Diciannove anni dopo

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Albus Severus Potter era un ragazzino insolito, sotto molti punti di vista.

“Strano” lo avrebbero definito alcuni dei concittadini della sua piccola Godric’s Hollow, compresi i suoi compagni.

Alcuni. Perché era rinomato in casa Potter, e da pochi altri, che il piccolo Albus, affettuosamente chiamato Al, fosse un tipo alquanto speciale.

Per forza, anche lui era un mago.

Eppure, molte volte capitò loro di pensare che il secondogenito dei Potter fosse particolare, perfino come mago.

Tanto per cominciare, il ragazzo non amava molto il Quidditch, lo sport preferito dai maghi, almeno non come i suoi adorati genitori e quel suo focoso e bisbetico fratello maggiore James Sirius. Lo definiva piuttosto, un gioco un po’ da “barbari”.

Sotto lo sguardo incredulo e sconcertato dell’allegra e graziosa sorella minore, la più piccola dei Potter, Lily Luna, aveva ammesso una volta di provare un po’ di titubanza al pensiero di dover andare alla più prestigiosa scuola per giovani maghi, la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, per ragioni allora sconosciute e chiarite tempo dopo.

Per la gioia di zia Hermione, e con grande disgusto di James, il caro Al amava leggere ingenti quantità di libri di ogni genere, dai romanzi d’avventura ai classici, da quelli di carattere storico a quelli scientifici, preferendoli, in modo assai superiore, ai giochi intrepidi che normalmente facevano tutti i bambini della sua età.

Era enormemente attratto dalle creature magiche. Sebbene ne mostrasse un po’ di timore, dedicava gran parte del suo tempo a studiarle con morboso interesse, consultando decine e decine di enciclopedie, tutte quelle che aveva a disposizione.

Si può vantare di essere stato il primo Potter-Weasley ad aver reputato, con la genuina sincerità che un bimbo di sette anni può avere, di aver trovato interessanti i temuti Schiopodi Sparacoda del vecchio amico di famiglia, il buon Rubeus Hagrid, regalando un’immensa gioia a quest’ultimo e una certa perplessità (celata) sui visi degli altri parenti presenti.

Inoltre, per sua grande sfortuna, si ritrovava, involontariamente, ad essere spesso oggetto delle tante chiacchiere degli abitanti della modesta cittadina, quasi al pari del fratello James, ben noto invece per le sue monellerie di marchio Fred e George Weasley, caratteristica da loro ereditata. Il povero Al, perciò, non riusciva ad avere neanche un attimo di pace, specialmente girovagando per le strade “affollate”.

Per esempio, la vedova Davidson, donna di costituzione robusta, dai modi un po’ grossolani ma di notevole simpatia ed innata generosità, ci teneva spesso a ribadire, ogni qual volta che lo scorgeva, quanto il piccolo Potter assomigliasse allo stimato padre, Harry: stessa corporatura minuta e snella, stessi capelli corvini irrimediabilmente scompigliati, stessi intensi occhi di uno stupefacente verde smeraldo, l’unico, dei tre, ad averli ereditati.

“Sembra quasi una sua copia!” concludeva infine con la sua tipica, corposa risata

La signora Mc Clish invece, donna di veneranda età assai sprovveduta, ma di troppa parlantina, ostentava una sincera preoccupazione riguardo la “vita sociale” del ragazzo…

“Per carità, è un ragazzo molto gentile, educato a dovere, come i giovani d’oggi dovrebbero essere, ma cosa ne sarà di lui se se ne resta a leggere sotto quel benedetto olmo ogni santo giorno? Sì, ammetto che la cultura è importante ed aiuta a crescere, ma diciamocelo… i bambini della sua età dovrebbero pensare a giocare!”

Eh già, perché il nostro caro Albus era un tipo d’anima fragile: timido, sincero, incredibilmente calmo ed introverso, non s’azzardava mai a dire qualcosa che potesse offendere o ferire (tranne che per James). Proprio a causa di questo suo carattere riservato, il ragazzo dimostrava delle difficoltà nel socializzare con i suoi coetanei, che, per prenderlo in giro, amavano chiamarlo, con una certa irriverenza, “Albusina”, per via dei suoi atteggiamenti, secondo loro, poco “virili”. Bisognava ringraziare che, malgrado non avesse molta dimestichezza con l’umorismo, non se la prendesse tanto per certe “cretinaggini da bambini dal quoziente intellettivo di un troll di montagna”, come li definiva lui in risposta, glaciale. L’unico che aveva il potere (innato, a parer di alcuni) di farlo arrabbiare era… suo fratello. Il re delle pesti, l’imperatore degli scherzi, l’impulsivo James Sirius, era l’unico, e il solo, che riusciva a far perdere le staffe all’imperturbabile e pacifico Albus Severus, che, per sfuggire da quel mondo, troppo caotico a suo parere, e cercare un po’ di pace, si rifugiava nell’ombra dell’abbraccio protettivo dei possenti rami del suo amato olmo, deliziato dalla piacevole lettura di qualche libro d’avventura e dalla dorata brillantezza degli sfuggenti raggi di sole.

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