Mi Sento Un Po' Elsa In Frozen

107 3 0
                                    

<<Aurora, va subito in cucina e inizia a sistemare gli ingredienti che sono sui carrelli.>> non so, calmati? Buongiorno? Fammi uscire dallo spogliatoio?
<<Sì, chef.>>
<<E arrotola le maniche!>> sbuffo e nascondo sotto la giacca la maglietta termica che indosso nelle giornate fredde di inverno. Arrivata in cucina mi godo il silenzio che durerà più o meno solo un'ora, visto che i ragazzi di sala entreranno alla seconda ora. Mi avvicino al carrello e noto che sono tutte carni grandi, e come sua maestà vuole queste vanno nel frigo abbandonato dal mondo. Non in senso letterale, è solo che è uno dei più grandi ed è messo nel ripostiglio lontano da tutto, un po' mi dispiace, avrà dei sentimenti anche lui. Spingo il carrello fino alla fine della cucina e dalle chiavi estraggo quella che aprirà sia la porta, sia la cella frigorifera. Uso il pezzo di ferraia per lasciare la porta aperta e inizio a fare avanti ed indietro con kili di carne tra le braccia. Continuo così anche per gli ultimi e mi stiracchio dopo averli sistemati <<Oddio.>> afferro un barattolo che era in cima allo scaffale della cella <<Tartufo!>> sono pazza se si tratta di tartufo. E proprio mentre lo rimetto al suo posto, salto in aria per la porta della cella che si chiude e la ventola del freddo che riparte. Mi avvicino e a tamponi provo ad individuare la maniglia che però rimane bloccata nel momento in cui la tiro <<No.>> afferro il telefono per fare luce ma continua a rimanere chiusa <<Dio ti prego no, ti scongiuro.>> ma per quanto continui a prenderla a calci o gomitate non c'è nulla da fare. Afferro il cellulare e cerco il nome di Francesca, quello di Anastasia e anche quello di Alessandro.

*Errore di chiamata* e quattro squilli mai partiti.

