Capitolo 10. Io, te, Firenze

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Gli amici di Charles rimasero da noi per cinque giorni e quando andarono via ne fui sinceramente dispiaciuto. Mai quanto Margherita però; venne a salutarli, aspettando Lando sul dondolo in giardino. Dalla finestra della cucina, io e gli altri li guardammo mentre si scambiarono qualche bacio e poi lui disse qualcosa all'orecchio a lei, beccandosi un abbraccio da spezzare il fiato.

Poche ore dopo la loro partenza, anch'io e Charles ci mettemmo in viaggio, facendoci accompagnare da mia madre in stazione e prendendo un treno regionale che ci mise due ore ad arrivare a Firenze. 

Quando scendemmo a Santa Maria Novella, nella confusione più totale, tra turisti intenti a capire dove fosse l'uscita e persone di corsa in ritardo, presi la mano a Charles e me lo trascinai dietro. Era bello ma strano essere a casa, e al tempo stesso ero curioso di come sarebbe andato quel piccolo viaggio insieme a Charles.

Devo ammettere che iniziò nel migliore dei modi. Quando arrivammo a casa di mia nonna, ancor prima di mollare giù gli zaini, Charles mi piantò contro un muro e mi baciò. Inutile dire che smisi immediatamente di pensare, che poi...a cosa avrei dovuto pensare?

I vestiti finirono uno alla volta sul pavimento, un po' in corridoio, un po' in sala e un po' nella stanza da letto. E Charles non smise nemmeno per un secondo di baciarmi, facendolo in una maniera tale da farmi credere di aver bisogno solo di quello per continuare a vivere.

Mentre le mie mani tremavano, le sue si strinsero saldamente attorno ai miei fianchi. Li accarezzò piano, dandomi baci bollenti lungo il collo e il petto. Sentii in alcuni momenti i suoi denti nella pelle e per trattenere i gemiti mi morsi il labbro. 

Farlo, quella volta, fu diverso dalle altre volte. Restammo abbracciati al lungo, lui a riempirmi come se fossimo stati creati per incastrarci alla perfezione. Come era successo la prima volta che l'avevamo fatto.

Il balcone dell'appartamento aveva vista su Santa Maria del Fiore. Quando il sole tramontò e le prime luci della notte si fecero vedere, stare lì tra le braccia di Charles fu il momento più felice della mia vita. Ricordo di aver incastrato la testa nell'incavo del suo collo, lasciandogli qualche bacio fugace e sussurrandogli qualcosa. "Possiamo rimanere così per sempre?" o forse "Mi piacerebbe rimanere così per sempre".

Come se il per sempre esistesse davvero.

***

«Questo cappellino è davvero orribile!» si lamentò Charles, mettendosi a posto la visiera del cappellino per la centesima volta. Sbuffai, alzando gli occhi al cielo. Insomma, doveva accontentarsi! Siccome aveva lasciato a casa tutti i suoi cappelli, eravamo stati costretti a prenderne uno in un negozio poco lontano dal centro. Okay, forse la fantasia con la scritta ripetuta "I love Firenze" non era il massimo, ma si sa: chi si accontenta gode.

«Non oso immaginarmi quanto ti lamenterai per la coda per salire sulla Cupola...o per tutti gli scalini da fare per arrivare in cima. Si prevede una luuunga giornata», dissi sistemandomi meglio lo zaino in spalla. Charles mi passò un braccio attorno al collo, tirandomi a lui e lasciandomi un bacio sulla guancia. Io per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva, come se veramente a qualcuno potesse importare di noi.

Le lamentele di Charles, alternate a sussurri con i quali mi diceva cosa avremmo fatto una volta tornati a casa, mi tennero compagnia finché non mi ritrovai a vedere la mia Firenze dall'alto. Vidi tutto con occhi nuovi e mi sentii...completo. Chissà se fu perché in quel momento Charles mi strinse la mano un po' più forte, indicandomi la piccola giostra che da quando avevo memoria, era sempre stata lì, in Piazza dell Repubblica, di fronte all'Hotel Pendini.

«Mia nonna ci portava sempre lì quando io e Giulia eravamo piccoli. Ricordo che l'ultima volta che ci siamo stati io avevo dieci anni, era la sera di Capodanno ed era completamente imballata. Ho aspettato quaranta minuti per riuscire a salire...credo di aver capito in quel momento che per alcune cose vale la pena aspettare». Charles mi guardò con un sorriso appena accennato, mentre io sospirai, dandogli le spalle e mettendomi a camminare, facendo scivolare la mano contro la balaustra in ferro.

Serendipity in Love || Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora