.Capitolo 2.

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Non so come, quale forza fisica e mentale mi avesse trascinato a farlo, ma ero riuscito ad andare dal barbiere a farmi sistemare i capelli, la barbetta e il pizzetto, che tanto mi dava orgoglio, dopo mesi di incuria. Non che non mi lavassi, assolutamente, ma perdere tempo dietro l'estetica della mia persona, era stata una cosa a me estranea per un pò.

Ritornai a casa più leggero, dopo la chiaccerata con Luis avevo capito che era davvero ora di passare oltre e cercare di rimettermi in carreggiata. Infatti preso da una ventata di serenità, forse dopo il pianto liberatorio che mi ero concesso, riuscii a dare una sistemata al mio appartamento, almeno generica.
Come mi diceva sempre Luis, piccoli passi, piccoli cambiamenti e piccole mete, quella è la vera strada per il ricovero da qualsiasi cosa. E già riuscire, con una depressione galoppante, una PTSD non del tutto curata e una dipendenza da alcol e farmaci non grave, a sistemarsi e rassettare almeno un po' la propria casa, era stata un'impresa.

Mi sdraiai sul divano soddisfatto, concedendomi un po' di riposo. La stanza era illuminata dal tramonto e dalla luce riflessa nelle bottiglie vuote di vetro colorato di birre e superalcilici, che stavano fuori dal terrazzo, pronte insieme ad altri rifiuti a finire nel bidone. Mi incantai davanti quei colori, di blu, verde e marrone che riempivano il soggiorno, osservando come in certi punti, riflettendo su altri oggetti di vetro, facessero nascere, scomponendo il raggio bianco, piccoli arcobaleni.

Se tale meraviglia nasce da ciò che è destinato ad essere spazzatura, magari neanche io ero così tanto da buttare...

Mi fulminò, dopo un po' di riflessioni e voli Pindarici che i pensieri solo capaci di fare, il fatto che stasera ci fosse l'open night della galleria dove mi ero fermato la sera prima. Ci era sempre piaciuta l'arte, Selene l'adorava. Era stata la sua terapia darsi al disegno e alla pittura, l'avevano aiutata a esprimere quegli orrori vissuti, che forse la voce non sarebbe stata capace di svelare.

Mi ricordo che lei non riusciva a comunivare con me, la lingua era stata un ostacolo, essendo lei serba, ma ancora di più le atrocità della guerra. L'avevo presa con me perché tutto ciò che era stato la sua vita, era andato distrutto...la sua casa, sua sorella, la sua famiglia... tutto. Non riusciva a parlarmi, vedevo nei suoi occhi azzurri chiari, come la neve, che mi era grata per averla salvata e averla protetta, e nei piccoli sorrisi che mi porgeva di tanto in tanto.

Quando cominciò a disegnare, cercando di esprimersi, iniziai a fare, come un averla (uccello) che corteggia la sua femmina, le portavo piccoli doni. La osservavo lavorare, disegnare, sporcarsi le mani di inchiostro e grafite, cercavo cosa potesse desiderare per poter dare ancora più sfogo alla sua anima ferita. Quasi tutti i giorni, arrivano dal lavoro un sacchettino di carta, legato da un piccolo fiocco. Lei mi osservava come una gatta, curiosa di cosa ci fosse. Andavo da lei sorridendo e le porgevo in pacchettino, che spesso conteneva una cosa per disegnare, una penna con un pennino strano, un colore di quelli preziosi, un pigmento dalle sfumature rare.

La vedevo irradiarsi di gioia per quel piccolo regalo, e dopo un po' iniziarono gli scambi...un bacio per il pacchettino di carta.

Con le lacrime agli occhi, osservai il piccolo sacchetto di carta rovinato, legato da un fiocco, che era sulla credenza, pieno di polvere. Non aveva fatto in tempo ad aprirlo quel nefasto giorno. Sospirai, cercando di distogliere i miei pensieri da quei dolorosi ricordi. Sentii la tentazione di aggrapparmi ad un'altra bottiglia, invece corsi in doccia a lavarmi. Finché l'acqua gelida non mi ebbe completamente raffreddato fino alle ossa, mi imposi di restare a lavarmi.

Avrei camminato, anche quella sera. Mi vestii in maniera semplice ma elegante per poter andare fuori. Una parte di me continuava a dirmi "ma che cazzo ci vai a fare lì??", ma non l'ascoltai.

Volevo uscire, stare in mezzo a gente nuova che non mi conoscesse e non mi investisse con pietà e commiserazione per la mia situazione o per il lutto, volevo vedere la galleria, avevo visto molte opere di mio gusto e sarei stato felice di fare due chiacchiere con l'artista; magari, vedere anche la zona, visto che sarebbe stato di lì a poco, mia intezione trasferirmi dalla parte opposta di Milano, come suggerito la Luis.

Dopo essermi cosparso di colonia e preparato, uscii e ripresi ancora a camminare. Era il crepuscolo, la luce calda e dorata del sole era un vago ricordo se non per qualche sfumatura persistente in cielo. Feci la stessa strada della notte prima, che mi risultò quasi estranea: il via vai di gente dettato dai ritmi della metropoli dava l'idea di caos e vita, i locali ancora aperti, il chisso della città.

Non resistetti ad accendere una sigaretta delle mie, nella strada verso la galleria. Dopo circa un'ora e mezza, sentivo le gambe cedermi, non abituate a tutto quel movimento, ma ebbi la fortuna di trovare un mercatino dei cinesi, dal quale acquistai un bastone: stiloso, nero di legno con il manico oro levigato, economico nella manifattura ma funzionale per potermi aiutare a camminare.

Arrivai intorno alle 20 alla galleria, e mi meravigliai: era molto più piccola di quello che mi ero immaginato, al suo interno c'erano molte sculture e tele che non avevo visto la sera prima, nascoste dal buio. Era uno due sale connesse, una ricca di vetrate per l'esposizione e una con una sola vetrata, che girava l'angolo. Mi avvicinai e vidi che c'era un po' di gente, alcuni ammassati al tavolo degli stuzzichini e altri quasi persi dalla bellezza delle opere esposte.

Passai con lo sguardo le varie facce, avvicinandomi alla galleria, non so se sperando o meno di trovare qualcuno di familiare, quando.... Luis?
<<buonasera, cosa ci fa qui dottore?>> chiesi, imbucandomi nel gruppo di conversazione che circondavano il mio amico. Lui si illuminò a vedermi, e mi abbraccio:<<non ci posso credere! Cosa ci fai tu qui??>> mi chiese, entusiasta che io fossi finalmente uscito di casa.

Gli raccontai le dinamiche con cui ero venuto a conoscenza del posto e lui mi presentò ad alcuni suoi amici, tra cui quelli che lo avevano invitato a quella serata....


Saudade: &quot;L'amore che resta&quot;Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora