Chapter 17.🔴🔴

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IMPORTANTE.
LA DESCRIZIONE DEL FLASHBACK POTREBBE URTARE LA SENSIBILITÀ DI QUALCUNO, IN QUANTO VIENE DESCRITTA UNA SCENA CHE CONTIENE SANGUE. SE SIETE SENSIBILI SCONSIGLIO LA LETTURA DI QUELLA PARTE, CHE NON È PARTICOLARMENTE INDISPENSABILE PER LA COMPRENSIONE DELLA STORIA.
Detto ciò grazie mille per le visualizzazioni e per i voti, buona lettura💚

Pov. Elena
"Bene" iniziò Chirone "iniziamo di nuovo con l'allenamento per i tuoi poteri. Forza, inizia ad uccidere i cloni." Ero ancora molto stanca dalla mattina, cercai quindi di farlo sapere al centauro che mi rispose in modo secco di continuare e di non lamentarmi. Non capivo, perché si comportava così? Era sempre stato gentile e pacato con tutti, soprattutto con me. Sapeva come reagivo sotto pressione e ora sembrava volermici mettere.
Ad ogni mio errore aumentava i cloni, che in poco divennero troppi. Oltre ai poteri fui costretta ad usare gli insegnamenti dei figli di Ares, che però mi aiutavano solo a temporeggiare.
"Forza, mettici impegno!" Alzò la voce lui. Mi innervosii, rispondendo:
"Se fossi meno stanca forse che la farei."
"Non cercare scuse, devi essere pronta. Oppure preferisci morire al palazzo di tuo padre?" Questo mi spronò a dare il massimo, per dimostrare che non ero debole e che non sarei affatto morta.
"Tutto qui? Non hai ancora chiamato gli scheletri, quindi non sei ancora al limite. Di nuovo!" Il suo atteggiamento come anche il suo tono mi stavano facendo incazzare. Ricominciai da capo, incassando qualche colpo a causa della stanchezza sempre più forte. Sapevo che mi stava mettendo alla prova, quindi volevo assecondarlo e seguire il suo gioco: sapevo essere molto testarda se mi ci mettevo.
Ad un certo punto caddi a terra e lui fu costretto a bloccare i cloni.
"Alzati! Non sei in grado di affrontare degli stupidi cloni?! Figuriamoci stare per tre mesi nel palazzo di un dio! Forse mi sono sbagliato. Forse assomigli a tua madre: entrambe due fallite." Sapeva che quello era il mio punto debole. Odiavo essere paragonata a mia madre. Non mi controllai più, iniziando a uccidere qualunque cosa si trovasse nelle mie vicinanze. Nonostante ciò avevo il controllo pieno delle mie azioni: se così non fosse stato avrei fatto fuori anche Chirone.
"Tutto qui quello che sai fare?!" Continuo il mezzo cavallo. A quel punto non ci vidi più dalla rabbia. Picchiai un pugno a terra dicendo a voce alta la parola "Tanathos".
Intorno a me si formò una voragine, da cui uscirono gli scheletri che distrussero totalmente tutti i cloni.
Ero allo stremo delle forze, tanto che, non appena gli scheletri se ne andarono tornando da dove erano venuti, stramazzai al suolo. L'ultima cosa che dissi al centauro fu:
"Sei contento ora?" In risposta mi prese tra le sue braccia dicendo:
"Lo sono sempre stato. Sono fiero di te." Dopo di che tutto divenne buio attorno a me.
Mi svegliai dopo un tempo indeterminato nella capanna in cui mi ero addormentata la prima notte al campo. Capii che doveva essere l'infermeria, dato che i satiri portavano di continuo le loro erbe magiche per curare i semidei.
Intravidi accanto a me un volto conosciuto: Joaquin.
"Ehi, ti sei svegliata finalmente. Hai dormito per un giorno intero." Disse. La sua voce, nonostante fosse normale mi rimbombò nelle orecchie, accentuando il già presente mal di testa.
"Stai bene?" Domandai fievolmente. Non ero nemmeno sicura che mi avesse sentita, fino a che non rispose con un semplice:
"Si, solo grazie a te." Ero felice di aver aiutato qualcuno, finalmente.
"Sei sveglia, finalmente. Stai bene?" Guardai verso la fonte della voce. Era Ryan, uno dei due gemelli figli di Nemesi.
"Chirone ci ha detto di controllarti ogni tanto e di avvisarlo in caso ti fossi svegliata. Vado a chiamarlo." Continuò l'altro, Jordan.
"Sto bene, posso chiamarlo da sola, grazie." Detestavo essere trattata come una che deve essere accudita perché non autosufficiente. Feci per alzarmi, ma la testa che girava ed un improvviso conati di vomito mi costrinsero a rimettermi seduta. Ryan mi aiutò a tenere il busto dritto, mentre vomitavo tutto ciò che mi era rimasto in corpo.
"Scusatemi." Conclusi una volta finito. Mi asciugai la fronte. Sentii le guance umide. Fin da quando ero piccola non riuscivo a non piangere dopo aver vomitato. Cercai di asciugare le lacrime, sperando che non se ne fossero accorti.
"Smettila o ti farai male." Mi ordinò il figlio della dea della vendetta. Scossi la testa, scusandomi di nuovo. Ero in imbarazzo: mi stavo mostrando debole davanti a loro e ciò non mi piaceva per nulla.
"Smettila di scusarti, non hai motivo per farlo. Tutti hanno dei momenti in cui l'unica cosa di cui necessitano è una spalla su cui piangere." Disse il figlio di Afrodite, mentre l'altro mi accarezzava la schiena con movimenti lenti nel vano tentativo di calmarmi.
Il motivo della mia reazione era semplice.

Inizio flashback

Avevo circa 14 anni e mia madre, come sempre non era ancora tornata a casa nonostante fossero le 3.30 di mattina. La aspettavo sveglia, per assicurarmi che fosse viva. Non mi importava in che stato fosse, bastava vederla respirare e trascinarsi dentro la porta. Da molti anni ero abituata a chiudermi in camera una volta che ciò accadeva, visto che, quando ero più piccola, mi aveva picchiata diverse volte da ubriaca. Non lo avrebbe potuto fare, visto che ero più alta e più forte di lei ora, ma era un'abitudine dura a morire. Quella notte però fu diverso. La vidi entrare in casa e mi cadde addosso. Me la scrollai il più velocemente possibile, temendo il peggio. Ma non sapevo che il peggio sarebbe arrivato in pochi attimi. Aveva bevuto chissà quanto e fumato ancora di più. Dati gli svariati segni sulle sue braccia capii che non si era limitata a quello. Mentre constatai ciò lei assunse il colorito di un cadavere e mi vomitò addosso. Faceva schifo certo, ma il problema non era certo quello. Ciò che uscì dalla sua bocca non fu semplice vomito, ma sangue. Ce l'avevo ovunque, sul petto e sulle braccia. Mi sentii male anche io. Non scorderò mai l'odore acre di ciò che avevo rimesso io, mischiato al suo sangue. Scoprii in seguito che era dovuto ad un collasso di una delle pareti dello stomaco a causa del troppo alcol ingerito. Fu mandata in comunità e disintossicata per un periodo di tempo, in cui io rimasi sola a casa, controllata da alcuni assistenti sociali. Al suo ritorno i medici spiegarono che era del tutto guarita, ma che avrebbe dovuto prendere delle pastiglie per compensare a degli squilibri dell'organo lesionato. Questo non la fermò dal continuare la sua vita di prima.
Fine flashback

Ogni volta che vomitavo tutta quella scena mi tornava in mente, facendomi sentire oppressa. In qualche modo mi sentivo troppo simile a mia madre quando stavo male in quel modo, e ciò mi disgustava.

L'ultima figlia di AdeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora