SGUARDI

67 7 7
                                    



La luce che filtrava dalla serranda lasciata semi alzata gli arrivò direttamente negli occhi. Sasha si maledisse per non averla chiusa del tutto, ma era arrivato a casa alle 6.30 dopo l'ennesimo turno di notte in fabbrica, si era tolto i jeans e sfilato la maglietta, lasciandoli abbandonati per terra e si era buttato sul letto addormentandosi di colpo. Sotto certi punti di vista amava il turno di notte: nessuna telefonata, nessuno che ti stava col fiato sul collo e soprattutto nessuno che avesse tanta voglia di parlare. E poi gli piaceva godersi la sua Torino ancora addormentata. Già la sua Torino, perché nonostante il suo nome facesse pensare il contrario, lui era nato a Torino. I suoi genitori si erano trasferiti dalla Romania appena sposati in cerca di fortuna e quella fortuna che stavano cercando li aveva portati all'ombra della Mole. Suo padre aveva iniziato a lavorare in FIAT , mentre sua madre, con una laurea in lettere aveva vinto una cattedra in una delle scuole medie della città e tutt'ora insegnava lì. Grazie a suo padre era riuscito ad entrare in FIAT anche lui, ma non voleva essere un semplice operaio. Era un ragazzo ambizioso ed era intenzionato a fare carriera, voleva diventare un dirigente. Per quel motivo, dopo aver conseguito il diploma da perito meccanico si era iscritto al Politecnico ed era ad un passo dalla laurea in ingegneria meccanica. Aveva 28 anni ed era indietro con gli studi, ma era difficile essere in pari se dovevi lavorare e volevi avere anche un minimo di vita sociale. I suoi genitori non perdevano occasione per fargli pesare questa cosa, ritenendolo un irresponsabile ed un perdigiorno. Dopo l'ennesima discussione aveva detto loro che per dimostrargli che non era quel figlio degenere che pensavano, sarebbe andato a vivere da solo, si sarebbe mantenuto da solo e si sarebbe laureato da lì ad un anno. I suoi avevano accettato con molto scetticismo la sua decisione "Vedrai che fra un anno sarai di nuovo in questa casa" gli aveva risposto suo padre. Ma lui era un tipo orgoglioso "Ti sbagli papà" gli aveva risposto "Ne riparleremo fra un anno" lo aveva liquidato suo padre. Aveva trovato un bilocale in affitto abbastanza lontano dai suoi per non cedere alla tentazione di correre da loro alla minima difficoltà. Era ormai un uomo. Doveva e voleva cavarsela da solo.
Ormai sono sveglio. Tanto vale che mi alzi e mi metta a studiare un po' Si stiracchiò e si mise seduto sul letto. Si sfregò la faccia. La corta barba gli fece il solletico sui palmi delle mani. Dovrei rasarmi. Forse un altro giorno. Si avvicinò alla finestra e sollevò del tutto la tapparella. La luce del sole lo investì in pieno. Chiuse gli occhi accecato da quella luce. Quando finalmente si fu abituato scostò la tenda e guardò fuori. La sua attenzione fu attirata dal balcone dirimpetto al suo. Era aperto. Da quando abitava lì l'aveva sempre visto chiuso. Aveva chiesto alla sua vicina di pianerottolo, una arzilla nonnina 90enne e gli aveva confermato che da un anno a quella parte l'appartamento era vuoto, da quando la signora anziana che ci abitava era mancata. Chissà chi ci abita adesso. Si infilò un paio di pantaloncini ed una maglietta, prese il pacchetto delle sigarette ed uscì sul balcone. Accese una sigaretta e cercando di non farsi notare, provò a sbirciare all'interno dell'appartamento. Purtroppo una tenda gli ostruiva la visuale. Terminò la sigaretta e rientrò in casa. Accese lo stereo e le note di un raggaeton invasero la stanza. Amava quella musica, così alzò il volume come suo solito, tanto la vicina era sorda come una campana e non si sarebbe lamentata. Andò in bagno, si tolse i vestiti e si infilò sotto la doccia. Quando ebbe finito si avvolse un asciugamano in vita e andò in cucina per prepararsi un caffè. Prese la tazzina del caffè ancora fumante e tornò in camera da letto per vestirsi. Come spinto da un sesto senso guardò fuori dalla finestra e vide chi abitava nell'appartamento di fronte. Era una ragazza. Incuriosito si vestì in fretta, buttò giù il caffè e uscì nuovamente sul balcone con la scusa della sigaretta. La ragazza stava parlando al telefono e da come gesticolava non sembrava fosse una telefonata di piacere. La osservò: aveva dei lunghi capelli corvini che le arrivavano a metà schiena, i lineamenti del viso contratti e lo sguardo corrucciato. Indossava un paio di pantaloni sportivi ed una maglietta che le metteva in risalto le forme. Però, mica male. Spense la sigaretta nel posacenere che stazionava perennemente in un angolo e rientrò in casa.
Di nuovo questa cavolo di musica latino-americana! Che palle! Ilaria stava cercando di concentrarsi sul libro che stava leggendo. Si era trasferita in quell'appartamento da meno di due settimane e già non ne poteva più di quella musica. Aveva scoperto che proveniva dall'appartamento di fronte al suo. I due palazzi infatti distavano pochi metri uno dall'altro, divisi solo dai due giardini di pertinenza. Se scopro chi è gliene dico quattro! Afferrò il telefono e chiamò la sua migliore amica "Non la sopporto! Vorrei proprio sapere chi è!" mentre si sfogava uscì sul balcone, iniziando a passeggiare nervosamente "Bhe magari è qualche ballerino cubano che si sta esercitando...." le rispose Micaela marcando con la voce la parola cubano "Seh hai visto troppi film. Come minimo saranno una coppia di mezza età che frequenta il Cabeza o il Sabor Latino o qualche altro postaccio del genere" Mentre si stava sfogando con la sua amica con la coda dell'occhio si accorse che sul balcone dell'appartamento da cui proveniva quella musica c'era qualcuno, ma nel momento in cui si fermò per guardare meglio vide solo un ragazzo di spalle che stava rientrando. "Mmm sai che forse hai ragione? Ho visto rientrare un ragazzo. Ma non aveva né l'aria da ballerino nè tantomeno mi sembrava cubano" disse "Io ho sempre ragione. E com'è? Carino?" le chiese l'amica "E che ne so! L'ho visto di spalle e di sfuggita." rispose Ilaria "Peccato. Magari è la volta buona. " la incalzò Micaela "Meglio da sola che con qualcuno a cui piace il latino americano." Rispose di getto Ilaria "Mai dire mai, tesoro. Ci sentiamo" la salutò l'amica. Rientrò in casa e si lasciò sprofondare sul divano. Riprese in mano il libro, ma le parole della sua amica continuavano a ronzarle nella testa. La volta buona, come se fosse necessario avere per forza qualcuno accanto per essere felici o per fare del sesso. Le piaceva essere una donna indipendente. Aveva 26 anni e tutta una vita davanti per mettere la testa a posto. Si era trasferita nell'appartamento di sua nonna, mancata l'anno prima. Figlia unica come lo era anche suo padre, la casa della nonna era andata automaticamente in eredità a suo padre. Così lo aveva convinto a lasciarla andare a vivere lì, con la promessa che avrebbe lasciato tutto com'era, salvo qualche piccolo tocco di modernità come una linea internet o un divano nuovo in tessuto e una marea di cuscini sparsi ovunque. Pensava che quello fosse l'ultimo passo verso la sua totale indipendenza. Se quella economica l'aveva raggiunta lavorando come segretaria in uno studio legale, dove guadagnava abbastanza per potersi permettere di condurre una vita abbastanza tranquilla, era ancora intrappolata in quella degli affetti. Lasciando casa aveva definitivamente tagliato il cordone ombelicale che la legava ai suoi.
Però adesso era curiosa di vedere in faccia quel ragazzo. Le era sembrato più o meno della sua età e le sembrava così strano che fosse appassionato di quella musica. Lei da quel punto di vista era un caso patologico, ascoltava quasi tutti i generi di musica e preferiva di gran lunga il rock, ma non disdegnava artisti come Ghali o Achille Lauro. Ma il raggaeton proprio non lo digeriva. Si preparò una tisana e uscì nuovamente sul balcone con la tazza in mano. Eccolo lì. Caspita! Rimase piacevolmente sorpresa dal ragazzo che si trovava dall'altro lato. Alto, capelli corti neri ed un accenno di barba che gli dava quell'aria tenebrosa. Aveva un paio di pantaloncini neri e una canotta dello stesso colore. Spalle muscolose, vita stretta e una serie di tatuaggi su tutto il braccio sinistro. Stava fumando una sigaretta e aveva lo sguardo basso, come se fosse immerso nei suoi pensieri. Bhe carino è carino, ha un non so che di quell'attore australiano, come si chiama? Ah si Chris Hemsworth. Praticamente Thor con i capelli corti. Si portò la tazza alla bocca e proprio in quel momento il ragazzo sollevò lo sguardo verso di lei. Aveva due occhi scuri che la trapassarono.
Sasha sollevò lo sguardo e vide che la ragazza lo stava fissando, mentre si stava portando la tazza che teneva in mano alla bocca. Istintivamente avrebbe voluto distogliere lo sguardo, invece inchiodò i suoi occhi in quelli della ragazza, in una sorta di gara su chi gli abbassasse per primo. La mora non sembrava per nulla intimidita, anzi continuava a fissarlo senza accennare alcun cedimento. Aspirò un'altra boccata percorrendo con gli occhi il corpo della ragazza. Era un bel vedere. Nella sua testa prese forma un'immagine di lei che gemeva sotto di lui. Era passato troppo tempo dalla sua ultima volta e quella ragazza stava risvegliando i suoi istinti più primitivi. Chissà se anche lei.... Lo stava fissando in maniera così spudorata che per un attimo pensò avessero avuto lo stesso pensiero. Ma figuriamoci. Ha l'aria di una che potrebbe averne quanti ne vuole e sicuramente molto più belli e interessanti di me. Non si riteneva brutto, anzi era cosciente dell'ascendente che aveva sulle ragazze della sua età, ma sentiva che quella ragazza era diversa da quelle che si era portato a letto fino adesso. Fece un sospiro, spense la sigaretta e rientrò in casa senza voltarsi.
Cristo Santo! Mi ha spogliata con gli occhi! Ilaria si sentiva in un certo qual modo violentata da quello sguardo così penetrante. Quegli occhi scuri le avevano polverizzato i vestiti e annebbiato la mente. Aveva fatto ricorso a tutto il suo autocontrollo per non scappare in casa e alla fine il bel tenebroso aveva ceduto. Mentre lo osservava rientrare in casa, Ilaria notò il suo sedere fasciato da quei pantaloncini neri. Deve essere di marmo. Chissà come sarà il resto. Immaginò le sue mani strette su quei glutei mentre lo spingeva dentro di lei, incitandolo ad andare sempre più a fondo. Ma cosa mi passa per la testa? L'ho visto da neanche 10 minuti e già mi immagino di farci sesso. Scacciò quel pensiero dalla mente e contenta di aver vinto quel primo round rientrò in casa.

Sguardi - One shotDove le storie prendono vita. Scoprilo ora