Martina's P.o.v.
All I Want, Kodaline
<<Mamma, non me l'avevi detto!>> esclamo arrabbiata alla donna davanti a me, la quale intanto si guarda allo specchio, occupata ad infilarsi un paio di orecchini dorati.
Si volta verso di me sorpresa. <<Sul serio? Pensavo di avertene parlato...>>
<<Be', non l'hai fatto!>> la interrompo incrociando le braccia sul petto.
Fa spallucce e il sorriso non lascia le sue labbra.
Come fa a dimenticarsi di dirmi le cose più importanti?
<<Su, non farne una tragedia. Cosa c'è di male? Almeno così non ti annoierai, no?>> puntualizza passandosi una mano tra i lunghi capelli neri.
<<C'eri anche tu all'entrata stamattina, vero?>>
<<Già>> esclama continuando a prepararsi.
<<E secondo te io potrò intrattenere una conversazione con quello senza doverlo uccidere?>> indico un punto a caso oltre la porta.
La mia rabbia continua a crescere. Vuole lasciarmi da sola in casa con Andrea, mentre loro escono per cena.
Ovvio, non c'è nulla di male. Possiamo prenderci del tempo e conoscerci meglio. O per meglio dire, saltarci addosso e scannarci. Quello ha solo cercato di uccidermi con uno sguardo. Nulla di che.
Mamma prende la sua giacca marrone preferita la borsa e, prima di uscire dalla sua stanza, mi dà un pugnetto sulla spalla.
«Dai, non fare così.»
Le do le spalle offesa e imbronciata.
«Dimmi il titolo» mi sussurra all'orecchio.
<<Non mi faccio comprare così>> chiudo gli occhi e incrocio le braccia.
<<Oh be in questo caso. Ciao tesoro.>>Mi da un bacio sulla guancia e fa per andarsene.
Mi volto subito verso di lei <<La fine di un estate!>> le grido dietro, e giusto un secondo prima che chiuda la porta, le vedo un sorriso dipinto in faccia, segno che ha capito.
Lo fa sempre, quando deve farsi perdonare. Mi chiede sempre il titolo di un libro, e al suo ritorno cascasse il mondo me lo compra sempre.
Non cambierà mai, sospiro, scuotendo la testa.
Esco dalla camera matrimoniale di mamma e percorro lentamente i corridoi senza una meta precisa, guardando ogni quadro appeso alla parete e le fotografie appoggiate su alcuni ripiani.
Finalmente in mezzo a quel labirinto senza fine, riesco a trovare una porta semiaperta, bianca esattamente come quella di camera mia. Sbircio all'interno. Magari troverò finalmente la mia stanza.
Questa casa è così grande che ho già perso l'orientamento. E la mia camera.
Non è la mia stanza, ma la curiosità mi attanaglia il petto e non ce la faccio a non sbirciare.
Apro la porta piano, giusto per riuscire a passare, e avanzo in punta di piedi.
Oltre al letto posto al centro, ci sono anche un grandissimo scaffale pieno di libri e una scrivania vuota, dall'aspetto piuttosto rovinato.
E un vecchio pianoforte.
Mi avvio lentamente verso l'angolo della stanza, leggendo i titoli sui dorsi degli infiniti libri messi in ordine di edizioni dentro alla libreria.
Prendo un bel respiro, annusando l'odore di vissuto presente in questa stanza.
Chissà cos'è successo in passato in questa stanza. Sembra molto antica a vedere dai comodini d'antiquariato e dal legno del pianoforte, molto rovinato.
Schiaccio il si bemolle e mi stupisco del fatto che sia ancora accordato. Accarezzo piano i tasti impolverati e poi levo la mano, guardandomi intorno.
Quest'enorme libreria mi attira più di ogni altra cosa. Fermo le dita su un libro a caso e lo tiro fuori, annuso le pagine e sanno di vecchio.
Alzo lo sguardo e mi metto a leggere i titoli degli altri libri. Rimango piacevolmente sorpresa, perché di chiunque sia questa stanza, mi pare subito chiaro quanto sia un amante della letteratura classica.
Appoggio delicatamente il libro e faccio per inserirlo dentro alla libreria, quando una voce maschile mi spaventa.
<<Che diamine ci fai qui?>>
Prendo un colpo e per sbaglio il libro scivola e cade.
L'imbarazzo si fa subito sentire. Lo raccolgo da terra e lo rimetto al suo posto, per poi girarmi verso la porta, dove sulla soglia c'è chi mi ha rivolto la domanda. C'è lui. Ovviamente, penso, chi altri poteva essere.
<<Non riesco a trovare la mia stanza.>>
Andrea inarca un sopracciglio e sospira infastidito.
<<E dato che non riesci a trovarla, apri una ad una tutte le porte finché non la trovi?>>
<<E secondo te cosa dovrei fare?>> ribadisco aggrottando la fronte <<Immaginarmela?>>
<<Esci da qui. Ti mostrerò io dove si trova la tua camera da letto» mi dice, anzi, ordina, facendomi cenno di uscire. Poco felice, esco fuori e attendo, appoggiando la schiena contro il muro. Io odio chi mi da ordini su cosa devo fare.
Dopo qualche secondo, il ragazzo si fa rivedere e chiude la porta. A chiave, questa volta.
<<Vieni.>> Cammina verso lo stesso lato da cui sono venuta, senza nemmeno accertarsi che lo stia seguendo.
Roteo gli occhi e affretto il passo per raggiungerlo.
<<Era camera tua?>> domando.
<<No.>>
<<Allora, posso sapere di chi era?>>
<<Penso che tu possa sopravvivere anche senza sapere quest'informazione >>
<<Perché no? Dopotutto, questa tecnicamente è diventata anche casa mia, quin->>
Si ferma di colpo davanti ad una porta bianca e si gira verso di me.
<<Parli troppo, te l'hanno mai detto?» La sua voce è irritata.
Andrea poi appoggia una mano sulla manopola e apre la porta accanto a lui.
<<Ad ogni modo, questa è camera tua. Se hai bisogno di qualcosa, chiedi alle domestiche. Ho da fare, quindi non disturbarmi» avvisa prima di voltarmi le spalle e andarsene.
<<Ah, e la prossima volta che entri di nascosto in una stanza, evita di suonare il pianoforte.>>
<<Scusami tanto eh, ero solo curiosa, non è mica morto qualcuno.>>
Andrea mi lancia un'occhiata indecifrabile.
<<No, hai ragione>>
Di nuovo silenzio.
<<Vado>> gli dico prima di entrare nella "mia" camera.
<<Vai e non farti più viva.>> asserisce lui, rimanendo sulla soglia della porta per un momento, prima di incamminarsi verso il corridoio alla sua destra.
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Basta Un Pianoforte || SOGNATRICE DI CARTA ||
Storie d'amoreSua madre si sposa con l'uomo dei suoi sogni, lei invece tenta di mantenere vivo il ricordo di suo padre, ma tante cose la distraggono. Il trasferimento a casa di Elia è uno dei tanti. Ma il problema non è Elia. Il problema è suo figlio. Andrea, sem...