capitolo I

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Morire vergine.

Mi sono sempre chiesta se questa sarebbe stata la mia fine.
Non attribuisco tanta importanza a ciò che ruota attorno al tabù della sessualità e tutto ciò che ne deriva ma probabilmente ho paura di non essere abbastanza e non riuscire a fare ciò di cui tutti non parlano ma fanno.

Kurt Cobain diceva che nessuno muore vergini e la vita prima o poi ci fotte tutti. Sinceramente sono d'accordo ma preferirei essere fottuta anche da qualcuno altro piuttosto che sempre dalla mia noiosa vita.

Mi sono sempre chiesta dov'era la parte sbagliata in me. Sicuramente non ero una modella di Victoria Secret, ma non ero nemmeno un mostro. Avevo tutte le cose al loro posto. I miei capelli scuri erano attaccati alla mia testa, avevo due occhi marroni, un naso, una bocca e così via.

"Pensi ci sia qualcosa di strano in me?" Chiesi a Haru alla mia destra mentre eravamo stese sulla sabbia fredda godendoci il crepuscolo serale.

Lei rispose con gli occhi chiusi "Mhh sai, a volte sei troppo scontrosa con la gente, potresti rispondere educatamente al posto di controbattere sempre"

"Ma che cazzi dici?"

Haru si alzò sugli avambracci e si mise a ridere.

"Ecco, questo è proprio quello che non devi fare"

Sospirai.

"Secondo te invece, c'è qualcosa di sbagliato in me?"

La sua voce si assottigliò sempre di più mentre lo chiese. Io e Haru siamo amiche dalle superiori ma non mi aveva mai posto questa domanda. Penso di aver toccato un tasto dolente per lei.

"Mh, non saprei, per me sei sempre stata perfetta così"

Mi guardò sorridendo, dopo si rilanciò sulla sabbia cospargendo i capelli biondi di granelli. Non riuscivo a distinguere bene la folta chioma dai cristalli, avevano quasi lo stesso colore.

"Perché non ti fai una bella tinta?" Le chiesi

"Ho paura che si rovinino i capelli. Perché non te la fai tu invece? Magari verde fluo, ti starebbe bene secondo me"

" Mh, non so. E se poi mi stanco e non mi piace più? "

"Cambi"

"Dici?"

"Alla maggior parte del mondo non importa se tu, Mia Deverson, cambi colore di capelli"

"Ti ho detto di non usare più quel nome "
"Perché, era così carino!?”

“Sam Shepherd"

“Samantha “

“Sam “replicai.

Le scappò un ghigno. Le piaceva prendermi in giro.

“rossi”

“cosa rossi?” domandai.

“Se tu fai i capelli verdi, io li faccio rossi”

“Com’è che si dice, rossa di capelli…”

“Sam! Sei una cretina “replicò. Mi lanciò della sabbia in faccia come protesta per quello che avevo detto, o meglio, stavo per dire.

Mi finì tutta sulla bocca appiccicandosi con la saliva alle labbra. Ew, schifoso.
Con il dorso della mano cercai di pulirmi, mentre lei rideva.

“Potevi uccidermi, non sai che la sabbia blocca le vie respiratorie?” dissi sputando saliva condita da sabbia.

“Torniamo dentro così ti sciacqui"

Mi diede una mano ad alzarmi e rientrammo. Percorremmo un piccolo sentiero battuto per arrivare a ciò che era la nostra piccola e accogliente casetta sul mare.

“Dove siete state? “domandò Ted.

“A mangiare della sabbia" risposi tirando fuori la lingua e mostrandoli la saliva presente nella bocca.

La sua faccia si disgustò e partì un lieve “che schifo “.

“Colpa di Haru?” chiese.

“Sta’ zitto!” rispose la diretta interessata.

Mi scappò una risata e andai in bagno a riempirmi la bocca di acqua.
In bagno decisi che sarebbe stato meglio farmi una doccia.

Andai in quella che al momento era camera mia, aprì il cassettone di legno chiaro e presi, mutande, reggiseno, pantaloncini e canotta. Notai che i peli sotto le ascelle stavano ricrescendo, mi guardai per due secondi l'ascella. No, non mi va di toglierli. Presi tutti i vestiti e mi diressi in bagno. Chiusi la porta a chiave. Misi un po' di musica e feci scorrere un po' d'acqua mentre mi spogliavo.
Mi riguardai allo specchio del bagno. Mi squadravo come se non mi fossi mai vista prima d'ora.
Il mio viso non era simmetrico.
Avevo un seno più grande dell'altro.
Non avevo una mascella pronunciata.
Scossi la testa per alcuni secondi e mi fiondai sotto la doccia.
Mentre l’acqua scorreva e le canzoni si susseguivano io pensavo a discorsi immaginari nella mia testolina.
Chiusi l'acqua e mi vestì frettolosamente per poi tornare in camera e buttarmi sul letto.
Non mi asciugai i capelli, si sarebbero asciugati da soli con l’aria umida di agosto.
Presi il mio telefono e controllai tutti i social. Instagram, twitter, snapchat, tik tok, discord. Wow avevo veramente un sacco di social, fin troppi forse. Passai un’ora incollata allo schermino del mio telefono.
Mentre mi stavo per alzare Dante bussò alla mia porta e senza che io dissi nulla la aprì.

“Sam, guarda che è pronto, se vuoi mangiare scendi “uscì dalla sua bocca
.
“Arrivo, non fottetemi il posto mentre scendo!” urlai per farmi sentire da tutti i ragazzi.

Mi infilai velocemente le ciabatte e cercando di non cadere mentre scendevo a velocità della luce le scale riurlai.

“Il mio posto!”

Mi fermai davanti alla tavolata ed erano tutti già seduti ai loro posti.

“Sempre ritardataria” disse Elia.

“Non ti preoccupare Sam, non abbiamo ancora iniziato" replicò Danielle.

Sorrisi, in risposta alla ragazza e andai contenta al mio posto che nessuno aveva occupato. Capotavola.

Avevo sempre occupato quel posto. Sin dal primo ritrovo Teatrale.
I ritrovi teatrali che facevamo ci servivano per rilassarci e per riorganizzare un po' le idee che si erano create durante l'anno.

La nostra compagnia teatrale era composta al momento da 12 persone. Molti nel corso degli anni se ne sono andati, altri li abbiamo aperti a braccia aperte altri invece non ci hanno mai lasciato: come me o come Elia. I nuovi arrivati erano Danielle, Theodor detto Ted ed Alex.

Avevamo lavorato con loro per sette lunghi mesi e si sono subito dimostrati all' altezza delle nostre aspettative, in più erano molto carismatici e amichevoli. Ognuno nel nostro gruppo aveva degli aspetti singolari ed unici che ci rendevano perfetti. Haru ad esempio ha origini giapponesi eppure ha una folta chioma di capelli biondi naturali e non rispecchia pienamente le idee di bellezza orientali. Non è alta, né ha un seno piccolo ma ciò non la rende meno umana. I suoi occhi sono la parte che preferisco di lei, cioè la parte che lei disprezza di più perché non hanno una doppia piega. Si lamenta sempre che non ha spazio per gli ombretti.

Il nome della compagnia che oramai esiste da anni è “Last Violence”. Nacque in università come programma per sensibilizzare maggiormente la violenza non solo sulle donne ma anche sugli uomini. Lo spettacolo ebbe così tanto successo che diversi ci chiamarono per riproporre lo spettacolo nelle loro scuole.
La nostra salita fu graduale: da mettere in scena delle semplici battute in un auditorium scolastico che come poltroncine aveva sedie di plastica siamo arrivati a recitare in grandi teatri in cui le luci ci vengono puntate addosso da degli addetti e il pubblico applaude rumorosamente e ci incita dopo che finiamo la nostra messa in scena.

Il nome fu scelto dai fondatori del nostro club. Ovvero me stessa, Elia, Hypnos, Marta, Andrea, Beatrice e Shane.

Eravamo rimasti tutti a lavorare per la compagnia tra i fondatori. L’unico che mancava era Shane.

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 14, 2020 ⏰

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