Prologo

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Dark Features
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Prologo

I vicoli di Busan nascondevano molto più dei cassonetti della spazzatura.
Tra le crepe dell'asfalto, in ogni singolo granello materico che componendosi si imbeveva delle luci sfarfallanti delle insegne al neon, le cui scritte erano speculari nelle pozze ai piedi dei tubi di scolo, lucido contro i finestrini delle auto e afrodisiaco dentro alle bustine degli spacciatori: il pericolo era ovunque.
Il pericolo della notte, quella buia fatta di ragazze che uscivano dai locali da sole, strette nelle giacchette leggere, e che a casa non facevano più ritorno. Era quella stessa notte in cui qualche ricco imprenditore veniva trovato sgozzato tra diamanti ed ecstasi; la notte in cui qualche mafioso veniva buttato nelle acque agitate del porto ed il cadavere scompariva, non nei fondali, non impigliato nelle reti dei pescatori, scompariva soltanto.
La notte di Busan era più dell'apparenza, delle compagnie sconvenienti, dei giri loschi. La notte di Busan era malvagia, incantata, insaguinata.
La notte di Busan era, e sarebbe rimasta, sconosciuta.

«Il ragazzo è morto?»
La figura incappucciata si sporse dal tetto, la felpa che gli copriva il volto era di un paio di taglie di troppo, scura abbastanza perché si confondesse con l'oscurità. Scese un piano con un salto, aggrappandosi alla prima sporgenza metallica dell'edificio mai finito di costruire per rientrare nello stesso, la visuale adesso ravvicinata di qualche metro.
Dal basso, il suo compagno gli rivolse un'occhiata preoccupata, l'espressione sgomenta.
«Cazzo, no» si spolverò la manica del completo con una certa agitazione.
«È dissanguato?»
«Non gli è rimasta neanche una goccia di sangue, è tutto attorno a lui, guarda che pozza».
Quello sul tetto ghignò, dal cappuccio si poteva scorgere il riverbero azzurro dei suoi occhi, piccoli fari nel buio.
«Non è stato un succhiasangue?»
«Bada bene a come parli», quello di sotto si allentò la cravatta con uno strattone.
«Ho colpito un tasto dolente?»
«Scendi e basta, Yoongi. Non è il momento di giocare».
Yoongi non parve molto contento del cambio di tono del suo compagno, ma scese comunque dall'edificio, le mani che si aggrappavano ad un pezzo di metallo arrugginito dopo l'altro; atterrò accanto al corpo senza il minimo rumore.
«Quindi, che dici? Dovresti saperlo meglio di me» il giovane in completo scostò una ciocca dei propri capelli dietro l'orecchio, il biondo argenteo scintillò alla luce della luna da cui ne riprendeva il colore.
«Non so, Taehyung. Io lo ammazerei».
«Certo, immagino sia la scelta giusta».
Taehyung si chinò accanto al corpo, dal lato che non era invaso dal sangue.
«Sembra giovane, avrà appena vent'anni... No... Ne ha diciannove», la sua voce tremò d'esitazione, «È giovane, non trovi?»
«Ai miei tempi avevano mogli e figli».
«Che vorresti dire?»
«Che non me ne frega niente di lui, voglio ucciderlo ed evitare un grosso problema; e poi dare il cadavere in pasto a Jimin».
Yoongi calciò appena un braccio del ragazzo, emise un mugolio così debole che nessun umano avrebbe mai potuto udirlo.
«Pensi che ci riusciresti?»
«Scherzi? Basterà farlo andare un po' a male, Jimin ne andrà matto».
Taehyung strinse le labbra, osservando il viso cereo del giovane. Cosa ci faceva là? Cocaina? Nightclub? Un qualche stupido rituale da confraternita? Qualsiasi fosse la causa della sua presenza in quel posto, era andata a finire male.
«Mi riferivo a lui. Riusciresti ad ucciderlo?»
«Sono Min Yoongi. Sai bene che la domanda è un'altra».
Taehyung scoppiò a ridere, ma non c'era nessun divertimento nel modo in cui interpretava la situazione.
«Fammi il piacere, lo so qual è la domanda: lo terresti in vita? So che la risposta è no, so che a te non causa problemi. Semplicemente, hyung, ne sei in grado? Sei più saggio di me, forse più di chiunque altro. Lui sta diventando qualcosa di troppo difficile da gestire».
«Per questo deve morire».
Yoongi si avvicinò al corpo, accovacciandosi al suo fianco incurante del sangue che si dispiegava al di sotto delle sue scarpe.
«Guarda che carino, mi ci divertirei da morire, non trovi Tae? Prima di ammazzarlo ci avrei giocato volentieri, ma insomma, non ha più un fianco, risulterebbe sgradevole», Yoongi carezzò il viso del giovane con la mano nivea, le dita ossute andarono a sollevarne il mento.
«L'unica cosa che reputo sgradevole è il fatto che tu stia seriamente valutando l'idea di stuprarlo».
«Suvvia Taehyung, quelli come te non possono giudicare quelli come me, e come ho già detto risulterebbe sgradevole con questa ferita. Guarda qua, riesco a vedergli lo stomaco, vieni ad osservare».
Taehyung storse il naso, sventolando la mano come a scacciare qualche sortilegio malevolo.
«Io passo. Dovresti muoverti ad ucciderlo e basta, è impietoso lasciarlo così».
Yoongi annuì, umettandosi distrattamente le labbra.
«Dovrei, ma il nostro amico è qua da giorni, eppure la ferita non si è infettata».
«Cosa vorresti dire?» Taehyung indietreggiò istintivamente, un brutto presentimento a serrargli la gola come una mano guantata di gelido metallo. Se fosse stato in grado di respirare, in quell'istante avrebbe smesso.
«È troppo tardi Taehyung. Chiama Namjoon, dobbiamo trovare una soluzione».
«Soluzione...», Taehyung parve assaporare quella parola, scandendone le sillabe come se non me comprendesse il significato, «Non c'è soluzione Yoongi. Lui... Lui è la fine».
La luna quella note si ritirò dal cielo, lasciando le stelle a far veglia alla terra da sole.
Nemmeno lei, madre della notte, volle benedire la nascita di qualcosa del genere.

{BTS} Dark FeaturesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora