Capitolo 5

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Sapevo che era pericoloso, ma dovevo provarci. Sfondai la porta con un calcio e saltai giù dal carro. L'unica arma che possedevo era il mio corpo ed ero da solo contro due guardie armate. I soldati, dopo un primo momento di incredulità, attaccarono ma a causa di tutto l'alcol che avevano in corpo non uccisero nessuno, ma inflissero solo qualche ferita a due ragazzi che stavano scappando verso un boschetto lì vicino. Era l'unico riparo e stavano tutti correndo verso quel punto di speranza. Notai qualche ragazzo che cadeva a terra senza un apparente motivo. Non rimasi tanto a pensarci, poiché i due soldati ubriaconi stavano per colpire ancora. Così mi misi tra le guardie e i ragazzi, per prendere tempo e farli scappare il più lontano possibile. Misi a terra uno dei soldati e stavo per attaccare anche il secondo quando sentii un pizzichino sulla spalla e una stanchezza sovrastarmi. Mi girai e vidi la terza guardia ancora sul carro con una cerbottana in mano e delle munizioni nella sua cintura. L'ultima cosa che vidi furono gli occhi del ragazzo che non aveva fatto parte alla ''spedizione''. Poi tutto nero e buio.

Quando mi svegliai sentii subito delle catene al polso, questa volta molto più pesanti. Dovevano aver capito che il primo a liberarsi, ero stato io, e siccome avevano visto le catene spezzate avevano pensato bene di rafforzarle. Ero sdraiato a terra e la mia guancia era a contatto con il pavimento freddo e umido. Aprii gli occhi e vidi delle sbarre. Non riuscivo a muovermi. Ero sicuramente in una prigione e siccome non vedevo nessuno spiraglio di luce dovevo presupporre, o che fosse notte o che ero sotto terra. La prima la scartai poiché non c'era un aria pulita e fresca. Così ipotizzai che fossi probabilmente nel seminterrato del Palazzo Reale. I miei pensieri furono interrotti da un rumore. Qualcuno si stava avvicinando e dato che sentivo il rumore di metallo contro metallo, era sicuramente la guardia dei prigionieri, e il suono proveniva dalla mazzetta di chiavi delle celle. Quando sentii parlare un altro uomo mi sorpresi, perché non avevo sentito i suoi passi.
''È lui? '' chiese l'uomo misterioso.
'' Si, signore'' rispose la guardia con un tono cordiale, che non si addiceva proprio alla voce rauca abituata a sbraitare ordini ai carcerati.
Prima di svenire per la seconda volta vidi un volto gentile che mi guardava e sorrideva appena.
Mi disse molto piano.''Benvenuto nella tua nuova casa''

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