Capitolo 3

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Quando Colin Marshall era arrivato a Moonlight da New York aveva pensato di essere finito in uno di quei programmi in cui gente ignara e poco predisposta è vittima di scherzi di pessimo gusto. Lui, un newyorkese da cima a fondo, finito in un merdoso sobborgo di una cittadina altrettanto merdosa grande quanto il più piccolo quartiere della Grande Mela. Non riusciva ad accettarlo, nonostante gli sforzi del padre che ben poco aveva a che fare con quel figlio cresciuto senza di lui.

La madre di Colin era una stronza colossale, così l'aveva sempre definita Paul Marshall, senza provare nemmeno a lasciare il figlio lontano dai problemi di coppia. Il ragazzo, comunque, era abituato all'odio che provavano i genitori l'uno per l'altra, e non ci aveva mai fatto troppo caso, nemmeno da bambino. Il padre lo conosceva appena, per colpa di una madre troppo presa dalla sua vita. Martha ci aveva provato, comunque. Aveva provato a trasferirsi a Moonlight, a costruire una famiglia con Paul, a dare a Colin quello che meritava. E per un po' aveva anche retto. Per otto mesi, più o meno, fino al sesto mese di gravidanza, quando era scappata da Moonlight e da Paul per rifugiarsi dai genitori, a New York. Voleva far crescere il bambino a loro, sicuramente più adatti, mentre lei buttava la vita dietro a tutti gli spacciatori di Brooklyn.

Colin aveva sempre saputo che perdendo i nonni, avrebbe perso ogni possibilità di vivere a New York, nella sua città. E così fu. Il padre di Martha era morto anni prima, Colin lo ricordava appena. Un omone burbero e con le mani piene di calli, col viso stanco e l'espressione triste, tipica di un padre che vedeva la figlia rovinarsi giorno dopo giorno e che non poteva fare nulla. La moglie, invece, era l'opposto. Una graziosa signora minuta, con i capelli sempre in ordine, un leggero filo di trucco sul volto e un sorriso caldo, pronto a tranquillizzare chiunque. Colin era stato cresciuto bene, nonostante le difficoltà. Era un ragazzo a modo, silenzioso, ponderato. Sapeva quando parlare, era intelligente, aveva ottimi voti a scuola. La morte della nonna lo aveva cambiato, inevitabilmente. Quando l'aveva trovata, stesa in quel letto che l'aveva accolta per anni, aveva notato il solito sorriso sul volto. Un sorriso che celava le stesse preoccupazioni del marito; preoccupazioni che, per nessun motivo al mondo, avrebbero mai dovuto influenzare il nipote.

Quella stessa mattina erano piombati in casa i servizi sociali. Lui era ancora minorenne e la madre era, per l'ennesima volta, sparita da settimane. Era inizio giugno, la scuola ormai finita. Rebecca Brown, l'assistente sociale che, anni prima, si era battuta perché il ragazzo rimanesse con i nonni, lo aveva aiutato a racimolare i pochi vestiti che aveva. Non doveva prendere altro, a Moonlight non avrebbe avuto bisogno di nulla. Aveva portato con sé soltanto una vecchia foto: lui, un paio d'anni appena, in braccio a quelli che da sempre aveva considerato i genitori. Dietro di loro un piccolo albero di Natale illuminato. Un sorriso tirato anche sul volto del nonno.

Paul Marshall era impaurito, nervoso. Non aveva idea di come parlare al figlio. Viveva col peso di averlo abbandonato, nonostante fosse fermamente convinto della sua decisione. Non avrebbe potuto dare nulla a quel bambino. Non aveva mai avuto nulla. Cresciuto in periferia, non aveva nemmeno finito la scuola. Si era innamorato di Martha velocemente, un'estate di diciotto anni prima. L'aveva vista, così diversa dalle ragazze di Moonlight. Lei sembrava ricambiare. Un'estate passata a divertirsi tra feste, alcol, droghe e tanto sesso. Un'estate finita con la scoperta di aspettare un bambino. Ci avevano provato, entrambi, ma presto l'amore si era trasformato in risentimento, i due avevano iniziato a odiarsi e Martha aveva prenotato un volo di sola andata per New York. Paul non l'aveva fermata, conscio che sarebbe stato un padre migliore da lontano. Colin, comunque, non glielo aveva rinfacciato mai. Lui stava davvero bene con i nonni.

«Colin, hai visite!» La voce roca del padre lo svegliò fastidiosamente. La nottata precedente era stata devastante, da tutti i punti di vista. Era rincasato con l'alba che lo salutava, ubriaco e con le tempie doloranti. Si era spogliato per colpa del caldo, buttandosi sul letto disfatto da giorni dopo aver preso un'aspirina. Aveva deciso di andare a quella festa, dopo settimane passate in casa a rimuginare su se stesso, certo che si sarebbe annoiato. Non immaginava certamente che le feste di Moonlight fossero così piene di persone. Non che si fosse divertito ma, in fondo, Colin Marshall non si divertiva mai, poco cambiava se fosse a New York o nella merdosa cittadina del padre. Era rimasto, comunque, assai stupito. Pensava di trovare ragazzini provinciali e invece Moonlight nascondeva un mondo diviso in due: i ricchi figli di papà, con più puzza sotto il naso dei newyorkesi, e i ragazzi di The Shadow. Lui, ora, era un ragazzo di The Shadow.

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