La porta dell'aula di francese somigliava tanto all'inferno. Una volta varcata la soglia avrei perso ogni speranza, felicità e voglia di vivere, ma ero pronta ad affrontare satana in persona, sceso in terra per tormentare me e tanti altri studenti: la professoressa Anne Mitchell.
Inspirai profondamente, osservandola per un momento dal piccolo rettangolo in plexiglass, poi sollevai la mano e bussai.
Si girò con calcolata lentezza. La bocca stretta per l'irritazione verso chi aveva osato disturbare la sua lezione, e lo sguardo tagliente di un paio di occhi che, per il loro colore così chiaro, non avrebbero dovuto infondermi solo antipatia. «Avanti», disse con voce ferma.
«Scusi per il ritardo.»
Mi fulminò attraverso gli occhiali maculati, ma non disse una sola parola. Così, pensando di averla fatta franca, feci per avviarmi verso l'unico banco libero, quello in prima fila, che in altre circostanze non avrei scelto nemmeno sotto tortura.
«Signorina Reed, dove va così di fretta?» gracchiò la Mitchell, rivolgendomi uno dei suoi sorrisi rugosi e malvagi, mentre sventolava con grande cattiveria un foglietto giallo. Uno sgraditissimo biglietto d'ingresso per la detenzione.
E ti pareva, mi lamentai mentalmente abbassando sconfortata le spalle. Ogni passo verso la cattedra era un nervo che saltava, e lei lo sapeva, capiva quanto poco la sopportassi, e godeva nel vedermi ribollire di rabbia. Perché si vedeva, eccome se si vedeva.
Firmò quel pezzo di carta con enfasi, dopodiché lo passò a me. «Trovo che quaranta minuti in detenzione siano perfetti come scuse, non crede?»
«Certo», le rivolsi il sorriso più falso del mio repertorio. «Se lo dice lei deve essere proprio così.»
Mi avviai nervosa verso il mio banco, e mi guardai intorno alla ricerca dell'unica ancora di salvezza presente in quella classe, a scuola e nella mia vita: Jessica Mills.
«È una stronza!» mimò con le labbra, quando incrociai il suo sguardo.
Identificare Jessica solo come la mia migliore amica sarebbe alquanto riduttivo. Quella ragazza minuta, infastidita dalla Mitchell almeno quanto me solo per il modo in cui mi aveva parlato, rappresentava casa.
Mi strinsi nelle spalle, lasciandomi cadere sulla sedia prima che quell'arpia si accorgesse di noi, e rimpiansi amaramente di non essere rimasta a casa.
La speranza mi aveva lasciata seriamente, la gioia si era sdraiata in un angolo lontano della mia mente, coperta dalle tenebre del mio malessere.
Per tutta la lezione, difatti, il mio umore fu un'altalena di colori scuri, a riprova di quanto quel venerdì fosse partito col piede sbagliato. Provai a non pensare alla mia auto, che giusto quella mattina aveva deciso di abbandonarmi totalmente, allo scuola-bus perso, al tragitto casa-scuola non proprio piacevole, ma fu impossibile eliminare quelle immagini.
Certo, messa a confronto con quegli eventi, la Mitchell era un piccolo puntino nella mia tela delle sventure, ma c'era e ciò alimentava la mia collera.
Tra una domanda fatta per cogliermi impreparata – cosa che non riuscì a fare – e le sue occhiate di sufficienza, mi sembrò quasi di volare quando sentii il suono della campanella.
Scattai fuori da quell'aula con una velocità che persino Flash avrebbe invidiato, tallonata subito dopo da Jessica.
«La odio!» sbraitai. «Tu dimmi, si può odiare così profondamente una persona?» Scossi la testa. «Forse sono stata troppo clemente: non è una persona, è un mostro!»
Lei rise, fermandosi davanti ai nostri armadietti. «Ti sta uscendo il fumo dalle orecchie, Charlie.»
«Ma certo!» esclamai, infuriata. «L'hai mai vista punire uno dei suoi prediletti?» domandai, riferendomi agli alunni che frequentavano il corso pomeridiano di teatro, gestito proprio dalla Mitchell. «No, infatti, perché loro sono intoccabili!» mi risposi da sola, lasciando andare un sospiro di frustrazione.
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Under the same roof
Teen FictionCharlotte Reed, trasparente come l'acqua cristallina e drammatica come un'attrice di teatro, non è assolutamente pronta ai cambiamenti che le si paleseranno nel mezzo dei suoi diciassette anni. In particolar modo, non è preparata alla proposta di su...