Qualche ora più tardi Jo si trovava in macchina con la sua famiglia. Stavano tornando a casa dalla gara dopo essersi prima fermati a bere un succo in una caffetteria del posto.
<<Mamma? Perché mi chiamo con un nome da maschio?>>, chiese curiosa la giovane ginnasta, <<Me lo chiedo da un po’ ma no te l’ho mai domandato>>. Margherita, la madre di Jo era una di quelle persone che tendono a nascondere molte cose. Era piacevole avere a che fare con lei ma odiava parlare di sé stessa, a quanto pare, anche con i suoi figli. Era comunque una madre affettuosa e generosa e non faceva mancare mai niente a Tim e a Jo.
<<Il tuo nome non è propriamente maschile e ti abbiamo detto tante volte perché ti abbiamo chiamata così: tuo zio, il fratello di papà, si è trasferito in Australia ancora prima che tu nascessi. Più precisamente se n’è andato un anno dopo della nascita di Tim>>, spiegò la madre. <<Non lo vedo da allora e mi manca un sacco. Si chiamava Giovanni ma a tua madre, il nome Giovanna, non piaceva>>, disse l’uomo mentre guidava lanciando un’occhiata alla moglie.
Jo trovava assurdo mantenere viva la memoria di una persona cara dando il suo nome ad un figlio.
La sua famiglia arrivò a casa verso il tardo pomeriggio. Fra qualche attimo sarebbe stata ora di cena. Jo si fece la doccia, disse a sua madre che non voleva mangiare e che sarebbe andata direttamente a dormire. Dopo dieci o venti minuti passati a leggere un libro la ragazza si mise a dormire consapevole che il giorno successivo sarebbe stato lunedì. “C’è allenamento lunedì”, rifletté e subito dopo chiuse gli occhi e prese sonno. Avvertì, pochi minuti dopo, suo fratello entrare nella stanza. Lui le diede un bacio sulla fronte e sussurrò: <<Buona notte campionessa. Ti voglio bene>>. Lei sollevò le braccia e toccò il suo collo. Tim le prese dolcemente la mano e si stese sopra alle coperte, vicino alla sorella. Jo sentiva il suo odore e si rilassò. Lui le accarezzò la fronte e i capelli fino a quando non fu certo che, alzandosi, lei non si sarebbe svegliata. Tim era così: agli occhi degli altri risultava una persona aggressiva ma con Jo era tutto tranne quello.
La ragazza si svegliò presto e di buon umore. La prima cosa che vide fu il soffitto della sua stanza, bianco, così bianco che, se fosse rimasta a fissarlo, le sarebbe parso di esserci immersa. Jo decise che entro la fine dell’anno l’avrebbe fatto diventare di un altro colore. “Lo voglio dipingere. Magari di rosa o di azzurro”, pensò la ragazza distogliendo lo sguardo dalla parete sopra la sua testa. Si alzò dal letto, andò in bagno e cominciò a piastrarsi i capelli. A volte le piaceva cambiare capigliatura e soprattutto voleva riuscire a vedersi bella. Sentì suonare la sveglia di suo papà seguita da quella di suo fratello e successivamente da quella di sua mamma. Fecero colazione tutti insieme con un’espressione assonnata stampata sulla faccia. <<Che bene che stai con i capelli lisci tesoro>>, si complimentò la madre. La figlia la ringraziò poi con suo fratello uscì di casa per prendere l’autobus e andare a scuola.
Durante il tragitto i due parlarono di professori, interrogazioni, verifiche…: <<Mi aspetta una giornata tranquilla oggi>>, enunciò Jo. Poco dopo, Tim scese dall’autobus salutando la sorella con un bacio sulla guancia. Tra la scuola di Tim e quella di Jo c’erano, di distanza, cinque fermate dell’autobus.
<<È il tuo fidanzato?>>, chiese una voce maschile sconosciuta poco dopo che il bus ripartì.
<<Cosa?>>. Un ragazzo fisicamente poco più grande di lei la fissava tranquillo. La prima cosa che lei notò fu il berretto grigio scuro che indossava. Portava un giubbino nero che lasciava intravedere una felpa grigia con qualche scritta. Vestiva un paio di Jeans scuri. Aveva i capelli ricci e neri come l’ebano, gli occhi erano scuri. <<No, è mio fratello>>, Jo rispose alla domanda con un po’ di ritardo, depositando uno sguardo incuriosito sul ragazzo.
<<Scusa – disse lui – pensavo fosse il tuo fidanzato>>. Jo rimase stupita dell’essere così diretto di quel ragazzo.
<<Allora… ricominciamo: mi chiamo Tommaso. Ho sedici anni. È da un po' che cerco aprire una conversazione con te. Ti osservo da un po’ sai? E tu sei…?>>, Tommaso la fissò in attesa di una risposta. I suoi occhi erano grandi e calmi e aveva la testa leggermente inclinata. La sua espressione era pacata.
<<Io sono Jo>>, dichiarò lei senza staccare gli occhi dal ragazzo. Rimasero a guardarsi negli occhi per qualche secondo prima che Tommaso parlasse di nuovo.
<<Jo…mi piacciono le ragazze col nome da maschio>>, le fece l’occhiolino e scese dal mezzo. Jo rimase impalata qualche secondo, poi si accorse che la fermata dove era sceso Tommaso era la stessa sua. Si affrettò a scendere dall’autobus prima che questo ripartisse e si diresse verso la scuola che distava pochi minuti da lì. La direzione che aveva preso lei era la stessa che aveva inforcato il suo nuovo conoscente. Da quel momento vide Tommaso sull’autobus tutti i giorni, lui le disse che aveva cambiato linea dopo che quella che prendeva usualmente aveva chiuso.
Durante le lezioni Jo aveva la testa altrove, era assorta nei suoi pensieri come spesso le capitava ma era una cosa comune fra tutti i ragazzi della sua età. Alcune ore dopo Jo era di nuovo a casa e pranzava insieme alla sua famiglia al completo. I pasti erano sempre deliziosi, infatti la madre era molto brava in cucina e tutta la parentela lo riconosceva.
<<Ci porti tu in palestra, mamma?>>. La domanda di Tim risuonò dolce e tranquilla. Entrambi i fratelli si allenavano di lunedì per il resto gli allenamenti non combaciavano salvo qualche occasionale eccezione che capitava di rado. Margherita dichiarò che sarebbe stato il marito a portare in palestra i due giovani ginnasti. Per il resto del pranzo nessuno proferì parola. L’allenamento cominciò alle cinque di pomeriggio per poi finire alle otto di sera. Jo sapeva che l’allenamento avrebbe richiamato molto la gara essendo il primo dopo di essa. La sua squadra era composta da dieci ragazze dai nove ai sedici anni. La maggior parte di loro, al campionato, era arrivata sul podio. Jo considerava di essere stata la meno brava, quella che aveva lavorato peggio. Meditava però sul fatto che in allenamento si dava da fare mentre c’erano ragazze a cui veniva ogni movimento senza sforzo. Sapeva che nessuno le avrebbe mai detto che aveva lavorato peggio di tutte. Sara, la sua istruttrice, stimava il suo impegno come quello delle altre ragazze della squadra. Durante quell’allenamento Jo fu costretta a ripensare al campionato eppure cercò di non darci troppo valore. Non considerava la gara, pensava alla ginnastica artistica, a quanto la amava e a quanto questo amore potesse sostenere la sua passione. Arrivò alla conclusione che non avrebbe mai lasciato questa disciplina finché le fiamme ardenti dell’amore e della passione sarebbero rimaste accese per essa. Poi si concentrò sull’allenamento e trascorse tre ore di pura libertà.
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Oltre il muro si vola
Short Story[STORIA BREVE] Jo è una ragazza estroversa e solare, appassionata di ginnastica artistica. Suo fratello maggiore Tim è la persona di cui si fida di più al mondo e lo ama come fosse il suo gemello. I due, vivono una vita normale fatta di situazioni...