Era tardi quella sera e non eravamo ancora rientrati a casa. La festa di Veronica era talmente divertente, che non riuscivamo a deciderci a tornare. In quel momento il mio cellulare aveva iniziato a vibrare e il nome di nostra madre era comparso sullo schermo. Nel panico, avevo provato a cercare mio fratello e lo avevo individuato seduto ad un tavolo che offriva un drink ad una ragazza. Quando lo avevo raggiunto, il telefono ormai aveva smesso di suonare. Gli avevo riferito che mamma aveva chiamato e così, finalmente, ci eravamo incamminati verso casa, dove quasi sicuramente saremmo stati sgridati a dovere. Ovviamente prima avevamo salutato tutti gli invitati uno ad uno, visto che il guaio ormai era fatto.
Come avevamo immaginato, nostra madre, ci stava aspettando sulla soglia di casa, con un'aria arrabbiata ma allo stesso tempo preoccupata. Dopo averci dato una bella strigliata, aveva detto che avrebbe pensato ad una punizione durante la notte. Io e Mattia ci eravamo diretti verso le scale un po' seccati, pensando che ogni ragazzo di diciassette anni come noi avrebbe dovuto avere il diritto di tornare a casa all'ora che preferisce, ma eravamo andati comunque a letto, subito dopo esserci lavati i denti. Non riuscivamo facilmente a contraddire i nostri genitori, perché li vedevamo per poche settimane all'anno e non volevamo deluderli o rendere tristi quei pochi momenti passati insieme. Anzi, volevamo passare più tempo possibile con loro.
Quella notte non riuscivo a dormire, così avevo acceso una piccola luce, sapendo di non disturbare il mio gemello che aveva il sonno molto pesante e mi ero messo a leggere. Ero fatto così: ogni minuto del mio tempo libero lo passavo leggendo o scrivendo. La mia passione per la scrittura era nata dal fatto che ogni volta che leggevo un romanzo che mi piaceva molto o mi colpiva pensavo a come sarebbe stato se ne avessi scritto uno tutto mio. Magari un giorno sarei riuscito a pubblicarlo e alla gente sarebbe piaciuto. Con questo pensiero positivo avevo preso il mio tablet dal comodino e avevo spento la luce. Se dopo un po' che scrivevo non avessi controllato l'ora, probabilmente sarei andato avanti fino alla mattina dopo. Erano le sei e mezza e dopo circa tre ore mi sarei dovuto alzare. Avevo spento il dispositivo e mi ero steso. Appena posata la testa sul cuscino, ero sprofondato nel sonno.
La mattina dopo Mattia mi aveva svegliato e mi aveva chiesto -Ma a che ora sei andato a dormire, scemo?-
Sempre delicato, il mio fratellino. -Sei e mezza- avevo risposto. Se Mattia avesse dormito così poco, la mattina dopo sarebbe stato una specie di zombie vivente, mentre io sembravo sempre fresco come una rosa. Mattia si era stretto nelle spalle e dopo essersi vestito era sceso senza fare rumore al piano di sotto per fare colazione. I nostri genitori dormivano ancora, così, quando avevamo finito di mangiare, eravamo usciti per comprare il regalo per il loro anniversario, che sarebbe stato il giorno dopo.
Mentre Mattia andava dal fioraio per comprare un mazzo di fiori per mamma, io mi ero diretto verso il mercato che veniva allestito ogni sabato per cercare qualcosa, qualsiasi cosa, che poteva andare bene per papà. Dopo un quarto d'ora che cercavo, finalmente avevo trovato una bancarella che vendeva oggetti vari. C'era una lampada a forma di lama azzurro, che era di pessimo gusto, avevo pensato, ma sarebbe piaciuta molto a mio padre. Avevo sorriso a quel pensiero e poi avevo fatto scorrere gli occhi sul resto del banco. Ad un certo punto avevo visto un oggetto che aveva attirato la mia attenzione: era un piccolo coltellino che aveva un'aria molto antica. Le piccole decorazioni color ebano mettevano in risalto il colore del legno chiaro con cui era fatto il coltello, forse rovere. La lama aveva anche delle sfumature argentee poco visibili e risplendeva debolmente tra le altre cose. Se non fosse stato perfetto per mio padre lo avrei sicuramente comprato per me. Lo avevo pagato e mi ero diretto verso il punto di incontro che avevo fissato con Mattia.
Quando lo avevo trovato, stava parlando con una ragazza, probabilmente appena incontrata. Il solito... il suo interesse principale aveva sempre riguardato le ragazze. Aveva in mano un mazzo di rose gialle, le preferite di nostra madre. Mi ero avvicinato e lo avevo salutato amichevolmente. Sapevo che quando lo interrompevo mentre era "all'opera", come diceva lui, si arrabbiava. Infatti, mi aveva rivolto uno sguardo assassino, ma aveva comunque salutato la ragazza e si era incamminato verso casa. "Non mi terrà il broncio tanto a lungo" avevo pensato, sapendo che mio fratello non ne era capace.
Appena arrivati a casa, Mattia aveva salito le scale e si era coricato sul suo letto, in camera. Sicuramente pensava che io riuscivo sempre a rovinare tutto e che non ci sapevo proprio fare con le ragazze. Poco dopo ero entrato anche io in camera e gli avevo rivolto un sorrisino dispiaciuto mentre prendevo il tablet, per poi uscire dalla stanza. Non riuscirà mai a essere arrabbiato con me.
Dopo qualche minuto avevo sentito i miei genitori alzarsi dal letto, erano svegli. Io ero seduto su una poltrona in salotto e guardavo il telefono. Subito dopo era arrivato Mattia di corsa, volgendo lo sguardo verso i fornelli e vedendo che avevo già preparato il caffè per mamma e papà. -Mi dispiace per prima- avevo detto. Mi aveva sorriso tranquillo e poi aveva detto -Lo sai che non mi arrabbio mai seriamente con te. Comunque ero venuto per preparare la colazione, ma vedo che hai già fatto- In quel momento i nostri genitori erano entrati, senza darmi la possibilità di rispondere.
-Buongiorno ragazzi, dormito bene?- aveva chiesto nostra madre. Mattia mi aveva rivolto uno sguardo fugace e poi aveva annuito. Sicuramente stava pensando alle mie misere tre ore di sonno. Avevo fatto un sorriso imbarazzato -Meno del solito- avevo detto senza specificare niente. -Grazie per la colazione, comunque- aveva poi approvato mio padre sedendosi al tavolo.
-Ragazzi, ho pensato che avevate ragione. D'ora in poi decideremo insieme l'orario del coprifuoco, però non è stata comunque una buona ragione per disobbedire. Per oggi, dovrete rimanere a casa tutto il giorno, poi vedremo- aveva detto mamma dopo un lungo silenzio.
Poi era uscita salutandoci, per andare a vestirsi insieme a papà. Quest'ultimo ci aveva rivolto un sorriso ed un cenno di gratitudine e se ne era andato.
Io, seguito da mio fratello, mi ero diretto verso il bagno per lavarmi i denti e poi mi ero messo a leggere il mio libro preferito, che avevo già letto e riletto tantissime volte. Ero arrivato al punto migliore, dove dopo quattro libri in cui erano stati amici, i protagonisti si mettevano finalmente insieme. "Mattia dice sempre che a me non importa delle ragazze ma i miei libri preferiti sono quelli romantici" avevo riflettuto e poi avevo pensato alla ragazza che poche settimane prima avevo conosciuto in Grecia. Al solo pensiero ero arrossito violentemente e Mattia doveva averlo notato, perché si era messo a ridere e, con un verso di scherno, mi aveva chiesto -Come mai sei rosso come un peperone?- E aveva ripreso a ridere. -Non è niente- avevo mentito, arrossendo ancora di più.
Non sarei riuscito a nasconderglielo a lungo. Noi due, anche se completamente diversi, eravamo molto legati. In realtà questa differenza ci univa ancora di più: era come se ci completassimo a vicenda. Io ero poco più alto di mio fratello, avevo i capelli biondi e gli occhi verde smeraldo (ignorate l'immagine in cui ce li ha azzurri). Ero molto gentile ma timido e riservato. Mattia, invece, aveva i capelli mori e gli occhi azzurri. Era il più sociale ed estroverso, con un sacco di amici e amiche, a differenza mia che preferivo averne pochi di cui mi fidavo e con cui stavo bene. Di solito miei compagni di classe.
Nella città in cui abitavamo, in Grecia, le scuole avevano un sistema diverso da quello italiano: dal terzo anno di superiori si poteva scegliere un indirizzo, tra classico, scientifico e tecnico, ma gli anni precedenti erano uguali per tutti.
Il liceo tecnico indirizzava di più rispetto agli altri verso il mondo del lavoro, infatti, era quello scelto da Mattia, che dopo aver finito la scuola voleva lavorare subito e rendersi utile in tutti i modi possibili. Io invece avevo scelto il liceo scientifico. Dicevo di aver fatto quell'indirizzo perché la mia materia preferita era la matematica e mi sarebbe piaciuto fare il medico da grande come mio padre, ma la mia vera passione era la scrittura, quindi non ero sicuro neanche io della mia stessa scelta.
Io e Mattia eravamo andati in Grecia per frequentare solamente il terzo anno, per fare nuove esperienze e per imparare meglio l'inglese, poi saremmo tornati a casa in Italia. Entrambi eravamo un po' dispiaciuti del fatto che avremmo lasciato quel posto fantastico, terminato l'anno, ma almeno saremmo tornati a vivere con i nostri genitori, come gli altri ragazzi di diciassette anni.
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L'Isola Irraggiungibile
FantasiaDiego e Mattia, due gemelli molto diversi quanto legati, intraprendono un viaggio involontario in un mondo fantastico. Devono trovare otto chiavi, che sono sparse nei nove regni in cui è suddiviso questo mondo, per riuscire a tornare a casa sani e s...