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«Jungkook-hyung, sei a casa!».

Jaesun sembrava felice dell'arrivo del fratello maggiore, ma non mi fece alcun cenno di voler scendere per corrergli incontro e ciò lo trovai strano.

Di solito, appena un membro della famiglia tornava a casa, i bambini erano soliti a volerli raggiungere per poterli abbracciare, ma evidentemente il rapporto tra i due fratelli non era così buono da voler il minore andare in braccio al maggiore, per accoglierlo.

Tuttavia potevo anche sbagliarmi, non dovevo scendere subito a conclusioni affrettate giudicando solo dalle apparenze, e non dovevo nemmeno intromettermi troppo essendo solo un babysitter.

Mentre sistemavo meglio Jaesun tra le mie braccia sospirai, volgendo lo sguardo verso il basso così da non cadere nel mancare uno dei rimanenti scalini, fermandomi solo quando intravidi gli insoliti scarponcini neri che indossava il ragazzo.

E così appoggiai a terra il bambino pronto a presentarmi, ma non appena alzai lo sguardo un brivido mi percose lungo la schiena e in entrambe le braccia, sentendomi come paralizzato dallo stupore.

Il tempo sembrava essersi improvvisamente fermato.

Non credevo ai miei stessi occhi, il ragazzino che avevo difronte a me assomigliava lontanamente a quello raffigurato nelle poche foto di famiglia che avevo precedentemente notato, ovvero uno studente pressoché ordinario e con una grande timidezza nel volto.

Se non sapessi già la sua età lo avrei dato per mio coetaneo o persino più grande, i lineamenti del suo viso era parecchio maturi e mi superava di diversi centimetri d'altezza, ad occhi verso il metro e ottanta.

Il suo era un fisico slanciato ed equilibrato, al dir poco perfetto, e non mi sarei stupito scoprire facesse spesso palestra o praticasse un qualche tipo di sport, il suo era di certo un fisico allenato tanto quanto il mio, se non di più.

Gli abiti completamente scuri e di un paio di taglie più grandi però coprivano ciò che di maestoso poteva nascondersi al di sotto di quei strati di tessuto, lasciandomi sì insoddisfatto ma allo stesso tempo dava libero sfogo alla mia immaginazione.

Ma fu il suo volto a distrarmi da quel largo petto e composte spalle, perdendomi in quei sui rifiniti e unici lineamenti facciali che poco si avvicinavano a quelli del fratello minore.

Mi guardava confuso, con la fronte leggermente aggrottata e con alcuni ciuffi di capelli scompigliati che gli cadevano sui due occhi scuri e penetranti, grandi e luminosi, ricchi di vitalità seppur ostili.

A spiccare però erano proprio gli insoliti capelli di un frizzante color ciliegia, come simili erano le sottili ma piene labbra a coniglietto dove appena sotto, tra il mento e queste, era posto un piccolo neo scuro.

Non aveva un viso paffuto, tuttavia le sue guance non erano nemmeno magre e queste davano un piccolo accenno agli zigomi, dandogli di conseguenza una certa figura monumentale in quell'espressione scrutatrice.

Era davvero... Affascinate, unico nei suoi lineamenti e perfetto nelle sue imperfezioni, una bellezza così diversa da quella Taehyung che la trovai ancora più magnifica, indescrivibile.

Ma davvero ero appena rimasto stregato dall'aspetto di un ragazzino all'ultimo anno di liceo? Dovevo riscuotermi immediatamente.

«Uhm, suppongo tu sia "la nuova babysitter" di Jaesun che mamma mi ha accennato» se prima il suo tono mi era sembrato duro ora era molto più rilassato, ma sempre diffidente.

Non era la sua una voce profonda come quella di Taehyung e tanto meno era acuta quanto lo era spesso la mia, era equilibrata, dolce e gentile seppur cercasse di essere il contrario.

Rispecchiava la vitalità dei suoi occhi, ma poco la sua figura quasi intimidatoria.

Annuì mettendomi dritto con la schiena, a dir poco imbarazzato: «S-sì, sono il nuovo babysitter di tuo fratello, mi chiamo Park Jimin».

Ma quando allungai una mano il ragazzo ritrasse le sue all'interno delle tasche dei pantaloni, facendo un passo indietro e chinando lo sguardo verso i suoi piedi, facendo poi come per calciare un sasso invisibile.

«Jimin uhm? Suppongo tu già sappia il mio nome», forse mi stavo davvero sbagliando, tanto diverso dal timido studente delle foto non lo era poi così tanto, evidentemente era solo stato colpito improvvisamente dalla pubertà negli ultimi mesi.

Più piccolo di me di due anni ma è già più alto, pensai un po' invidioso, chiedendomi inoltre se sarebbe cresciuto ulteriormente.

Non che io fossi così tanto basso, ma la differenza di altezza che c'era tra noi era davvero notevole, sembravo io il più piccolo d'età.

Mi accorsi solo dopo una piccola pausa di completo silenzio che ero rimasto a fissarlo tenendo ancora la mano tesa verso di lui, e così, sentendo le orecchie bruciare, la porta dietro alla nuca chinando lo sguardo verso un lato.

Annuì, «J-Jungkook vero?» feci una piccola pausa, facendo scivolare la mano fino a un lato del collo per poi abbandonarla lungo un fianco: «Vuoi cenare con noi? Stavamo giusto per-».

«Non ho fame, ho altro da fare», e così superò sia me che Jaesun iniziando a salire le scale, lasciandoci pressoché senza parole.

Lo seguii con lo sguardo finché non lo vidi scomparire dal mio campo visivo, e dopo qualche attimo rilasciai un lungo sospiro.

Dannazione, oltre che i suoi capelli anche il suo profumo è quello delle ciliegie.

«Tuo fratello è davvero strano, Jaesun» commentai volgendo lo sguardo verso il piccolo bambino, che mi aveva stretto una mano mentre mi guardava.

«Jungkook-hyung è timido con gli sconosciuti», e a quella sua affermazione non riuscii a trattenere un largo sorriso divertito, «Allora voi due non siete proprio così diversi».

[...]

La madre di Jaesun, la signora Jeon, aveva lasciato del kimchi per noi in frigo, il colore e l'odore sembravano buoni ma una volta che li riscaldai e assaggiai li trovai abbastanza insipidi.

Evidentemente non era così brava a cucinare, non che io fossi tanto meglio ai fornelli ma sembravano davvero mancare di sapore, come se non avesse aggiunto alcuna spezia.

Nemmeno Jaesun sembrava apprezzarli così tanto, il suo viso era così insoddisfatto che a poco mi trattenevo dalle risate mentre lo aiutavo a mangiare.

«Se non mangi poi non cresci, non prendere esempio da tuo fratello che ha deciso di digiunare» lo incitai mentre prendevo un altro pezzo di kimchi con le bacchette, avvicinandolo alla sua bocca imbronciata.

«Voglio il kimchi della cuoca Kang!», una cuoca? Hanno persino una cuoca?! Altro che benestanti, questi sono dei principi.

Ma nel momento in cui stavo per rispondergli, sentii il campanello suonare e qualche instanti dopo qualcuno scendere le scale di fretta.

Chi altro poteva essere se non Jeon Jungkook.

Mi sporsi così con la sedia per vedere cosa stava facendo, notandolo uscire dalla porta d'ingresso indossando un paio di ciabatte.

In un certo senso l'openspace era davvero comodo in situazioni come quelle.

Passarono diversi secondi, dove rimasi a guardare in direzione dell'entrata dimenticando che affianco a me ci fosse Jaesun, probabilmente ancora più confuso di quanto lo fossi io.

«Che succede Jimin-hyung?», ma ancora una volta non feci in tempo a rispondere al piccolo che vidi la porta riaprirsi, da dove poi comparse la figura di Jungkook, volto di spalle.

Affilai lo sguardo, teneva qualcosa in una mano che sembrava una borsa di... Ha ordinato del cibo d'asporto?!

Lo so che forse ero davvero esagerato, ma nel vederlo risalire le scale senza dir nulla dopo aver ordinato da mangiare, nonostante mi avesse detto prima di non essere affamato, mi fece diventare un peperone in volto dalla rabbia.

«Ah quel maledetto e bugiardo, ha ordinato da mangiare solo per sé lasciandoci nell'inferno dei kimchi insapori, che egoista».

fantasticherie color ciliegia.           jikookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora