Il mio amico atterrò al centro dell'arena.
Era diverso: nel bronzo luminoso delle sue scaglie si specchiarono i riflessi verdi dei fuochi che si dibattevano nelle lanterne e dalle pupille, di solito intrise di allegria infantile, sembrava colassero ombre sanguinolente.
Al lato della pedana spuntava un complesso meccanismo che sorreggeva una colonna di vetro: all'interno, una clessidra ricolma di sabbia d'oro.
Arok mi sorpassò senza degnarmi di uno sguardo. «Ti sei presentato davvero. A quanto sembra, tieni più alla vita dell'umana che alla tua.»
Flynn non rispose, si limitò a lanciarmi un'occhiata a cui ricambiai con un cenno per comunicargli che fossi incolume. Mi sarebbe piaciuto rompere gli argini, correre da lui e volar via di lì, ma mi imposi di far fede al mio sangue freddo. Ero una ragazza sopravvissuta ai bombardamenti dei tedeschi: i draghi non mi spaventavano.
«Immagino avrai avuto modo di riflettere sulle tue azioni, mezzosangue» proseguì il maximum, aggirandolo con passi lenti. «Sono pronto ad ascoltare le tue scuse.»
Non avrei saputo dire se il Flynn che conoscevo avrebbe chinato il capo e accettato quelle ingiuste condizioni pur di salvarmi. Tuttavia, approvai la sua scelta: «Perché?» ringhiò. «Hai paura di dover battere in ritirata con la coda fra le zampe, vecchio?»
Arok si fermò e tese il collo, gonfiandosi. «Hai infranto più volte le leggi e osato mancare di rispetto a me. Ho motivazioni sufficienti per giustiziarti, lo sai questo?»
Le teste, le code e le ali dei draghi guizzarono in un tripudio di impazienza. Vidi Icaex grattare la terra con gli artigli, quasi faticasse a contenere l'eccitazione, in attesa, come tutti, del bagno di sangue. E Flynn, be', fu propenso ad accontentarli.
«Ti do una piccola dritta: a meno che non mi accogliate fra voi le leggi che ami decantare, per me, non valgono nulla.» Si richiuse in se stesso, contraendo i muscoli, una molla pronta a scattare. «In ogni caso... accolgo volentieri la sfida.»
Flynn balzò in avanti e si avventò sul drago nero. Arok cedette al primo colpo, colto in fallo dall'affondo improvviso.
La mia gola si chiuse.
Il maximum si scansò per evitare il secondo frontale e riacquistò lucidità nel valutare la situazione. Sferrò una violenta codata sul muso dell'avversario per romperne le difese, poi si scagliarono l'uno contro l'altro e ciò a cui assistei fu solo un groviglio di squame, muscoli scattanti e ruggiti di furore e sofferenza.
La colonna di vetro si rovesciò e la sabbia d'oro iniziò a colare dal bulbo superiore attraverso la strettoia. Nei minuti successivi non potei fare altro che osservare e contare i granelli che fioccavano l'uno dopo l'altro, pregando perché il gesto di Flynn celasse molto più che imprudenza. Questo, finché Arok non lo immobilizzò contro il terreno, premendogli le zampe sugli arti superiori. Lanciò un ruggito a pochi centimetri dal muso della sua vittima, che si dibatté come un pesce gettato sulla riva.
Mi portai le mani davanti al volto per obbligarmi a non guardare, ma curiosità e apprensione ebbero il sopravvento quando schiusi le dita, appena in tempo perché la visione di Arok che azzannava la spalla di Flynn, e di Flynn che scagliava un latrato acuto al cielo, si imprimesse a fuoco nella mia mente. La densa cascata di sangue che si riversò contro il marmo della pedana, ramificandosi attraverso le scanalature fra le piastrelle, mi rubò lacrime di impotenza. Serrai i pugni, tremando, sicura che avrei dovuto fare qualcosa, ma con la volontà annichilita dal rombo dei ruggiti che mi percosse i timpani.
Flynn scaricò una testata sulle fauci del maximum, destabilizzandone la presa, e sgusciò ansimando fino all'altro capo della pedana.
«Dubito resisterà per molto» asserì Gorazd.
Non mi importava. In quel preciso istante arrivai a capire che se il mio compagno, l'unico amico che mi era rimasto, non fosse sopravvissuto, tutto il resto non avrebbe avuto alcun senso. La prospettiva di un'esistenza senza di lui... non ci sarei riuscita. Io non avrei potuto superare anche quello.
«Forza, Flynn» sussurrai, così piano che non mi sentii neanche.
«Il suo destino è stato segnato molto tempo fa. È inutile.»
