La Buia Cella Umida

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Conor
Saliamo le scale e ci precipitoso in camera nostra per escogitare il famoso piano. Certe volte sentivamo ancora le urla di Marlene rimbombare nelle nostre teste, o per davvero.
Passò il sorvegliante chiedendoci la roba da lavare. Era la prima volta che lo vedevo, aveva i capelli rosso ramato e ricci, e gli occhi verdi. Si chiamava David. Avrà avuto trentacinque anni al massimo.
"Allora, se reagiamo subito è probabile quindi a malincuore penso di aspettare cinque giorni" propose Josh. " No, cinque sono troppi. Quando l'aveva messa in isolamento un anno fa dopo il secondo giorno già aveva trovato un coccio di bottiglia, sicuramente messo lì da Ambra, e era tutta coperta di sangue. Non possiamo aspettare così tanto" notò Jasmine. Andammo a dormire all'una di notte, senza nessun piano convincente e plausibile per poter salvare Marlene.

Sono passati quattro giorni. Quattro giorni senza poter ridere, scherzare tra di noi. Ogni volta che passavo vicino al corridoio da dove eravamo entrati per le specie di 'segrete' aspettavo un segno di vita, almeno un grido. Ma non arrivava. Avevamo paura del peggio. Quando la sentivamo urlare ci sollevavamo un pochino.
Passo di nuovo vicino al corridoio. "Conor, che.. ci fai qui?" dice qualcuno sensualmente. "Niente. Avevo l'impressione di aver dimenticato qualcosa nell'arena." invento. In realtà non passava un attimo in cui non la pensavo. Era sempre nei miei pensieri, nei miei sogni. Pensavo al suo sorriso, e non pensavo che potesse veramente essere così disperata visto come si comporta con noi, in classe era sempre la prima a scherzare, ma non faceva quel commento antipatico e scemo. Anche i professori ridevano. O anche il maestro negli allenamenti.
Domani sera, ancora un attimo, resisti Marlene.
Marlene
Ansimo contro la parete bagnata, gli occhi chiusi. Sento dei passi avvicinarsi, ma non guardo. Di solito chi si fa gli affari propri viene lasciato in pace. Appunto, di solito. "voglio uscire, correre, scappare, sfogarmi, ma le gambe non mi reggerebbero. Non so da quanto sono chiusa qui dentro e non lo voglio sapere. Se sapessi che per esempio mancano poche ore non sopporterei il senso di speranza che mi riempie il cuore, per poi essere distrutto. Ieri ho trovato un chiodo arrugginito che spuntava dalla parete. L'ho preso e ho iniziato a graffiare la parete. Devo resistere all'impulso di farmi anche un graffietto. I passi aumentano facendomi premere la fronte contro la parete..
"Marlene sono Io, non sono nella tua testa" mi mette una mano sulla spalla io giro la testa per vedere. "manca poco, i tuoi amici hanno pronto un piano. Ora riposa, veglio io su di te" per la prima volta, in quell'esilio mi sento sollevata, ma non riesco a dormire. Ho freddo, tanto freddo. Non so se sto morendo o è solo una piccola influenza. Mi lascio andare, sdraiandomi per terra in una forma scomposta.
Conor
*la sera dopo*
Scendiamo il più silenziosamente possibile per le scale deserte. Sono le undici meno cinque minuti.
Attraversiamo il labirinto di corridoi fino ad arrivare all'enorme porta d'acciaio. Sistemiamo una mina sulla maniglia. "Avete preso quelle a fouco?" chiede Jasmine tappandosi le orecchie. "se ne doveva occupare Luke" dice Josh. "No, uelle doveva prenderle Conor" mi indica Luke "scusate ma se non so nemmeno come sono fatte" rispondo. Jasmine batte la fronte contro la parete. "Meno male che ci siamo noi femmine"
C'è una piccola esplosione dopo qualche secondo e ci avviciniamo quando la polvere si è abbassata. La maniglia si stava sciogliendo. Con un calcio spalancò la porta.
"Ma daii" urla Jasmine. Davanti a noi. A circa due metri. C'era un'altra porta d'acciaio. "non avete portato altre mine?" tutti scossero la testa.
"cercate queste?" una voce ci fa girare, tutti ci irrigidiamo.
"penso sia ora di finire questa razzia non credete?" "Ma-maestro?" dimmo insieme stupefatti.
Il maestro aveva gli immancabili occhiali da sole e si girava tra le dita una chiave.
Luke si avvicinò e prese la chiave. Apri mo e ci catapultammo giù dalle scale bagnate. Il maestro preferì aspettarci su, per coprirci le spalle.
Alla fine delle scale, sulla parete di sinistra c'era un pezzo di legno marcio incastonato nella roccia, da cui pensava una chiave di ferro arrugginito. La presi e aprii la cella.
La ragazza era accasciata scompostamente in un angolo. "no.." mormorò lalbina portandosi le mani alla bocca. Aveva in mano un chiodo e la parete vicino a lei era piena di strisce, verticali, orizzontali, tremolanti anche. Aveva pochi tagli sulle braccia. "b-brava ragazza." dice Jasmine avvicinandosi piangendo. Le accarezza la fronte. Mi avvicino anch'io, Josh e Luke sono ad accendere il camino e mi fanno luce con una torcia. La pelle era bianca, i capelli di tutti i colori inimmaginabili, tranne il giallo. Erano rosso porpora, viola blu, verde anche in certi punti. Ma non c'erano ciocche bionde.
Aveva due occhiaie nere sotto gli occhi chiusi. "Jas, andiamo. Portiamola su" le metto una mano sulla spalla, le continua a sistemarle i capelli in disordine. La prendo in braccio e noto che non pesa nulla. Sul viso lo zigomo sembra uscirle dalla guancia e gli occhi sono scavati. Attraverso l'oscurità vedo lo scintillio di alcune lacrime ancora sulle ciglia.
E non le ho detto nulla. Se ne andata da sola, senza sapere che l'amavo
Saliamo le scale senza dire una parola, il maestro è lì davanti alla porta appoggiato al bastone davanti a sé. Allunga la mano e le mette due dita sul collo pallido.

L'anima PerdutaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora