Prologo

335 14 4
                                    

Faceva caldo, dannatamente caldo. Jack si svegliò in una pozza di sudore. Stavolta però non si trattava di uno dei suoi abituali incubi di mezzanotte. Si alzò di scatto, andò verso la porta della sua camera e oltre vide solo, in un'unica parola, il fuoco. Le alte fiamme rossastre ardevano come fossero impazzite e pian piano stavano ingoiando anche gli stipiti della porta della cameretta di Jack. La cameretta era allegra, le pareti tinteggiate di blu, i mobili essenziali tappezzati di poster e immagini di cartoni animati davano alla camera un'aria fresca e spensierata. Ora, però, il riflesso delle fiamme che ardevano con tanto furore appena aldilà della stanza, trasformava la camera in un inferno, un inferno in cui Jack era rimasto intrappolato. Jack si tolse il pigiama e cercò di fermare alla meno peggio il fuoco che avanzava avido e crudele incombendo sulla stanza. Ormai l'area calpestabile si era ridotta ad un paio di metri quadrati. Pensò rapidamente a tutto ciò che poteva essergli utile per mettersi in salvo e scagliò un portapenne contro la finestra, che ovviamente non si ruppe. Quindi, a malincuore prese la sua chitarra e picchiò con forza contro il vetro, che finalmente si ruppe. Riuscì ad uscire, ma si ferì al braccio. Riuscì anche ad afferrare un paio di jeans e una maglietta. Il cellulare, però, era già diventato preda delle fiamme. Una volta fuori riorganizzò le idee, e poi sentì dei gemiti. Provenivano dalla stanza dei suoi genitori. Si avvicinò dall'esterno alla finestra della camera, ma purtroppo fece solo in tempo a vedere sua madre che emetteva un grido strozzato, e veniva inghiottita dalle fiamme. No. No. No, no, no e ancora no! Tutto questo non è possibile, è il più brutto degli incubi, provò a dire. Ma purtroppo il dolore che provava era vero, quella situazione era vera. Non era un sogno. Prese il suo skateboard e fuggì. Non spaeva che altro fare, così fuggiva, correva in sella al suo skateboard. Dopo qualche chilometro, esausto e piangente si distese a terra, si coprì il corpo con del fieno e cercò di dormire. Dopo qualche minuto cadde in un sonno profondo. Ma per tutta la notte non sognò altro che il volto di sua madre, una faccia sconvolta. Gli occhi pieni di paura, il viso imperlato di sudore. Le lacrime scendevano copiose sul suo viso, e non sapendo che fare, dormì. Dormì a lungo.

Io e il mio SkateboardDove le storie prendono vita. Scoprilo ora