Veronica

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Come promesso, Dino aveva richiamato e insieme ci eravamo accordati sulle specifiche; una volta entrata nel locale, emozionata per il primo giorno di lavoro, mai mi sarei aspettata che quell'anonimo e sgombro stanzone si potesse trasformare nel teatro di una delle scene drag più famose di Milano.

Ormai mi ero acclimatata, ma giorno dopo giorno cresceva la curiosità di vedere come si sarebbe presentato il proprietario: quella sera in particolare, il nobile Dino si stava scatenando acconciato e agghindato come Carmen Miranda nei suoi giorni migliori, un turbinio carioca i cui colori avrebbero fatto l'invidia di un'intera scatola di Caran d'Ache acquarellabili. Fico, anche se completamente fuori tema: era la serata anni Ottanta, ma a sua discolpa non poteva certo buttare via il cappello di frutta che sarebbe altrimenti marcito.

Come di consuetudine, avevo fatto di tutto per ottenere un look particolarmente stravagante, con esiti accettabili. Meglio sorvolare sul fatto che per raggiungere quel risultato avessi dovuto ricominciare da capo tre e dico tre volte, creando un macello in bagno che non avevo avuto il tempo di ripulire, per l'enorme felicità di Ele. Chissà se sarei sopravvissuta per vedere la luce del giorno dopo, la mia coinquilina non scherzava quando si trattava di ordine. Quello scricciolo metteva paura.

Per quanto amassi quel locale e per quanto fosse divertente, quella sera sembrava interminabile: sentivo addosso tutta la pesantezza della giornata appena trascorsa, tra i litigi di assestamento con Ele e l'università, tutto ciò che desideravo era buttarmi a letto e andare in letargo per un mese. Dovevo nascere orso, sai che pacchia.

"Hey Veronica! Vieni un po' qui!" tuonò la voce del mio collega barista, sovrastando in decibel il rumore proveniente dalle casse.

"Un attimo, servo i ragazzi e arrivo" risposi di malavoglia, con un sorriso di scuse in direzione della coppia che stava aspettando la propria ordinazione.

"Dimmi Simo, veloce che ho da fare" mancava un'ora alla chiusura e di solito era il momento in cui gli avventori decidevano in massa di aver bisogno di refrigerio dopo essersi scatenati in pista, probabile per carburare e tenere botta per il resto della nottata.

"Su Vero, non crolla il mondo se ti trattieni un attimo qui! Cosa fai a fine turno? Mi sono innamorato di Vodka Soda laggiù" disse, facendo cenno verso un punk ammiccante all'altro capo del bancone "ma avevo promesso a questo mio amico di prenderci una birra insieme, non è che verresti così lui non si sente un terzo incomodo?" disse suadente, con le labbra piegate in un sorriso storto, molto alla Damon Salvatore.

"Simo!" sollevai il capo per esprimere tutto il mio sconforto, le braccia abbandonate lungo i fianchi a reggere un peso invisibile "Ti prego sono stanchissima, e poi per chi mi hai preso? Una sollazzatrice di amici solitari?" dissi sconsolata, la bocca atteggiata in un sorriso disperato.

"Ma va Vero, che dici, solo non capita tutti i giorni di innamorarsi... Dài fa la brava bimba e vallo a conoscere"

"Bah, tu ti innamori una sera sì e l'altra pure... e non sai nemmeno come si chiama" il mio sguardo piccato si scontrò con gli occhi di Simo atteggiati in un'espressione da cucciolo abbandonato. Mi resi conto che non avevo scelta.

"Se questo significa che non mi disturberai per il resto della serata, accetto" dissi, mentre visualizzavo l'immagine del mio comodissimo letto allontanarsi sempre di più...

"Andata"

"Ok lascia che mi dia una sistemata in bagno e arrivo"

"Si vede che sei del Leone" rispose, asciugando un bicchiere con un canovaccio e scuotendo la testa.


"Andiamo da qualche parte, giovini?" disse Simone, con a braccetto Vodka Soda e, leggermente più discosto, il fantomatico cuore solitario.

Perdere il cuore a MilanoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora