Il Ginger era uno dei locali più rinomati situato nella zona del Piccadilly Circus.
Che fosse un giorno feriale o il week-end, o che fossero le 19 o le 2 del mattino, il Ginger era sempre gremito di gente.
Era un locale rustico dalle pareti in mattoncini, i tavolini in legno consumati dal continuo passaggio di gente e dall'atmosfera informale.
Era rinomato per i suoi drink e per le sue serate karaoke.
Quel posto mi ricordava gli anni dell'università, quando, dopo un turno pomeridiano di tirocinio in ospedale, ci fiondavamo al Ginger per lasciarci alle spalle una lunga giornata o quando, dopo un esame, ci ritrovavamo tutti qui per brindare ad un altro esame superato.
Varcai la soglia del locale titubante, il mio cuore era in subbuglio, sembrava un motore scoppiettante pronto a saettare nel mio petto.
L'aria di menta e fragola che impregnava le pareti del Ginger mi penetrò prepotentemente le narici e non potei far a meno di sorridere nel constatare che lì dentro assolutamente nulla era cambiato.
I tavolini erano già stati tutti occupati da gruppi di ragazzi che a ogni brindisi alzavano i loro calici di birra, riversando metà del contenuto a terra, mentre il piccolo palco a ridosso della parete ovest del locale era stato allestito con una serie di strumenti musicali, segno che il venerdì sera era rimasta la serata dedicata alla musica dal vivo.
Mi avvicinai al bancone in legno e mi sedetti su uno sgabello per poter osservare meglio le persone presenti in sala.
Era davvero impossibile riuscire a individuare Ellioth o qualcuno dei nostri amici, era venerdì sera e quel posto era un via vai continuo di gente.
"Cosa ti porto?" la voce del barista interruppe la mia mission impossible.
Mi voltai nella sua direzione e mi ritrovai a fronteggiare due grandi occhi scuri che mi squadravano con attenzione.
Si appoggiò con i gomiti sul bancone, avvicinandosi maggiormente al mio volto, e sfoderò un sorriso da playboy.
"Un Cosmopolitan, grazie" risposi, e mi affrettai a voltarmi per proseguire la mia perquisizione.
"Sei nuova? Non ti ho mai vista da queste parti" proseguì il barista, destreggiandosi con disinvoltura dietro al bancone, mentre preparava il mio drink senza alcuna difficoltà.
"In realtà no" ammisi, voltandomi nuovamente nella sua direzione "Per anni sono stata una cliente abituale, adesso è da qualche mese che non venivo qui, quindi, in realtà, quello nuovo sei tu" spiegai, guardandolo scettica.
Il suo sorriso si ampliò ulteriormente e, senza distogliere mai lo sguardo dal mio volto, riversò il prodotto che aveva shackerato nel muddler in acciaio nel bicchiere in vetro a forma di calice.
"Touchè" acconsentì, aggiustandosi una ciocca scura di capelli che gli era ricaduta sulla fronte.
Allungai la mano per afferrare il mio drink, ma lui prontamente lo allontanò da me divertito.
"Ti darò il tuo drink solamente se prima mi dici come ti chiami, ragazza Cosmopolitan" assottigliò lo sguardo sornione e noi potei far a meno di alzare gli occhi al cielo.
"E' un ricatto?" sbuffai, tamburellando le dita contro la superficie in legno del bancone.
"Si dice che in guerra e amore tutto è lecito" spiegò allegro e mi soffermai a guardarlo, mentre cercavo una scusa per svignarmela.
"Quindi posso considerarti un mio nemico?" continuai, alzando un sopracciglio.
"Puoi considerarmi il tuo nuovo fidanzato, se preferisci" ammiccò malizioso e mi ritrovai a sbattere più volte le palpebre, perplessa "Allora, me lo dici come ti chiami?"
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Countdown || Noah Centineo
Fiksi PenggemarÈ la vigilia di Capodanno e Alice non la passerà, come da tradizione, nella sua Inghilterra, ma in America, dove l'autista si trova a destra, e non a sinistra, si guida dalla parte sbagliata della strada e le temperature sono talmente basse da far i...