01 | FELICI HUNGER GAMES, STRONZI
Ho sempre odiato gli inizi, sia quelli letterali che metaforici.
Sono quel tipo di persona che se si abitua a qualcosa preferirebbe far rimanere le cose in un quella determinata maniera, in una situazione di stallo continuo per beneficiare la mia già fragile sanità mentale. Iniziare qualcosa, qualsiasi cosa, significherebbe che c'è stata una disturbante rottura di routine che ha cambiato la rotta della mia vita verso nuovi orizzonti. Orizzonti che eviterei, se possibile.
Gli inizi mi mettono davanti a una realtà a me ignota, una realtà nella quale non ho la più pallida idea di come muovermi o come comportarmi. E se c'è qualcosa che odio più degli inizi è sentirmi fuori posto.Trovo conforto in ciò che è ripetitivo perché so già come andrà a finire.
Giuro che non sono una maniaca del controllo. Forse.
"NOI COME CORPO STUDENTESCO DOBBIAMO OPPORCI A QUELLI CHE PENSANO DI POTER PRENDERE DECISIONI AL POSTO NOSTRO E GIOCARE CON LE NOSTRE VITE! DOBBIAMO INTERVENIRE E FARE TUTTI LA NOSTRA PARTE IN QUESTA LOTTA-"
Beh, devo dire che forse alcune cose rimangono uguali.
Era solo il primo giorno di scuola al Liceo Classico Giuseppe Garibaldi e davanti all'edificio si trovavano già i rappresentanti d'istituto dell'anno scorso muniti di cartelloni e tanta voglia di rompere il cazzo con i loro manifesti con scritte in spray sbavate. Si erano appostati proprio davanti all'entrata, ignorando le occhiatacce che i professori lanciavano nella loro direzione quando ci passavano accigliati accanto, e si impegnavano invece a distribuire volantini agli studenti sul marciapiede, rifilandoli anche a quelli che sembrano esitanti.Se state vedendo questa scena e vi state chiedendo "ma che cazz-?" posso capirvi perfettamente. Succedeva ogni anno da noi, come una specie di tradizione satanica. Diciamo che la mia scuola è sempre stata famosa per le manifestazioni frequenti che fa. Diciamo che si trattava di manifestazioni di tipo politico. Diciamo che a volte qualcuno finisce arrestato.
Strinsi la bretella del mio zaino e storsi il naso quando si levò l'ennesimo grido da parte della folla, mentre dei passanti casuali lanciavano di tanto in tanto delle occhiate diffidenti nella nostra direzione, cosa che non posso biasimare. Qualcuno suonò il clacson. Già, quella non era affatto una zona pedonale.
Non mi erano mai piaciuti quel tipo di eventi e probabilmente rientrano nella Top 10 delle cose che mi stanno sul cazzo, affiancando i famigerati inizi. Il caos mi disturba e la concentrazione di troppe persone nello stesso luogo mi soffoca, un sentimento destabilizzante. Qualcuno potrebbe dire che soffro di agorafobia, la paura che un determinato soggetto prova in spazi aperti o affollati, dovuta al timore di non poter controllare la situazione, ma penso che sia leggermente diverso. Il mio non era esattamente uno stato di panico, solo una grandissima voglia di spaccare qualcosa. È la stessa cosa? Non ne ho idea. Ho spesso considerato l'idea di rivolgermi da uno specialista.
L'attenzione di tutti era puntata però su una persona in particolare, intenta in uno dei suoi soliti spettacolini per alimentare le proprie manie di protagonismo immenso. La sua figura slanciata si stagliava tra tutti e la sua faccia era distesa in un'espressione concentrata, la stessa faccia che chiunque nel Garibaldi avrebbe riconosciuto ovunque.
Tommaso D'Alba era salito sul tettuccio di un'auto e sta urlando al megafono alla folla di studenti radunata, avvolto in un'aria carica di fumo di sigarette e canne come se fosse sul suo palco personale e agitava il pugno destro in aria. Le mie labbra si storsero in una smorfia. Lo osservai a lungo, con gli anfibi piantati nell'asfalto e una forte irritazione a infiammarmi le vene, strizzando leggermente gli occhi e scrutando la sua sihlouette alta e scarna, il giaccone di pelle fin troppo grande cascante sulle spalle, mentre cercavo inutilmente di definire meglio la sua immagine sfocata con la mia vista pessima e gli occhiali assenti, dimenticati nella fretta di uscire.
STAI LEGGENDO
Tutte le cose che non ho detto
Novela JuvenilBeatrice ha un problema. Anzi. Beatrice ha problemi, più di uno. Non ha ancora la più pallida idea di come sia arrivata all'ultimo anno di liceo classico, non ha la minima idea di cosa fare della sua vita e ancora meno sa cosa fare di sé stessa. E'...