silvia

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Silvia picchiettava con il piede una delle gambe del tavolino a cui era seduta e controllava lo schermo del suo cellulare ogni trenta secondi in attesa di una risposta ad un messaggio che aveva inviato quarantacinque minuti prima.

Dove sei? Io sono già seduta che ti aspetto, muoviti! 

Ma siccome non aveva ancora ricevuto alcuna risposta, Silvia stava cominciando ad insospettirsi.

Pensare che la sua amica fosse per l'ennesima volta in ritardo perché non si era preparata in tempo per uscire ad incontrarla le faceva montare solo rabbia.

Non può essere ogni volta in ritardo. Non può, non dopo l'ultima volta.


Come al solito, però, Silvia non riusciva a rimanere arrabbiata nei confronti di Erica per più di cinque minuti consecutivi: la rabbia, come sempre, scemava quasi subito.

Soprattutto quel pomeriggio, dato che, inspiegabilmente, Silvia non poteva fare a meno di pensare che, forse, proprio quella volta, il ritardo della sua amica fosse determinato dal fatto che le fosse successo qualcosa di grave.

Per questo motivo decise infine di chiamarla.

Avrebbe potuto benissimo farlo prima, ma negli ultimi tempi Erica l'aveva ammonita di non farlo perché, come le aveva spiegato con particolare enfasi, sarebbe stato controproducente per entrambe: ricevere chiamate pressanti quando era già per strada avrebbe messo addosso ad Erica ancora più ansia e, Silvia lo sa bene, quando Erica è ansiosa tende a velocizzare tutto ciò che sta facendo ma con il rischio di commettere solo dei casini, tra cui arrivare ancora di più in ritardo, cosa che Silvia voleva evitare che accadesse per il proprio interesse.

Tuttavia, in quel momento, Silvia percepiva una spiacevole sensazione di apprensione e mentre accostava il suo cellulare all'orecchio e aspettava che Erica prendesse la chiamata, pregò che fosse tutto a posto.

Dai, rispondimi.


Sfortunatamente, nello stesso istante in cui Erica rispose al telefono, qualcuno dalla voce profonda e maschile la chiamò in lontananza. D'istinto, Silvia mosse la testa prima a destra e poi a sinistra per capire chi fosse la persona che l'aveva chiamata, ma non scorse nessuno che le fosse famigliare.

- Silvia?

Erica sembrava leggermente preoccupata.

- Sto arrivando, lo giuro, è che ho beccato un traffico pazzesco e l'autista dell'autobus non si dà una svegliata!

L'amica fece una brevissima pausa, poi continuò, non rivolgendosi questa volta a Silvia, che intanto scorse qualcuno, tra la folla, che la immobilizzò sul posto.

- Scusi? Si, esatto lei! Non può andare un po' più veloce? Avrei un appuntamento, con la mia migliore amica. Erica si stava rivolgendo all'autista dell'autobus.

- Lo so che sta piovendo. Lo vedo, grazie, ma lei sta andando troppo piano!

Lei non poteva rendersene conto ma le sue parole erano diventate nient'altro che una confusa musichetta di sottofondo alla scena che si parava davanti agli occhi increduli di Silvia, la quale si sbrigò a chiudere la chiamata con un semplice – Ti aspetto – continuando, a suo malgrado, a fissare la figura alta e snella che stava camminando nella sua direzione.

Improvvisamente terrorizzata, l'unico pensiero che Silvia riusciva ad elaborare era uno solo.

Oh mio Dio, no.


- Ciao.

La persona che aveva urlato il suo nome dal fondo di una piccola piazza semi vuota ormai era in piedi davanti a Silvia e, dopo averla salutata con un tono morbido e caldo, fece una brevissima pausa, quasi con l'intento di lasciare tempo alla ragazza che aveva di fronte di riprendersi dallo stupore che era impossibile non leggerle in volto.

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 13, 2020 ⏰

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