Scoccai all'Ombra Bianca un'occhiata traboccante d'odio, ricavandone nient'altro che una risata.
«La speranza può essere un dono, come una zavorra.»
«Smettila...» La parola mi ballò in gola, prima di sciogliersi in un principio di frustrazione. Il sangue di Flynn si era lasciato guidare dai solchi nel pavimento fino al limite di quell'arena improvvisata, e ora sgocciolava lungo il bordo della pedana.
Gorazd mi arricciò l'indice sotto al mento e mi obbligò a distogliere lo sguardo. «Ascoltami.»
«Non voglio...»
«Ascoltami, Beatricza: un bravo guerriero deve capire quando arrendersi.»
Mi chiesi cosa stesse cercando di insegnarmi, o se semplicemente traesse del piacere dal mio lento incedere verso la pazzia. Attraverso le lacrime che mi bruciavano contro la pelle vidi Flynn tuffarsi a capofitto nel combattimento, ancora, anche se la spalla lo rallentava. I suoi movimenti erano sofferti, come se stesse cercando di nuotare in una piscina di fango: aveva perso davvero troppo sangue.
«Non mi toccare» sibilai al Viesczy, con la gola impastata.
Gli artigli di Gorazd scivolarono lungo la mia guancia in una carezza morbosa. «Hai un odore delizioso, devochka.»
«Non mi toccare!» ruggii, attirando l'attenzione di alcuni draghi su di noi. Lo scontro si arrestò per qualche istante, il tempo necessario perché Arok si rivolgesse al mostro mentre manteneva Flynn inchiodato a terra.
«Questa farsa sta per concludersi» disse il maximum, gelido. «L'esito ormai è certo. Puoi prenderla, Viesczy.»
Gorazd mi sfiorò la schiena e l'arena scomparve.
*
Non mi aveva uccisa. Non ancora, almeno.
Ci eravamo smaterializzati da qualche parte, in una landa di erba morta in cima a un'altura. Il bosco rumoreggiava oltre lo strapiombo, simile all'oceano in tempesta. Alcune delle nubi che affollavano il cielo s'illuminarono per alcuni secondi, accese dai lampi dell'uragano che si sarebbe abbattuto sulla Foresta Nera di lì a poco. Il Palast si confondeva nella notte sotto il tetto di stelle, ma poco dopo l'unica cosa che vidi fu il terreno.
Gorazd mi scaraventò nell'erba e il respiro mi si frantumò in gola. Ansando, recuperai la lucidità necessaria a voltarmi sulla schiena e strisciare all'indietro per mettere più distanza possibile fra me e lui. Il reticolato di vene che si sviluppava dalla serratura incastonata nel petto si ingrossò, gonfiato dal basalto al loro interno. Le strie nere contro il bianco ruvido della sua pelle si arrampicarono lungo il collo e la mandibola, e scesero verso il ventre.
«Scappa.» Il timbro di Gorazd perse la sua carezza profonda: ora, aveva qualcosa di disumano. Diverse voci discordanti fra loro si scontravano tra le sue corde vocali, dalle più cupe alle più stridule.
Balzai in piedi e corsi ai limiti delle mie possibilità, senza sapere dove andare. Sbattei di colpo contro qualcosa di duro, che si rivelò il corpo di quell'animale.
«Cosa fai? Devi andare dall'altra parte!»
Scattai nella direzione opposta con il cuore che mi martellava nelle orecchie.
Dove prima c'era il vuoto comparve Gorazd, ancora una volta, come se fosse sempre stato lì a sbarrarmi la strada. «Non ci siamo, malen'kaya myshka.»
Malen'kaya myshka, piccolo topo. Fui abbastanza sicura che significasse questo. Io lo sapevo e basta.
Il Viesczy mi regalò uno strano sorriso, prima di dissiparsi in una nube di vapore e lasciarmi lì, a osservare il nulla. Il vento che sibilava tra le fronde portò con sé un odore penetrante: non avrei saputo descriverlo, in qualche modo certa che non provenisse da un oggetto o da un luogo, ma fosse parto delle distorte percezioni della mia mente. Fu a quel punto che il panico mi ostruì la gola.
«Guardate come si dibatte!» grida Howard dall'altro lato del fiume. È senza scarpe e i piedi nudi affondano nel torrentello gelido che striscia tra i sassi. «Su, sta' calmo. Non vogliamo farti nulla di male.»
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BAZAL'TGOROD | Città di basalto (Vol. I)
FantasyCOMPLETA | Irlanda del sud, 1953. È il culmine della notte di Lammas quando Beatrice decide di mangiare le primule, "i fiori che rendono visibile l'invisibile". Lanciatasi all'inseguimento di uno Spriggan, un turbine di fate la conduce alle porte de...