<<Cazzo! Michele!? Chef!? C'è qualcuno!?>> mi porto una mano all'orlo della giacca e la sbottono per farmi aria <<Non respiro.>> sbatto con la schiena alla parete e pian piano scivolo a terra <<Non respiro.>> inizio a prendere boccate d'aria più lunghe del dovuto e nel frattempo accendo la torcia cercando di far più luce possibile. Sto per levarmi la giacca nera quando l'aria fredda della cella entra in contatto con la mia pelle. Alzo lo sguardo sul misurino: sette gradi <<Cazzo!>>
Passano uno, due, tre, quattro minuti, non lo so, non so neanche da quanto tempo sono qui in realtà. Sono distesa completamente chiusa a feto, cercando di risparmiarmi più calore possibile ma tremo, tremo e tremo. Il freddo mi è arrivato alle ossa. A stenti prendo il cellulare senza farlo cadere. È spento, non so da quanto tempo sono chiusa qui senza che nessuno mi sia venuto ad aprire. Qualcuno verrà.
Un botto.
Mi risveglio di colpo senza riuscire a muovermi. Gli occhi non si aprono ed è tutto buio. Il ronzio della valvola non ha ancora smesso. Sono ancora qui dentro. Sto ancora dormendo. Però non tremo più. È il corpo che conserva le energie, l'avevo letto nel libro di scienze alle medie. L'ipotermia.
Risate.
Mi piacciono le persone che ridono, sono amichevoli. Alessia ha una bella risata. Chissà quante risate si farebbe a vedermi in questa situazione.
Urla.
Di gioia, non sono urla cattive. Le sento... le sento.
Cerco di aprire gli occhi e il buio mi avvolge ancora. E non ce la faccio, non riesco a muovermi. Sono... ghiacciata. Però devo uscire da qui <<Chef...>> non ho più la voce. Non ce la farò mai. Prendo il cellulare e mi escono le lacrime nel premere il tasto di accensione, le dita mi fanno malissimo. Non sento più nulla. Non sento più il contatto. Accendo la torcia e mi guardo intorno e l'unica cosa che vedo è un barattolo che sta per cadere. Il tartufo. Cerco di allungarmi e con il piede afferro la gamba della dispensa <<Cazzo.>> non riesco a muovermi. Afferro la gamba con la mano e me la tiro in avanti e poi indietro e poi in avanti, fino a quando il barattolo del tartufo cade a terra e i vetri si spargono sul pavimento. E gli occhi mi si chiudono, mi si chiudono ancora peggio di prima. Stavolta sono davvero troppo stanca.
<<Oh Cristo!>> e non capisco se è vera la voce di Michele che mi arriva alle orecchie in lontananza <<Aurora!>> mi sa che è vera <<Aurora!>> pian piano apro gli occhi e mi ritrovo tra le braccia di Michele, a terra, incapace di muovermi <<Oh mio Dio. Dammi la tua giacca, presto!>> tira un sospiro di sollievo e qualcosa di soffice mi si poggia sulla schiena <<Dai, Aurora.>> sento il contatto delle sue mani che mi riavviano i capelli dietro l'orecchio.
<<Non sento nulla.>> neanche la mia voce.
<<Adesso troviamo un modo per scaldarti.>> mi sussurra e come se non pesassi nulla si alza in fretta, uscendo di fuori e aprendo gli sportelli della sua macchina. Mi poggia sui sedili posteriori e io continuo a tremare <<Ho acceso l'aria calda, vedrai che ora ti riprendi.>> e preferirei cadere nelle fiamme dell inferno che nel freddo del mio sangue.
<<Aurora, Aurora!>> e anche la voce di Edoardo sembra così vicina <<Cazzo è freddissima, portami qualcosa porca puttana!>> lo vedo mentre si siede accanto alla mia testa e mi avvolge completamente mettendomi tra le sue braccia <<Aurora, ti prego cazzo.>> sento la sua mano che fa su e giù per il braccio. E son quasi felice fino a quando non sento il ragazzo sotto di me piangere.
<<Perché piangi?>> la mia voce esce quasi un sussurro.
<<Non sto piangendo.>>
<<Io ti sento.>> avvicino la mia mano alle sue guance e mi sembra di toccare un termosifone <<Sei caldo.>>
<<Come ti senti?>>
<<Ho freddo. Ho così freddo che neanche immagini.>> non avrei mai pensato che una temperatura avrebbe potuto farmi soffrire come in questo modo, ma quando le labbra di Edoardo catturano le mie è come se un incendio scoppiasse dentro me e d'improvviso, tutto torna più chiaro.
<<Come sta?>> guardo Anibal fuori lo sportello con tre felpe in mano e un qualcosa di caldo nell'altra.
<<Mi sento un po' Elsa in Frozen.>> mi metto a sedere e per un attimo mi gira la testa.
<<Cos'è successo?>> mi chiede mentre si assicura che stringa bene il bicchiere tra le mani.
<<Non lo so. Io stavo mettendo la carne in cella, la porta si è chiusa da sola.>>
<<Te haemos cercata todo el día.>>
<<I professori pensavano che te ne fossi andata a casa.>>
<<Aurora!>> guardo lo chef che mi corre incontro, è quasi buffo <<Ma come è successo? Ti senti bene?>>
<<Pensava davvero che fossi andata a casa?>>
<<Non ti trovavamo da nessuna parte!>> entrambi scoppiamo a ridere.
<<Tienila d'occhio.>> Edoardo mi poggia sui sedili della macchina ed esce, ma in tempo gli blocco il braccio.
<<Dove vai?>>
<<Torno subito.>> si allontana a passo veloce e io guardo Anibal.
<<Fermalo.>> lo imploro <<Sai anche te che è una pazzia.>>
<<Como lo sabes?>>
<<Lo so e basta. Anibal, cazzo vallo a fermare.>> il moro scende dalla macchina e corre lì dove era sparito Edoardo. Alla portiera si appoggia Michele.
<<Solo tu puoi combinare certi danni.>>
<<Scusa se stavo per morire di ipotermia.>>
<<Ma tu dimmi chi ti ammazza a te.>>
<<Ringrazia che sono l'unica a sapere che all'ora di ricreazione per esattamente un minuto e mezzo vai a fumare fuori la cucina.>>
<<Per questo sei viva.>>
<<Fottiti.>> rido <<Quanto sono stata lì dentro?>>
<<Quattro ore. Che ti ricordi?>>
<<Penso che alle volte perdevo i sensi. Non riuscivo più a muovermi e poi ho sentito le voci, ma non riuscivo ad urlare. Ho fatto cadere il tartufo, povero tartufo.>>
<<Bionda! Porco spino, ma che combini?>> Nicola e Francesco appaiono alla portiera sulla mia sinistra.
<<Se volevi ammazzarti potevi prima avvertici.>>
<<La prossima volta rimedierò.>> spiego.
<<Dai, andiamo a casa.>> Nicola mi prende la mano e a fatica mi metto in piedi.
<<Sapete, penso di aver visto il paradiso quando ero sull'orlo di passare a miglior vita.>>
<<Cioè?>> mi chiede Francesco <<Paradiso, paradiso?>>
<<Era, fermo. Nessun cancello niente di niente. Una grande distesa di verde spento e alberi secchi. Il silenzio, c'era un silenzio assordante.>>
<<E questa è la prova che devi dormire per sette giorni.>>
<<Non mi opporrò.>> eppure era così reale, quel silenzio, come se tutto in quel posto fosse morto, tutto tranne me. Nel momento in cui giriamo l'angolo sento le voci di Edoardo e Alessandro ma non so da dove arrivino ed istintivamente mi blocco.
<<Forse dovremmo->>
<<No.>> tappo la bocca a Nicola.
<<Te lo ripeto un'altra volta, io non ho fatto un cazzo.>> Alessandro.
<<Sei ancora vivo solamente perché ho fatto una promessa!>> ed Edoardo che gli urla contro.
<<Mi credi così sadico da chiudere quella ragazza in una cella e falla morire di freddo?>>
<<Ti credo capace di molte cose, figlio di puttana.>>
<<Ti stai facendo fottere il cervello, ricordati chi sei.>>
<<E tu ricorda qual è il tuo posto!>>
<<Oh, io ricordo benissimo qual è il mio, tu invece ricordi il tuo Edoardo? O dovrei chiamarti->> non riesco a sentire ciò che dice Alessandro per colpa di Nicola che fa cadere le chiavi dell'auto a terra <<Continua a convincerti di essere migliore ma la verità è che sei come noi altri e sei dentro questa storia come lo siamo tutti. Tic toc Edoardo, il tempo sta per finire e se non lo farai tu, lo farò io.>>
<<Dopo aver sentito il teatro che hanno fatto possiamo andare? Devo fare la pipì.>> mi sussurra Francesco all'orecchio, annuisco e quando oltrepassiamo il muro vedo Anibal che regge Edoardo per le spalle, mentre Alessandro rientra dentro scuola <<Ehi piccioncini! La portiamo a casa, venite con noi?>> lo richiama Nicola. I due si girano e si staccano per poi venirci incontro.
<<E casa sia.>> guardo Edoardo: ha lo sguardo perso nel vuoto. Mi chiedo cosa gli stia passando per la testa.

Il Mio Cuore Chiede Di TeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora