Non avevo chiuso occhio quella notte, mi ero girata e rigirata nel letto non so quante volte , pensando a quegli occhi, al quadro, a quanto entrambi fossero uguali, a quanto fosse assurda tutta quella situazione, non era possibile che fossero le stesse persone, non era praticamente normale; quando il sole sorse quella mattina avevo ancora gli occhi spalancati puntati verso la finestra, dovunque mi girassi o qualunque volta provassi anche solo per un attimo a chiudere gli occhi avevo paura che il soggetto di quel quadro spuntasse fuori per portarsela con sé, quando la sveglia suonò la gettai a terra facendola cadere insieme a tutte le cose che avevo posizionato sul comodino, non avevo voglia di andare a scuola, non avevo voglia di vedere nessuno, non scesi giù neanche per fare colazione, avevo lo stomaco chiuso.
"Maia...stai bene?" mia zia entrò in camera e si avvicinò al letto per accarezzarmi la schiena, non avevano parlato dopo la loro discussione in cucina, da quando era arrivata non avevano parlato di nulla : "So che per te può sembrare che noi qui non ti vogliamo ma è solo che facciamo difficoltà ad abituarci, tu sei la figlia di mia sorella, fai parte della nostra famiglia e avrai sempre un posto, un tetto sotto cui ripararti" non risposi, rimasi in silenzio a fissare fuori mentre nella mia testa si alternavano strani pensieri,domande che avrebbe voluto fargli ma l'unica cosa che le venne di dire fu : "Chi è Emily?" non vidi la sua espressione ma mi parve che all'improvviso in quella stanza fosse l'unica a respirare come se a sua zia si fosse fermato il cuore di fronte a quel nome, sentì i passi che si avvicinavano di nuovo al letto e lei dire : "Emily era la nostra bambina, Emily era tutta la mia vita ma...essere genitori non sempre è facile, non sempre diciamo le cose giuste, facciamo le cose giuste" aveva la voce rotta come se da un momento all'altro potesse mettersi a piangere; sentì una lacrima discenderle sulla spalla e scorrere fino ala clavicola, immediatamente mi misi a sedere e vidi per la prima volta in assoluta zia Margaret piangere: "Che fine ha fatto?" la donna mi guardò dritta negli occhi quasi cercando di nascondere il dolore che in quel momento stava provando e accennò a un piccolo e flebile sorriso : "Via, è andata via il giorno del suo diciottesimo compleanno e da quel giorno non abbiamo più avuto notizie di lei"avrei voluto chiedere il perchè fosse scappata ma sapevo che non avrebbe aiutato, sapevo che se fosse capitato a me, sapevo che se avessero chiesto di più su i miei genitori avrei dato di matto perciò mi limitai ad abbracciarla e a chiudere gli occhi per rilassarmi tra le sue braccia : "Posso restare a casa oggi?" mia zia si distaccò da me per guardarmi in volto e annuì, si asciugò le lacrime e si alzò dal letto per dirigersi di sotto quando si bloccò sulla soglia e disse : "Ti porto una tisana calda e dei biscotti al limone" le sorrisi e mi distesi nel letto, lasciandomi avvolgere dal piumone caldo.
I giorni successivi li rimasi rintanati in casa, non so come ma mi venne la febbre, non so se me la fossi cercata o di più desiderata,ma era abbastanza alta tanto da costringermi a tenermi a letto; durante la giornata ricevevo continuamente messaggi e chiamate da parte di Christine ai quali non rispondevo quasi mai, era dalla notte di San'andrea che non la vedevo né avevo dato a lei notizie di me, mi portava i compiti ma quando mia zia mi chiedeva se potesse salire anche solo per un saluto scuotevo la testa, non volevo vedere né sentire nessuno; il tempo era sempre lo stesso nuvoloso con probabilità di pioggia molto alta, e lo passavo a svolgere i compiti oppure ad ascoltare canzoni che per qualcun'altro potevano essere deprimenti ma che per me riuscivano ad aiutarmi nel duro compito ovvero quello di realizzare ci che avevo visto in quel dannato castello, dalla mia stanza riuscivo a vederlo e sapevo che una volta che avrei trovato il coraggio di uscire da quelle quattro mura ci sarei andata di nuovo per confermare che non ero ancora pazza.
Era una settimana che non uscivo di casa, però la febbre passò e quindi non ebbi più scuse, sapevo che il giorno dopo mia zia mi avrebbe alzato dal letto a forza perciò nel pomeriggio sistemai un po tutta la stanza e mi rimisi in sesto con una buona doccia e scesi di sotto dove mio zio e mia zia stavano pranzando, appena mi videro smisero di mangiare e vidi che si lanciavano strani sguardi, poi improvvisamente zio Marcus si alzò e mi si avvicinò con sguardo serio : " Ti chiedo scusa per come ho reagito, non avrei dovuto" sapevo che quel gesto gli era costato molto perciò gli sorrisi e annuii, se dovevo rimanere lì per un anno intero almeno volevo che le cose andassero bene e che non li avessi sempre contro: " Io e Marcus domani dobbiamo andare fuori città per delle questioni di lavoro, tu te la senti di rimanere a casa da sola?" Avrei voluto dire 'siete impazziti, lasciarmi sola in questa città di matti' ma rimasi in silenzio pensando che avrei potuto sfruttare la loro assenza per dirigermi di nuovo al castello del conte Dracula : " Torneremo l'indomani mattina" annuii con la testa mentre con la forchetta spostavo il cibo da una parte all'altra del piatto; dopo il pranzo ero risalita di nuovo in camera a scrivere un po sul mio diario con le cuffiette nelle orecchie quando mi alzai e vidi dalla finestra mio zio che tirava con l'arco, un vero e proprio arco, non seppi perché ma avevo voglia di provare, provare a mirare e scoccare così scesi di sotto dove la stanza era completamente vuota e buia e raggiunsi così zio Marcus fuori, in cortile.
Non mi disse nulla e neanche io chiesi nulla, mi affascinava il modo in cui tendeva l'arco, la linea perfetta del suo braccio con la freccia, il suono che faceva quando lasciava e poi la parte finale quando prendeva perfettamente il centro :" Vuoi provare?" Mi chiese all'improvviso, la ragazza cha abitava a Miami non ci avrebbe pensato neanche due secondi prima di rispondere no ma quel posto aveva un qualcosa che...sbuffai e mi alzai : " Si" mio zio mi diede l'arco tra le mani, stringerlo mi fece sentire forte, potente e invincibile : " Allora devi..." ma prima che potesse anche solo iniziare a spiegarmi come funzionava io già avevo scoccato e avevo preso il centro, fu una cosa automatica, e mentre lanciavo i miei occhi avevano seguito passo passo la freccia con la stessa modalità con la quale aveva seguito il colpo di fucile che suo zio aveva sparato verso quel lupo.
Mi voltai verso mio zio che nel frattempo aveva la bocca dischiusa e guardava il centro del bersaglio dove la freccia si era conficcata : " L'avevi già fatto?" Scossi la testa e mi voltai di nuovo verso il bersaglio, avevo l'adrenalina a mille, avevo voglia di rifarlo, perciò incoccai la freccia e lasciai, sorrisi saltellando, quella sensazione mi faceva sentire bene, strana ma bene : " Okay, okay ragazzina ora proviamo qualcosa di più difficile" quello fu il primo contatto, forse la prima specie di legame che instaurai con mio zio, passammo tutta la giornata ad allenarci fino a quando mia zia non ci chiamò per informarci che la cena era a tavola e per ricordarmi che il giorno dopo avevo scuola, già, scuola.

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Innamorata di un vampiro
VampirMaia Jones è costretta a trasferirsi dai suoi zii dalla soleggiata Miami alla piovosa e tetra Transilvania, a causa della morte improvvisa dei suoi genitori scomparsi in piena notte. Nella nuova scuola il Transylvania College, Maia viene presto ac...