25. UN AMICO È COSÌ

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Toni.

<Bella questa!>rido e mi porto il secondo, forse terzo, bicchiere alle labbra. Ok, non ho l'età per bere, lo so, ma siamo ad una festa, cosa volete?

<Toni! Muoviti, vieni!>

Ma che cazzo. Cosa c'è ora?
Mi giro.

<Cosa cazzo vuoi, SweetPea?> bevo un'altro sorso. Ho la mente annebbiata.

Cosa diavolo sto bevendo?

Io vorrei solo divertirmi. Vorrei solo passare una giornata normale, senza problemi. Chiedo troppo?

<Jughead> risponde secco.

Si, chiedo troppo.

<Santo cielo, cosa diamine ha fatto ora?>

Mi alzo dal confortante divanetto di casa Blossom. Non aspetto nemmeno una risposta dal ragazzo: quando pronuncia il suo nome so già che è successo qualcosa che dovrò sistemare.

Sbuffo e seguo SweetPea che si è già incamminato.

Mi scontro con qualcuno:
<Stai attenta, biondina!>

Ma la gente non guarda dove mette i piedi?

<Ehm, scusami...> ha la voce rotta.

<Succede qualcosa?> chiede una ragazza corvina che mette una mano sulla spalla della, credo, sua amica.

Le guardo, guardo Sweet Pea, più avanti a me per segnarmi la strada per Jug, e poi riposo lo sguardo su di loro.

Al diavolo, devo andare dal mio ragazzo.

Faccio cenno di no ed io e il mio amico ricominciamo a correre per le stanza affollate di questa maledetta casa.

Entro in una stanza totalmente rossa come, del resto, tutta le altre.

Vedo Jug che guarda la porta, da cui sono entrata, con occhi assenti, ma pieni di rabbia.

<Cosa. Cazzo. Hai. Fatto. Jones!> urlo quando lo vedo, facendo apposta a marcare il mio tono incazzato.

Mi blocco quando il mio sguardo si posa sulle sue mani con le nocche ferite.

Porca puttana.

Cerco la vittima ai suoi piedi, ma non c'è nessuno. Alzo lo sguardo e la ricerca è completata: è il rosso accanto a lui. Anche il ragazzo ha gli occhi smarriti, ma al posto della rabbia vedo dolore, credo. Ha già un livido sotto l'occhio, il naso rotto, credo e un labbro spaccato.

Non credo che mi abbia sentito.

<Cosa cazzo hai fatto Jughead!> solo ora si rende conto della mia presenza.
Sobbalza poi mi guarda negli occhi. Si guarda le mani e fulmina con lo sguardo il rosso.

Porca troia, è proprio messo male.
Mi avvicino al mio amico.

<Jug, cosa hai fatto?>
Il mio tono, ora, è più basso e sono più calma. È più un tono da mamma chioccia. Non voglio farlo arrabbiare ancora di più.

Mi guarda e, per poco, non abbasso lo sguardo. Mi fa da parte e se ne esce dalla stanza.

Lo seguo, ma prima lancio un'occhiata alla sua vittima.

<Jug! Jughead! Jones!>

Siamo fuori, ormai.

<Porca puttana, porca puttana, porca puttana, porca...> continua a riperlo senza sosta. Ha le mani nei capelli e ho seriamente paura che possa strapparseli.

Distant - Bughead Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora