1. UNA NOTTE DI SILENZIO

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Silenzio.
Silenzio.
Solo silenzio.
Un silenzio di tomba.
Questo è quanto si poteva udire nella piccola stanza da letto dell’Ospedale St.Thomas a Londra. Edith era sdraiata sul suo letto d’ospedale. Inerme. Immobile. Con l’eco d’un respiro affannoso che le rimbombava nelle orecchie. Era la sua dolce mamma Lilith, che con dolcezza , come delicata rugiada su un fiore primaverile, le accarezzava la bella ma ferita testa.
Perché Edith era reduce da un incidente stradale avvenuto la notte di Halloween, quella notte.
Lilith, aveva la faccia piena di lacrime, lapislazzuli che cadevano come la pioggia durante una tempesta autunnale. Eugene, il papà di Edith, era al telefono cercando disperatamente di collegarsi con zia Rosemary, per mettersi d’accordo su dove far stare le piccole sorelle di Edith, Florence e Gwendoline. L’ospedale era in completo furore, con ambulanze e infermieri che correvano a destra e manca con pomate, barelle e marchingegni vari. L’infermiera andava da una stanza ad un’altra con Edith in una barella. La poveretta non poteva neanche muoversi .
Questa storia andò avanti per minuti. Poi i minuti si fecero ore. E le ore passavano e così si fece notte fonda. Era una notte buia, il cielo era in tempesta e la luna illuminava quel poco che bastava per far capire che era una notte fredda e di terrore.Anzi, più precisamente era una notte triste e soprattutto silenziosa. Un silenzio quasi angosciante.
Questa inquietante armonia venne interrotta dalla dolce voce di Lilith che per tranquillizzare la sua dolce figlia incominciò a cantare con la sua voce tremante la canzone che la piccola suonava col suo pianoforte a coda sulle note di Max Pezzali:

"E poi all'improvviso sei arrivata tu
Non so chi l'ha deciso
M'hai preso sempre più
Una quotidiana guerra
Con la razionalità
Ma va bene purché serva per farmi uscire
Come mai, ma chi sarai, per fare questo a me
Notti intere ad aspettarti, ad aspettare te
Dimmi come mai, ma chi sarai per farmi stare qui
Qui seduto in una stanza, pregando per un sì!"

Una dolce lacrima cadde  piena di emozione dal dolce e bel viso di Edith.
Era solo una lacrima ma diceva tutto. Esprimeva alla perfezione un emozione mista alla passione e al dolore. Lilith restò tutta la notte sveglia ad aspettare risposte dai medici. Era seduta su una misera sedia d’attesa. Un attesa indimenticabile. Quella notte il padre Eugene non dormì, restò nella piazza sotto l’ospedale a calciar sassi.
Sotto l’ospedale c’era Piazza St. Thomas.
Una grande piazza, mai occupata da nessun altro al di fuori dei barboni. Ma quella sera era occupata da Eugene che come un disperato camminava sul brecciolino della vasta piazza . In quella neutra camminata, in quel neutro passo, che rispecchiava l’anima tormentata di Eugene, c’era qualcosa di più grande : Amore.
L’amore che solo i genitori possono provare verso la loro coraggiosa figlia.Perché questo tormento incosciamente lo viveva anche Edith, che non capiva cosa stesse succedendo.
Il dottore aveva paura che questo coma fosse interminabile. E di questo erano purtroppo coscienti anche Lilith e Eugene.
La piccola Gwendoline, che aveva poco più di quindici anni, e Florence , che invece aveva solo otto anni, vennero portate a casa di zia Rosemary. Florence era poco cosciente della situazione di terrore e tristezza, ma Gwendoline sì . I medici erano altrettanto impauriti: avevano paura di non poter fare niente.
L’ospedale era in silenzio a pregare. A pregare per Edith.

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