Be', in parte è questo. Voglio dire, è abbastanza grave." "Sì, ma...?" "Ma quando sono entrato, lui... sembrava davvero distrutto, mi ha abbracciato e ha pianto. Percy ha pianto lui... non lo aveva mai fatto prima. Mai. Piangere è come arrendersi e lui non lo ha mai fatto." Poseidone annuì.  Ade interruppe il figlio. "Nico, quello che ci dici è molto preoccupante ma... mi chiedevo... quando hai intenzione di dire la verità sui tuoi sentimenti a Percy?" Nico arrossì. "Credo che Percy abbia cose decisamente più importanti di cui preoccuparsi adesso. Piuttosto che pensare al cugino più piccolo." Zeus scosse la testa. "Negherò di averlo mai detto, ma... Devi dirgli la verità. Adesso che puoi ancora." "Tu più di tutti dovresti sapere quanto è fragile una vita, Nico." Nico annuì. "E lo so. Solo, non ora. Non ora che riconosco a malapena mio cugino."

Jason aveva sentito che Annabeth aveva deciso di unirsi alle Cacciatrici, e aveva deciso di andare a trovare Percy, per consolarlo. Davanti alla cabina tre, il biondo prese un profondo respiro, sollevando una mano per bussare. Si interruppe quando sentì un singhiozzo provenire dall'interno. Aprì leggermente la porta, vedendo Percy sul pavimento, con la testa tra le mani e con voce flebile dire. "Bianca, non è colpa mia. Perdonami, per favore." Dopo poco, la sua voce divenne più dura. "Smettila, Tartaro! Hai vinto, bravo! Smettila solo di farmi vedere i miei amici morti per colpa mia! Basta, hai vinto contento?"

Jason indietreggiò lentamente, chiudendo la porta, per poi correre alla ricerca di Nico e Talia, per dire loro quanto visto. Li trovò con i tre dei, a discutere di come poter aiutare Percy. Jason chiese, guardando i due semidei. "Chi è Bianca?" Nico rimase in silenzio, prima di dire. "Mia sorella. Morta quando abbiamo scoperto di essere semidei, tre anni fa. Perché?" Jason si sedette di fianco al padre, spiegando. "Sono stato da Percy, ma non sono entrato perché sentivo che piangeva. Ho aperto la porta e lui stava dicendo a Bianca di perdonarlo, perché non era colpa sua..." Nico abbassò lo sguardo, sentendosi in colpa per tutte le volte che aveva incolpato Percy per sua sorella. Talia, invece, disse. "Non credevo provasse ancora così tanto senso di colpa. Pensavo che fosse riuscito a perdonare se stesso, alla fine." Poseidone, guardando i fratelli, disse. "Non possiamo continuare così. Percy si sta uccidendo."

La mattina successiva, Talia, Jason e Nico bloccarono Percy fuori dalla sua cabina. "Ragazzi, come va?" Il semidio sorrise loro, nonostante gli occhi rossi e i segni rossi alle mani. "Devi essere onesto, Perce." Disse Jason. "Come stai?" Percy sbuffò, prima di dire. "Sto benissimo. No problem." Poi cercò di allontanarsi dai tre, fermandosi poco dopo, vedendo in lontananza la figura di Silena.

Si ricordò della sera prima, dove la giovane gli era apparsa, sfigurata dal veleno, mentre le sue parole lo colpivano come spade incandescenti. "Sei solo un bugiardo, Percy Jackson. Avresti potuto dire la verità e ci avresti salvato"

Si rivoltò verso i cugini, tornando indietro. "No, non è vero. Non sto bene per niente, e credo mi serva del vero aiuto. Sto letteralmente impazzendo, e... non sono okay, per niente."

Angolo autrice

Alla prossima, guys!

By rowhiteblack

IL RAGAZZO CHE AVEVA VISTO TROPPODove le storie prendono vita. Scoprilo ora