«Trentaquattresima classificata...!», annunciò la voce, «Jo Alighieri», concluse quella stessa. Era una voce femminile e formale, comune come tante altre, una voce fredda, che non ha nulla di attraente e che non trasmette niente. Chissà da quanto tempo ormai continuava ad annunciare le classifiche dei campionati di ginnastica artistica femminile.
Appena Jo udì il suo nome sentì che, di nuovo, i suoi sforzi, il suo impegno e la sua dedizione non erano stati ripagati neanche con un po' di soddisfazione. E appena la voce, con la sua freddezza, disse: «Ginnaste al posto», e annunciò il termine della gara, Jo corse in spogliatoio, si levò la medaglia di partecipazione dal collo e la lasciò cadere nella borsa.
Era sola. Sola come spesso accadeva nel quotidiano.
Tutte le altre ginnaste erano rimaste in campo gara per le ultime foto sul podio e per ricevere i complimenti delle persone che avevano assistito alla competizione di quella mattina.
Jo era una ragazza quattordicenne sensibile agli stati d'animo di coloro che la circondavano, a volte era un po' solitaria, testarda ma buona e molto affettuosa.
Era spesso impulsiva e ritardataria, aveva un carattere "leader", come diceva sempre sua madre nei pochi momenti in cui erano intime, e la cosa che detestava di più in assoluto erano i paragoni con le altre persone. Non riusciva proprio a sopportarli, anche se erano paragono positivi lei rimaneva delusa perché sperava sempre in una certa sensibilità da parte della gente; tuttavia, dopo un po', aveva imparato a conviverci.
A Jo piaceva pensare che ogni persona è unica ed esiste una sola volta e nessuno può avere un'anima gemella, identica. Aveva dei lunghi capelli castani che le cadevano decisamente mossi sulle spalle. I suoi occhi erano color nocciola e infondevano tranquillità. Il suo look rispecchiava spesso il suo stato d'animo.
A scuola era brava e per niente lecchina, tutti i giorni si impegnava a scrivere qualche riga sul suo diario personale: un pensiero, un accadimento importante o piccole cose che riteneva importanti da annotare e che non avrebbe mai voluto dimenticare. Alcuni giorni scriveva più di altri e spesso si divertiva a pensare che, con quel diario, lei non sarebbe mai morta: sarebbe sempre rimasta viva in pagine piene di polvere dimenticate in una qualche soffitta buia.
Cominciò a scrivere appena imparò a farlo.Aveva una bassa soglia del dolore, almeno secondo lei, e forse per questo aveva paura di esso.
Faceva ginnastica artistica da ormai undici anni; amava questo sport da sempre.
La passione le era stata trasmessa da suo nonno, ginnasta non di alto livello ma con la passione nel cuore.Questa disciplina era stata scelta per lei e non era stato amore a prima vista, tuttavia era tutto ciò che le restava di immutato della sua infanzia durata.
La ragazza si sedette per terra appoggiando la schiena al muro freddo e bianco e nascondendo la testa tra le ginocchia. Le braccia attorno alle gambe.
Cercò di ricordare la prima volta che salì su una trave, la sua prima volta in palestra, ma la verità era che non la ricordava affatto. Ricordava a malapena qualche momento.
I pensieri presero una piega diversa: pensò al giorno in cui imparò la rovesciata indietro e a quello in cui fece da sola il primo salto avanti, pensò a tutti gli istruttori che le avevano trasmesso qualcosa ma loro, si sa, sono persone che passano, un giorno ci sono e quello dopo non ci sono più. Poi ogni pensiero, ogni immagine che appariva più o meno nitida nella sua testa svanì e rimase sola con sé stessa rannicchiata in una stanza a fissare il pavimento, e sentiva che era freddo e bagnato, come se lei avesse pianto. Si portò le mani sotto gli occhi e si accorse che lucenti lacrime argentate erano realmente scese rigando le sue guance.
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Oltre il muro si vola
Short Story[STORIA BREVE] Jo è una ragazza estroversa e solare, appassionata di ginnastica artistica. Suo fratello maggiore Tim è la persona di cui si fida di più al mondo e lo ama come fosse il suo gemello. I due, vivono una vita normale fatta di situazioni...