6. Alla faccia del non lasciare tracce|

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Londra - 4:00 del mattino

Quali sono le cose davvero importanti nella vita? Aria, acqua, amore.
E, allora, perché per me diventano polvere da sparo, sangue e odio? Tenendo presente la teoria della relatività, tutto è contrassegnato da una y. Quindi tutto è in funzione di qualcosa, così come tutti cerchiamo di essere l'elemento x della nostra vita.

Se respiro la polvere da sparo è perché, quando l'agonia cessa, sono dipendente da quei proiettili. Chi è stato colpito? Me? Te? Forse entrambi. Quando ti accorgi di poter ancora respirare quella polvere esplosiva vuol dire che sei ancora vivo.

Se tra le venature del palmo si fa strada un rivolo del mio sangue, significa che sono umana.

Se provo odio verso qualcuno me ne compiaccio, perché è quasi l'unico sentimento che riesco a esprimere.

Nei limiti della decenza, potrei dire che la mia vita è interessante ma vuota, tanto da poterla contenere in uno zaino. Come quelle rose cerulee, delicate e affascinanti, finché non appassiscono, deboli, contro la dolorosa realtà dell'esistenza. Proprio ora, infatti, sto gettando stancamente il minimo indispensabile in una sacca da viaggio, con occhi vacui e la monotonia di un robot. Mi sto inconsapevolmente alienando, mentre penso a dove nascondermi questa volta.

Nascondersi è l'equivalente di sopravvivere, respirare in una busta di plastica con la speranza di non esaurire il tanto auspicato ossigeno.
Ma la verità è che siamo noi stessi a consumarci, ad appassire, a smettere di pompare aria nei nostri polmoni. Il mondo è solamente una vile presenza che ci abbraccia in una corona di spine.

Dopotutto a quest'ora il detective avrà incontrato qualcuno e forse starà tornando qui con un corpo di polizia armato, dunque è arrivato il momento di sparire. Di nuovo.
Senza contare che a breve Victor verrà a conoscenza del mio recente ostaggio, la mia vita mi farà 'ciao' con la manina e non resterà più nulla di me. Nulla, a parte le morti che ho seminato nel mondo. Nulla, a parte il dolore che ho provocato nelle persone.
In pratica rimarrà tutto, perché questo è ciò che sono: un vomitevole essere che si nutre di morte e dolore. Me ne farò una ragione.

Con lentezza disarmante poggio gli occhiali da sole in prossimità della punta del naso, sulla quale sono cosparse tante piccole lentiggini color caramello. Mentre passo la lingua sulle labbra secche, quasi a volerle risparmiare dall'agonia della siccità, stringo un cappello nero nel palmo delle mani e lo lascio cadere a terra quando l'orologio da polso inizia a vibrare in sintonia col mio forte battito cardiaco.

"Ce ne hai messo di tempo, Victor.", rispondo sedendomi sul letto a gambe accavallate. La pelle del polpaccio che preme sulla coscia opposta, un timido contatto segnato da involontari e fastidiosi brividi.

"Non servono spiegazioni, immagino. Ti aspetto al bunker in Colorado, dobbiamo farci una chiacchierata.", chiude la chiamata lasciandomi tremante e consapevole di non poter scappare al mio destino.
Nell'oscurità della notte abbandono la mia ultima casa, provo a sorriderle come per consolarla prima di lasciarla sola... e ora è ufficiale: sto impazzendo.

All'imboccatura del parcheggio abbandonato, però, alzo lo sguardo verso le stelle e sussurro un addio soffocato. Voi potete sentirmi? Potete vedermi? Perché in tal caso, cari astri celesti, sarete gli unici a vedere il mio volto solcato da mille stelle cadenti.

 Voi potete sentirmi? Potete vedermi? Perché in tal caso, cari astri celesti, sarete gli unici a vedere il mio volto solcato da mille stelle cadenti

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