Capitolo 13. Covid-19

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Sofia era lì che fissava immobile il cielo, seduta al balcone di casa sua mentre fumava una sigaretta.
Quella sera di quasi primavera il manto sopra di lei era sereno e le stelle brillavano una ad una. La luna piena luminosa completava quel quadro.
Quando guardi le stelle non sai mai chi sta guardando chi. Molto spesso gli spettatori fanno parte dello spettacolo e non lo sanno. Come le stelle che, nella loro normalità, sono una meraviglia per chi le sta a guardare. Loro che ne sanno che danno conforto a chi è triste.
In questi giorni di emergenza sanitaria, come migliaia di attività in Italia, anche lo studio di Sofia è chiuso fino a data definirsi. È una di quelle vacanze inaspettate che dovrebbero un po' risollevare, invece non è una vacanza di piacere. Uno strano virus sconosciuto, Covid19 lo chiamano, è venuto a sconquassare la vita e la libertà degli esseri umani. Ora 9 marzo 2020 con il nuovo decreto, non solo la Lombardia, il Veneto ed l' Emilia Romagna, ma tutta l'Italia è diventata zona protetta. Gli spostamenti delle persone sono limitati, le partite e tutto lo sport è sospeso, così come le scuole e l'istruzione. Ora è tutto fermo, tutto in standby. Come quando guardi un film e va via la corrente sul più bello. Così. Ti senti con la gran voglia di vedere come va a finire , ma devi aspettare che si aggiusti tutto. E sai già che ci vorrà un po' di tempo. L' Italia sembra che non sia mai pronta. Per strada solo negozi di alimentari e beni di prima necessità e farmacie sono aperti. Quei pochi che sono in strada, hanno mascherine e guanti in lattice. Per la sanità meglio restare a casa. Allora le persone organizzano flashmob dai balconi con le luci degli smartphone, intonano canzoni e motti per abbracciarsi da lontano, per non mollare.
Ma poi quando a Bergamo sfilano i camion dei militari con centinaia di vittime tutte dirette ai forni crematori si preferisce stare in silenzio ponendo una candela accesa sui balconi come segno di rispetto e di lutto. Un dolore straziante pensando che i morti non hanno potuto avere vicino le persone che amavano; non hanno potuto tenere la mano di una sorella, di un fratello, di un marito, di un figlio, di un marito, di una moglie. Sono andati via da soli. I preti che avrebbero dovuto dare l'estrema unzione non hanno potuto perché contagiati. I cardinali così hanno dato questo compito ai dottori e agli infermieri che piangendo lo hanno eseguito. I veri eroi sono loro, che con turni di 13-14 ore assistono i malati.
Stanno arrivando anche le belle giornate ed è triste vedere i parchi vuoti. Si esce solo per necessità, come fare la spesa, andare a lavoro o in farmacia. Per strada girano le volanti della protezione civile e dei vigili che con degli altoparlanti invitano la popolazione a restare in casa. Infatti, per uscire serve un'autocertificazione, che praticamente lo Stato ha già cambiato 4 volte perché c'è ancora chi non rispetta la quarantena. Quindi è costretto a mettere restrizioni via via più severe.
I giorni passano con i bar , le pizzerie e i ristoranti chiusi. L'italiano è abituato a prendere un Caffé o a fare un aperitivo dopo il lavoro. Ora non va più neanche a lavoro. Non esiste una cura al Covid19 e quindi per debellarlo bisogna evitare i contagi.
C'era poi chi non l'ha preso tanto male il fatto di restare a casa. Sforna pizze il sabato sera, frigge ciambelle e fa le torte della nonna. Forse aveva tanto bisogno di stare a casa e lo ignorava. Aveva bisogno di staccare da quella vita frenetica e non poteva. Aveva bisogno di respirare il profumo della famiglia e non lo sapeva.
Sui social impazzavano video divertenti di mariti che stendono il bucato , persone che girano in casa con le bici e tanti altri.
La cosa positiva poi è che il tasso di inquinamento si è abbassato in una sola settimana . Ma la quarantena non è uguale per tutti. Dipende dai metri quatri, dai balconi e dai terrazzi, dagli abbonamenti streaming e dalla capacità di tenere il frigo pieno non lavorando. Che persino ingannare il tempo a fare torte è lusso non per tutti.
Il clima però poi cambiò profondamente il 23 marzo. Ritornò l'inverno, con il freddo e la pioggia. Della primavera che scoppiò il 20 marzo ora neanche l'ombra.
Sofia era in vacanza.
Poteva però lavorare a distanza. Poteva a distanza prendersi cura e incoraggiare chi si sentiva inutile e disperso.
Ogni tanto la signora Lara la chiamava. Le diceva che la quarantena non le faceva affatto bene. Stare a casa le ricordava sempre di più suo figlio. Ora poi con la pioggia che dibatteva insistentemente era inevitabile per Lara non contare le gocce soffrendo.

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