41. Resterai?

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Hans tornò così verde in volto che inconsapevolmente i ragazzi fecero un passo indietro invece che venirgli incontro per accoglierlo.

Si era svegliato anche Tomas, nel frattempo. Se ne stava rannicchiato a terra, con un sigaro spento in bocca, a contemplare l'alba all'orizzonte.

La luce cominciava a schiarirsi e il cielo, prima così scuro, si riempiva di mille sfumature rosate. Le cime delle montagne risplendevano bianche, mentre lentamente le stelle sbiadivano e la luna lasciava il posto alla luce prepotente del sole.

«Che ti ha detto?» lo aggredì Shani involontariamente.

«Niente di buono» bofonchiò il ragazzo. Tese poi la mano tremante verso Ulrik, porgendogli il fazzoletto che teneva avvolta la siringa.

Ulrik scosse con veemenza la testa.

«Fallo tu» ordinò.

Hans rimase impassibile, con il braccio teso e lo sguardo perentorio.

«No, io no. Ti prenderai tu questa responsabilità. Sei o non sei il nostro capitano?»

Ulrik impallidì. Non l'aveva mai trattato così. Era stato deriso da Tomas, insultato da Kuran, aveva discusso innumerevoli volte con Shani, ma Hans, lui era l'unico che era sempre rimasto dalla sua parte.

«Non posso...» Posò la mano sul petto. Silenzio. Quando si accorse di quel riflesso un moto di rabbia lo assalì. Hans non sembrava disposto ad accettare un no come risposta, infatti non aveva cambiato posizione.

«Sì che puoi.»

«Non sono capace, non mi compete. Hai più esperienza, l'Anziano ti ha spiegato come fare...Io...» La sua voce era incerta, ora anche Shani, Kuran e Tomas lo guardavano dubbiosi.

«Sei l'unico che si può assumere questa responsabilità.»

Ulrik indietreggiò un altro passo, come se fosse appena stato pugnalato al ventre.

Cercò lo sguardo di Shani, disperato. Lei poteva capirlo, no? Lei lo sapeva. Ma non trovò compassione, solo un mal celato stupore di fronte alla sua inaspettata reazione.

«Puoi farlo tu?» chiese retoricamente alla guerriera.

Shani stava per accettare ma Hans la bloccò.

«No, lei no. Tu sei il comandante!»

«Io non ho colpe di quello che è successo!» si difese Ulrik. E immediatamente sentì che stava mentendo, era l'esatto contrario. Lui era l'unico ad avere colpe.

Gli abitanti del villaggio, che si stavano svegliando, assistettero di nascosto all'ennesima litigata dei nuovi arrivati.

«Non mi importa. Tu sei il comandante, tu ti assumerai le responsabilità. Gli oneri e gli onori, si dice. Non basta essere grandi e grossi per dare ordini, nemmeno avere una mira impeccabile. A volte bisogna anche saper fare delle scelte difficili. Non puoi delegare ad altri. È un tuo compito, un tuo dovere. Tu ti sei assunto il carico dell'Umana, tu l'hai portata in missione nonostante avesse solo sedici anni e non avesse superato nessun test, tu te ne sei assunto il fardello, davanti al viceministro e prima ancora davanti agli Anziani. Non io, non Shani, tu!»

«Non avevo scelta, non volevo...» farfugliò Ulrik. All'improvviso sembrava così giovane. Era solo un ragazzo, come loro, con qualche anno di più nelle ossa.

«Nemmeno adesso ce l'hai» ribatté il vice-comandante inflessibile.

Ulrik si passò una mano tra i capelli. Stavano crescendo rapidamente da quando se li era rasati, prima della partenza. Ora erano così lunghi da rimanere spettinati al passaggio delle sue dita.

UMANA ∽ Ritorno sulla TerraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora