[ FLUFF ] 11:13PM —
often i am upsetsedevamo sul pavimento chiaro della tua disordinata stanza, caotica tanto quanto i pensieri che nascevano diuturnamente all'interno di quella piccola testolina.
a farci calore era la luce dei lampioni dell'estate forse troppo breve, scorrevole come un respiro soccombevole negli ultimi secondi di vita.
erano quasi accecanti, la loro luce lo era: il plenilunio era stato sostituito da loro, ad accecarci ora non c'era più la fase lunare.
continue nuvole erano quelle che in testa avevi: nuvoloni di pioggia assordante e talvolta straziante, capace di portarti a bere come un forsennato. proprio come in quel breve - effimero - momento.
la tua camera era, come sempre, zeppa piena di libri - che fossero sull'arte, sulla conoscenza della mente, su qualche parola giapponese, manga o, magari, tuo solito, su qualche storiella ottocentesca finita con la decapitazione della protagonista - ed io, pur di non immergermi nel tuo sguardo, mi costringevo ad osservare.
affacciavamo quasi fuori a quel balcone, con la strada rumorosa di quel sabato sera afuoso e un te piagnucolante perché ti mancava il tuo ragazzo. pensavi potesse importarmi qualcosa, minghao?
« hyuuung~ mi manca mingyu, mi manca! » ti lamentasti, tuo solito perché non eri nient'altro se non uno sbruffone, pallone gonfiato ed egoista. e minghao, non eri nient'altro se non la persona che più odiavo.
« sì? ma non mi dire. » il mio tono di voce era distaccato, puntualmente come tutte le volte in cui ti permettevi di raccontarmi di quello che tu e - il tuo tanto amato, aggiungo - mingyu facevate.
e nel mentre, pur di non sentirti, decisi di prestare attenzione sul rombare delle frequenti moto che, di tanto e intanto, passavano, provocando più che fastidio.
« hyung, guardami! » esclamasti, facendo cadere il japanese slipper sulla tua maglietta - accidentalmente; e prima di esso c'era stato il barley wine ( scolato, sorprendemente, nel giro di trenta minuti, parevi essere davvero disperato ), susseguito dalla helles. e, se non avessi provato a fermarti, sarebbe continuata così.
« povero cucciolo, che spreco, » indicai la tua magliettina, l'avevi da poco presa - o almeno così m'aveva raccontato tua mamma, convinta che io provassi affetto nei tuoi confronti.
le nostre famiglie erano affiatate, noi eravamo stati costretti - fin dall'infanzia - ad essere compagni, affiatati a nostra volta; e, in verità, se avessi dovuto scegliere tra quella vita e la scorsa, magari trascorsa al pulire le barrelle dopo l'autopsia, avrei scelto la seconda.
mi reggevo con le mani precedentemente posizionate sul pavimento, anch'esso era di legno come il tuo soffitto, passando anni con te avevo appreso che i colori non ti piacessero più di tanto. eri un sempliciotto, minghao, t'accontentavi di tutto pur di non battibeccare con le persone.
ora tenevi il capo chino, nel giro di qualche minuto saresti esploso e avresti cominciato a leggere qualche libro, nell'ultimo periodo avevi preso a dedicarti alla mitologia greca. non che m'interessasse, non mi è mai importato di te, pensavo fosse ovvio.
« junhui - hyung, cosa c'è di tanto interessante da osservare? è da un'ora che ti sporgi per guardare la città caotica ed i suoi passanti, » borbottasti, alzai gli occhi al cielo, « davvero mi odi così tanto? lo so che sei costretto... però... »
« minghao, non t'odio. mi sei indifferente, capisci? c'è una sottile differenza. » ti ripresi, voltai lo sguardo, puntando i miei occhi fissi nei tuoi: sembravi così innocente, tenevi il cappellino alla francese beige in testa disordinatamente, ricadeva solo su un lato della tua testa e, a breve, sarebbe anche caduto; la tua maglia macchiata scopriva leggermente il tuo petto e, scocciatamente, avevi portato la testa alle ginocchia, con le braccia a reggerla. eri quasi carino.
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SALVADOR DALÍ Y FEDERICO GARCÍA LORCA, junhao
Fanfiction« sei junhui - hyung! » e si susseguì una risata da quella stupida affermazione, t'avvicinasti di nuovo, « sei junhui - hyung. mi odi, tantissimo- » ti fermasti, e furono, nuovamente, pochi i centimetri a separarci, « perché continui a negarlo? »